Brignone: «Ho fatto grandi passi in avanti, ma il dolore si sente ancora»

La campionessa: «Ci vorrà ancora tanto per essere di nuovo un'atleta, ma sto lavorando come una matta per tornare alla normalità. Dopo la morte di Franzoso si investa di più sulla sicurezza»
September 23, 2025
Brignone: «Ho fatto grandi passi in avanti, ma il dolore si sente ancora»
Ansa | Federica Brignone
La classe della campionessa di fronte alla discesa più complicata della carriera. Non su un pendio innevato, ma in un centro di riabilitazione di Torino dove Federica Brignone sta rimettendosi in sesto dopo il terribile infortunio capitatole in primavera ai Campionati italiani. Ha passato un’estate complicata, eppure è sorridente. Non sa ancora cosa sarà del suo futuro agonistico, eppure non si lamenta. Fuoriclasse con gli sci ai piedi e nella vita, donna da imitare per il suo ottimismo.
Federica, non è riuscita a godersi neanche questa volta la conquista della coppa del mondo.
«Voglio essere positiva e dire che la sfera di cristallo me la sono goduta durante la stagione, man mano che accumulavo i punti che mi avrebbero portato a sollevarla a Sun Valley. Ad aprile sarebbero arrivate soltanto le celebrazioni e i festeggiamenti, cose secondarie, rispetto alle emozioni provate lungo il cammino».
Quale è stata la soddisfazione maggiore?
«Il momento in cui mi hanno consegnato il globo e ho potuto alzarlo al cielo. Questo era quello che mi era mancato nel 2020, quando la coppa mi era stata recapitata per posta a casa. Non aver potuto vivere quel momento di consacrazione mi aveva mandato in tilt».
E infatti ci mise tanto a riemergere.
«Mi sono dovuta prendere i miei tempi. Amo lo sport, la competizione e la sfida e non mi va di vivere solo per il momento, ma di pensare nel lungo termine. Nelle stagioni successive ho faticato per la troppa pressione addosso, ma ne sono uscita alla grande e la nuova coppa del mondo mi ha ricompensato dei momenti bui».
La seconda vale più della prima?
«Non ha senso fare un paragone tra le due coppe. Si può invece dire che la coppa sia più importante di un oro mondiale, perché è la più difficile da vincere».
Purtroppo dopo la luce è arrivato il buio, per la terribile caduta ai Tricolori e quanto ne è seguito. Ci può dire come sta adesso?
«Sto bene, perché posso uscire di casa e muovermi. Da quando mi sono fatta male ho fatto enormi passi in avanti, però il dolore ancora si sente e non sono tornata alla vita normale. Ci vorrà ancora tanto per essere di nuovo un’atleta».
È più importante recuperare la Federica persona o la Brignone sciatrice?
«Non esiste una distinzione tra i due aspetti. Io sono Federica Brignone, persona e atleta. Sono consapevole di quello che mi è successo, di quello che ho rischiato, ma nello stesso tempo mi sono messa in testa di lavorare come una matta per tornare alla normalità. Nessuno ha idea di quello che sto facendo, tutti i giorni in macchina da La Salle a Torino. Sono consapevole che per tornare devo stare bene, se non sono in salute non posso fare l’atleta ad alto livello».
Perché più che sciatrice si definisce atleta in generale?
«Perché nel mio mondo non esiste solo lo sci. Al di fuori dell’inverno pratico surf, kite, immersioni e arrampicata, gioco a tennis e golf, faccio downhill con la mountain bike. Sono una polivalente in tutti i sensi».
E le piace seguire anche gli altri sport in tv?
«Certo. Non mi sono persa un minuto delle tre finali Slam tra Sinner e Alcaraz e mi sono gasata vedendo Furlani vincere al Mondiale di atletica, che tra l’altro è la disciplina che praticavo da bambina».
Lo sci è stato scosso dalla morte di Matteo Franzoso.
«Mi dispiace tantissimo per lui, che avevo avuto modo di incontrare, e per la sua famiglia e sono colpita del fatto che ancora una volta, dopo Matilde Lorenzi, l’episodio tragico sia capitato in allenamento».
Cosa andrebbe fatto per aumentare la sicurezza?
«Innanzitutto si deve prendere coscienza di quanto il nostro sport sia pericoloso e lo sia sempre stato. Le piste di allenamento dovrebbero avere gli stessi accorgimenti di quelle della coppa del mondo e si potrebbero rinforzare le tute rendendo obbligatori dispositivi antitaglio e airbag».
E le elevate velocità?
«Fanno parte dello show, il bello del nostro sport è che si va forte. Forse te ne rendi conto più dal vivo che in tv, ma riducendole non si andrebbe nella corretta direzione. Semmai andrebbe fatto un ragionamento più complesso sulle cadute».
Prego, ci dica.
«Da un lato ci sono sempre meno condizioni belle per sciare, intendo a livello climatico e atmosferico, e dall’altro oggi si entra in curva e non si frena più. Pur con gli sci storti si accelera per guadagnare quel centesimo in più che può fare la differenza in un contesto di alto livello».
Il calendario non è troppo affollato?
«Non più di tanto. Uno può scegliere le gare da fare, non è obbligatorio farle tutte, ma più sono le prove più si tiene alta l’attenzione della gente. Semmai va rivista la programmazione, perché non si può rientrare dal Nord America dopo cinque settimane il lunedì sera e iniziare le prove sulle Alpi il venerdì. Visto che si può sciare anche fino a metà aprile, allora allunghiamo di un mese le finali e durante l’inverno mettiamo qualche week-end libero, anche per i recuperi».
E sull’avvio anticipato in Sud America o in Oceania?
«Non sono d’accordo, perché non amo gareggiare in estate. Lo sci è uno sport invernale».

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