Il grido di dolore della piccola Hind che ha commosso il Lido

Nel film franco-tunisino "The Voice of Hind Rajab" il grido di una bambina palestinese di Gaza, che implora di essere salvata dalla ferocia di una guerra spietata e insensata
September 3, 2025
Il grido di dolore della piccola Hind che ha commosso il Lido
- | l film franco-tunisino "The Voice of Hind Rajab"
A quattro giorni dalla fine dell’82ª Mostra del Cinema di Venezia risuona forte e scioccante al Lido il grido di dolore di una bambina palestinese di Gaza, che implora di essere salvata dalla ferocia di una guerra spietata e insensata. E a giudicare dai commenti dei festivalieri, dagli interminabili applausi e dalla commozione che lo hanno accolto sia in sala che in conferenza stampa, il film franco-tunisino The Voice of Hind Rajab diretto dalla regista Kaouther Bern Hania e interpretato da Saja Kilani, Clara Khoury, Motaz Malhees, Amer Hlehel. non potrà tornare a casa senza un premio, che potrebbe essere addirittura il Leone d’oro. Il titolo più atteso della Mostra, che vanta produttori esecutivi del calibro di Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonathan Glazer e Alfonso Cuaron, e che sarà prossimamente nelle nostre sale con I Wonder Pictures, è la drammatica ricostruzione delle ore durante le quali il 29 gennaio 2024 i volontari della Mezzaluna Rossa, dopo aver ricevuto una chiamata di emergenza, tentano di salvare una bambina di sei anni intrappolata in un’auto sotto attacco a Gaza. Intorno a lei i cadaveri insanguinati di alcuni famigliari. Mentre cercano di tenerla al telefono e di farle coraggio, fanno di tutto per mandarle un’ambulanza. Un’impresa impossibile, anche se per coprire la distanza che separa la bambina dai soccorritori sarebbero necessari solo otto minuti. Inizia dunque una disperata lotta contro il tempo e gli ostacoli di una situazione estrema, paradossale, assurda che non permette a nessuno di correre in aiuto di una bambina sola e terrorizzata. Una tragedia, quella della piccola Hind Rajab, che è stata al centro dell’attenzione dei media di tutto il mondo diventando l’emblema dell’atroce condizione di Gaza. Ciò che spezza davvero il cuore in questo film totalmente ambientato nelle due stanze della Mezzaluna Rossa è che l’intera sceneggiatura, costruita sulla base delle reali conversazioni avvenute quel giorno, ruota intorno alla voce vera Hind Rajab. Mescolando la finzione a un approccio documentaristico, come aveva già fatto nel suo film precedente, Four Daughters, la regista rimette in scena quelle drammatiche ore affidando il ruolo dei soccorritori a un gruppo di attori che hanno ascoltato per la prima volta la voce della bambina durante le riprese, arricchendo il testo del copione con le proprie personali reazioni emotive e con un’indignazione genuina, spontanea, travolgente, come se quello strazio avvenisse in quel momento per la prima volta. Tutto è iniziato per la regista nel bel mezzo della campagna per gli Oscar di Four Daughter. «Durante uno scalo all’aeroporto di Los Angeles - racconta Ben Hania - ho ascoltato una registrazione audio di Hind Rajab che implorava aiuto e a quel punto la sua voce si era già diffusa su Internet. Ho subito provato un misto di impotenza e di sconvolgente tristezza. Ho contattato la Mezzaluna Rossa, ho chiesto loro l’audio completo dopo averlo ascoltato, ho capito di dover fare questo film. Ho parlato a lungo con la madre di Hind e con le persone che hanno cercato di aiutarla. Ho ascoltato, ho pianto, ho scritto tessendo una storia intorno alle loro testimonianze, ambientata in un’unica location, lasciando la violenza fuori campo. Le immagini violente sono disponibili ovunque mentre io volevo concentrarmi sull’invisibile: l’attesa, la paura, il suono insopportabile del silenzio quando l’aiuto non arriva. A volte ciò che non vedi è più devastante di ciò che vedi. Non riesco ad accettare un mondo in cui un bambino chiede aiuto e nessuno arriva. Quel dolore, quel fallimento, quella impotenza appartengono a tutti noi, sono universali e credo che la narrazione cinematografica possa essere più potente del rumore o dell’indifferenza. Il cinema può preservare un ricordo, resistere all’amnesia, fare in modo che la voce di Hind Rajab continui a essere ascoltata». E a chi si interroga sul fatto che l’utilizzo della vera voce della bambina possa essere giudicata una forma di manipolazione, la regista replica: «Ogni volta che si amplifica la voce dei palestinesi si viene accusati di strumentalizzazione. È un modo per ridurli al silenzio. Io ho scelto di custodire e condividere la voce di Hind e questo non è sfruttamento, ma memoria. Se i media hanno ridotto le vittime di Gaza a semplici “danni col-laterali”, attraverso una narrazione disumanizzante, il cinema, invece, può restituire un volto e un nome a chi è stato ridotto a un numero. Il cinema non ridona la vita di nessuno, ma può denunciare il silenzio che protegge l’ingiustizia». E l’attrice Saja Kilani, ribadisce: «Basta con la fame, con la disumanizzazione, con la distruzione. La voce di Hind Rajab non ha bisogno di difese: è la voce di Gaza che chiede aiuto. Nessuno può vivere in pace mentre anche un solo bambino è costretto a supplicare per sopravvivere. Lasciamo che la sua voce riecheggi nel mondo. Non domani, adesso. Per la giustizia, per l’umanità, per il futuro di ogni bambino». E ha poi ricordato la responsabilità di non trasformare la tragedia in pura rappresentazione: «Non c’era distanza possibile. Eravamo già dentro la storia, la nostra storia».

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