Elisa Longo Borghini: «Voglio diventare la ciclista più forte del mondo»

L'azzurra a caccia del titolo Mondiale in Ruanda: «Alla maglia iridata ci penso sin da piccola. Io ispirata da una famiglia di sportivi, mio marito un valore aggiunto per la mia carriera»
September 25, 2025
Elisa Longo Borghini: «Voglio diventare la ciclista più forte del mondo»
ANSA |
La sua Africa è tutta da scoprire. Ha i colori intensi dell’aurora, ma anche un tramonto che vorrebbe vivere al fianco di Jacopo (Mosca, ndr), il suo amore, con una maglia dai colori dell’arcobaleno, che sente di poter finalmente vestire, dopo tre bronzi mondiali (ne ha anche due olimpici). La sua Africa è come un Eldorado dove inseguire pepite d’oro, che per Elisa Longo Borghini altro non sono che una medaglia d’oro, quella che spetta alla ciclista più forte del mondo. Bisognerà essere forti, molto forti, perché il tracciato di Kigali di 164 chilometri presenta la bellezza di 22 gpm e oltre 3500 metri di dislivello. «Sarà uno dei mondiali più duri di sempre – ci spiega la regina del ciclismo italiano, vincitrice quest’anno per la seconda volta consecutiva del Giro d’Italia –. Un circuito da ripetere 11 volte, che ci metterà a dura prova, ma più le corse sono dure e più le mie quotazioni sono in rialzo». A 33 anni, la regina d’Italia dà a tutti appuntamento a Kigali, nella prima sfida iridata d’Africa. La condizione è più che buona, le motivazioni anche. «Quelle non mancano mai, sono una che si pone degli obiettivi ad inizio anno e su quelli lavoro, mi concentro, mi soffermo con tutte le mie forze. Non sarà facile, quello lo so perfettamente, ma so di poter essere anch’io della partita. Se sarà corsa dura, posso dire qualcosa anch’io».
Tra i suoi obiettivi quest’anno c’era anche il bis al Giro d’Italia…
«Proprio così. Speravo di riprovare quell’emozione, volevo riregalarmi la maglia rosa e ce l’ho fatta. Di questo ne vado profondamente orgogliosa. Come l’aver vinto l’attraverso il Fiandre, dopo le due “Ronde”. La maglia iridata è un sogno che inseguo fin da bambina».
Un amore per la bicicletta nata per inseguire suo fratello.
«Per seguirlo, per superarlo e per emularlo. Lui è stato un ottimo corridore professionista, io in campo femminile sto ritagliandomi un posto importante. Paolo, mio fratello, mi è stato d’ispirazione. Come però tutta la mia famiglia, che è composta solo da sportivi: in due vantano la partecipazione a tre Olimpiadi: Sarajevo, Calgary e Lillehammer. Mia mamma Guidina Dal Sasso è un’ex sciatrice della Nazionale di fondo. Mio papà Ferdinando è un ex allenatore».
Jacopo, suo marito, professionista alla Lidl-Trek di Ciccone e Pedersen, dice che lei è forte di gambe, ma fortissima di testa.
«Sono sempre stata così e forse sono anche migliorata grazie alle sedute che ho con una psicologa dello sport. Serve, serve molto. Il lavoro si basa sulla visualizzazione. Poi si passa agli esercizi per migliorare la concentrazione».
Lei si allena con suo marito?
«Mi capita, ma non sempre. Dipende dai lavori che dobbiamo svolgere, però in linea di massima cerchiamo di incrociarci. Dopo aver fatto i nostri lavori specifici, magari concludiamo l’allenamento trovandoci lungo la strada. Il problema però è solo uno: essere a casa e questo non è così scontato, visto che sia io che lui siamo spesso in giro per ritiri e corse».
Jacopo è un valore aggiunto…
«Con lui sono serena, condividiamo tantissime cose, non solo l’amore per la bicicletta. Adoriamo fare lunghe passeggiate in montagna, fare vacanze esotiche, dove ci sia viaggio e conoscenza, soprattutto cammino. Parliamo di tutto, leggiamo molto: stiamo bene assieme E poi lui mi da anche tanti consigli, come del resto io. Ci sono momenti che le cose non girano come vorremmo ed è importante avere al proprio fianco qualcuno che sappia capire e comprendere quello che stai attraversando».
Il ciclismo femminile negli ultimi anni è cresciuto tantissimo.
«Molto. Rispetto a quando ho cominciato a correre ha già avuto almeno tre grandi accelerazioni. Ha fatto grandissimi balzi in avanti, sia sotto l’aspetto agonistico che organizzativo, ma anche di considerazione e di conseguenza anche sotto l’aspetto economico. Dieci anni fa tutte correvamo per passione e per un qualcosa che era poco di più di un rimborso spese, oggi abbiamo ingaggi che certi colleghi maschi neanche si sognano».
Guadagna più lei o suo marito?
«Io».
Quanto può guadagnare un’atleta di alto livello oggi?
«Demi Voellering si dice che arrivi al milione di euro».
Sarà l’atleta da battere…
«Non sarà la sola. Ci saranno Marianne Vos, Anna Van der Breggen, Kasia Niewiadoma, solo per citarne alcune».
Cosa spera per il futuro del suo sport.
«Che il gap reputazionale con quello maschile venga annullato. Così come le differenze economiche. Il sogno è che si arrivi a parlare di prestazioni sportive, senza specificare maschile o femminile».
Lei è una donna di obiettivi: cosa ha in serbo per il futuro?
«Vediamo di concludere al meglio questa stagione, poi farò e faremo il punto. Di cose da vincere ce ne sono sempre. I sogni non mancano mai. Se mi chiede cosa ho in serbo per il futuro le dico che la testa è già rivolta alle Olimpiadi di Los Angeles. Però prima di quelli c’è dell’altro, ma è presto per parlarne. C’è da vivere la mia Africa, sperando che possa essere davvero mia. A proposito, il film di Sidney Pollack, interpretato da Maryl Streep e Robert Redford, è uno dei miei preferiti. Speriamo che anche la mia Africa sia da Oscar…».

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