Paolo Jannacci: «La musica è responsabilità»

L’artista ospite d’onore di “Voci per la libertà. Una canzone per Amnesty” che ha chiuso ieri la Settimana dei diritti umani di Rovigo. Vince il Premio Amnesty Italia Emergenti Giovanni Segreti Bruno
July 20, 2025
Paolo Jannacci: «La musica è responsabilità»
Foto di Simone Galbiati e Nicola Allegri | Il compositore e cantautore Paolo Jannacci
Paolo Jannacci è stato l’ospite speciale della serata finale di Voci per la libertà - Una canzone per Amnesty, la tre giorni conclusiva della Settimana dei diritti umani organizzata da Amnesty International a Rovigo che si è chiusa ieri sera nell’affascinante cornice di piazza Vittorio Emanuele II. Un evento che celebra la musica impegnata, quella che sa ancora parlare di diritti e di coscienza civile. Stasera si esibiranno i cinque finalisti della sezione Emergenti di Voci per la libertà, selezionati da una giuria di esperti che hanno premiato il miglior brano dedicato alla Dichiarazione universale dei diritti umani fra quelli in gara. Il Premio Amnesty Emergenti è andato al giovane cantautore Giovanni Segreti Bruno per il brano Notre Drame (che ha vinto anche il Premio dei Giovani) mentre il Premio della critica va alla cantautrice e attrice Manuela Zero.
Ospiti anche Marcondiro e Nour Eddine premiati er il progetto “Anime migranti”. Quest’anno, il Premio Amnesty International Italia nella sezione Big è stato assegnato a Dargen D’Amico per il brano Onda alta, intenso omaggio ai migranti. Tra i cinque finalisti Big, anche Paolo Jannacci con L’uomo nel lampo, canzone da lui scritta insieme a Stefano Massini e Maurizio Bassi, che ha emozionato il pubblico del Festival di Sanremo 2024, affrontando il tema delle morti sul lavoro. « L’uomo nel lampo è nato dall’amicizia con Stefano Massini e Maurizio Bassi, compositore e arrangiatore con cui avevo già collaborato per il brano Voglio parlarti adesso, sempre per Sanremo», racconta Jannacci ad Avvenire. « In quel periodo sentivamo forte il richiamo del mondo del lavoro. Erano poche le canzoni che parlavano davvero di queste difficoltà. Quando suonavo con papà Enzo, cercavamo di raccontare quelle storie, magari con pezzi come La costruzione di Chico Buarque». L’uomo nel lampo è un brano crudo e poetico, che dà voce a un padre morto sul lavoro, che da una fotografia si rivolge idealmente al figlio appena nato. «È diventata un piccolo fiore all’occhiello grazie anche al supporto del mio discografico Tony Verona che è riuscito a portarlo a Sanremo» aggiunge.
A Rovigo ieri sera, Paolo l'ha cantata dal vivo, in versione piano e voce, insieme ad alcuni dei più bei brani del padre Enzo, applauditissimo dal pubblico che affollava la piazza. «Un momento intimo, importante. Ma sono davvero felice che il premio sia andato a Dargen. Mi piace molto, è simpatico, quasi “jannacciano”. A Sanremo 2024 con Onda alta ha fatto fatica, perché oggi è difficile parlare di certi temi. Ogni parola può essere equivocata, travisata. Raccontare i migranti, o la precarietà, non è semplice: rischi sempre di essere usato o frainteso. Ma bisogna farlo, è una responsabilità». Una responsabilità che Paolo ha respirato sin da bambino, seguendo il padre Enzo in tournée, tra canzoni e impegno civile. «Quando accompagnavo papà, cantavamo con Renato Pozzetto Sono timido, la storia di un migrante che attraversa a nuoto il mare per arrivare in Italia. I giullari, diceva papà, devono servire a risvegliare le coscienze».
È una lezione che Paolo ha fatto propria, anche nel modo in cui affronta la scrittura. «Come si fa a non essere retorici? Con naturalezza. Non voglio mai instillare odio o fastidio. Non è nella mia ottica. Io provo a raccontare, anche con ironia, quello che vedo e che non mi va giù». Nel cassetto, Paolo custodisce due nuovi album, ormai pronti. « Ho finito un disco cantato e uno solo pianoforte. Sono molto orgoglioso: ci ho messo tanto, ho superato piccoli ostacoli creativi. Ho cercato il modo migliore per farli arrivare. Dentro ci sono tante riflessioni sulla società, sull’amore, sulle emozioni di chi perde qualcuno. È un disco adulto, con brani graffianti, anche ballabili, ma sempre con un’anima. C’è dentro un po’ di distopia post-Covid, immagini forti della nostra umanità che continua a farsi del male. È doloroso, per chi come me fa l’artista. Penso anche alla violenza nel nostro Paese». Un’eredità, quella dell’impegno, che non viene solo dal musicista Enzo, ma anche dal medico. «Papà era un medico con una vera vocazione. Con tutti i suoi difetti, curava le persone dando tutto se stesso. Questa figura, purtroppo, sta scomparendo. Oggi non vedo molti medici-eroi, ma tanti altri sembrano aver perso il rapporto umano. Con papà abbiamo sentito questo degrado quando è andato in pensione e si è tolto dalla mutua: lo trattavano come una farmacia. Lui, nonostante gli impegni, curava davvero». Un pensiero che Paolo ha voluto affidare anche al suo libro, Tutto qui, dedicato al padre. Un racconto intimo dedicato al prendersi cura degli altri. A Rovigo, davanti al pubblico di Amnesty, Paolo ha portato tutto questo: la musica, l’impegno e quella delicatezza schietta che ha imparato in famiglia. Senza retorica, ma con il cuore.

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