Dentro la parola di Van Morrison, dove il blues si fa spirituale
Ottant’anni appena compiuti, il cantautore irlandese presenterà a Belfast il 14 settembre una raccolta di oltre duecento testi che racchiudono i cardini della sua poetica

Quando il poeta irlandese Patrick Kavanagh scrisse una delle sue liriche più celebri, Su Raglan Road (1946), aveva già in mente una musica precisa, la melodia gaelica Fainne Geal an Lae (anche nota come Dawning of the Day). Circa vent’anni dopo la pubblicazione della poesia, nel pub Bailey, tra una sbicchierata e l’altra, il vate delle torbiere e dei campi sassosi propose a Luke Kelly di cantare la sua canzone. «Quale?». «Su Raglan Road». Kelly non se lo fece ripetere due volte: divenne rapidamente uno dei cavalli di battaglia del dubliner. Le parole – intrecciate di rimandi a Fainne Geal an Lae – si adattavano benissimo agli accordi e alle strutture ritmiche. Su Raglan Road è una poesia o una canzone? Impossibile definire questo monstrum, questo oggetto prodigioso.Si tratta di quattro quartine, sapienti a livello linguistico e armonico, che raccontano la sfortunata storia d’amore di Kavanagh con la studentessa di medicina Hilda Moriarty. «Su Raglan Road la incontrai per la prima volta in un giorno d’autunno e seppi / che i suoi capelli scuri avrebbero tessuto una trappola che un giorno avrei rimpianto; / vidi il pericolo, e tuttavia m’incamminai lungo la via incantata / e dissi: “Sia il dolore una foglia caduta al sorgere del giorno”. // Su Grafton Street a novembre scivolavamo lievemente nella sporgenza / di un precipizio profondo da cui si poteva scorgere il valore della passione in pegno, / la Regina di Cuori preparava ancora le crostate e io non facevo il fieno – / oh, ho amato così tanto e per questo e per quest’altro la felicità è stata gettata via».
Per lungo tempo la versione di Kelly è sembrata insuperabile. Almeno finché nel 1988 Van Morrison, coadiuvato dai Chieftains di Paddy Moloney, non propose una cover struggente nell’album Irish Heartbeat. L’interpretazione vocale di Van The Man è fuori dalle righe, teatrale: e dice molto della sensibilità del cantautore di Belfast nei riguardi della poesia. Sin dall’esperienza giovanile con i Them (chi non ricorda Gloria, pezzo clou del garage rock?), Van Morrison – che ha compiuto ottant’anni lo scorso 31 agosto – ha traghettato nei suoi pezziimmagini, echi, microcitazioni da giganti della letteratura come William Wordsworth, William Butler Yeats, James Joyce, Louis MacNeice, Jack Kerouac, non disdegnando un’accesa tensione per la Caledonia, il folklore irlandese, le leggende arturiane, Perceval, il Sacro Graal. Non è dunque una scelta casuale quella di Faber & Faber – storica casa editrice di T.S. Eliot, Philip Larkin, Sylvia Plath, Ted Hughes, Seamus Heaney e Paul Muldoon – di pubblicare da oggi Lit Up Inside & Keep ‘Er Lit. The Collected Lyrics (con prefazione di John Cooper Clarke, pagine 480, sterline 25,00), una raccolta di oltre duecento testi scelti da Morrison per effigiare i cardini della sua poetica. Recita il risvolto di copertina: «Il lettore troverà esempi di tutti gli aspetti del mondo che Van Morrison ha creato attraverso la sua opera: i vicoli e i viali mistici; i ricordi della meravigliosa infanzia e del lavoro da adulto; il rintocco delle campane della chiesa e il suono della radio; la generosità nel nominare altri artisti e la gioia della solitudine; l’amore e la durezza; la consolazione e la grazia». Beninteso, il lettore. Non l’ascoltatore. Il lettore di Brown Eyed Girl, Into the Mystic, Tupelo Honey, di Astral Weeks, spesso menzionato tra i maggiori dischi di sempre? Reader-response criticism a parte, il problema che si pone è, per così dire, di ricezione estetica dell’ente-canzone (di per sé misteriosa), privata qui di elementi costitutivi: la musica, la voce, la performance complessiva. Eppure, orientata a una testualità rammemorante e “fissata”: i riferimenti non si perdono nel continuum inafferrabile del dispositivo d’ascolto, ma restano inchiodati sulla pagina, possono essere interpretati e analizzati, si può asserire con maggiore coscienza che healing, la guarigione, ad esempio, uno dei concetti chiave di Morrison (presente almeno in And the Healing Has Begun e in The Healing Game), sia un ammicco al Re Pescatore. Si può inoltre osservare la statuarietà di Belfast con i suoi corners, luogo dell’anima, età dell’oro, infanzia e purezza dell’umanità: «Oh, l’odore del panificio dall’altra parte della strada / mi è entrato nel naso / mentre portavamo lungo la strada le scale / con le file in ferro battuto. / Sono tornato a casa e ho ascoltato Jimmie Rodgers / durante la mia pausa pranzo, / ho comprato cinque Woodbines al negozio all’angolo. [...] // Sono felice di pulire le finestre (ehi), / faccio le cose con calma. / Ci vediamo quando il mio amore crescerà. / Tesoro, non lasciar correre, / sono un lavoratore nel fiore degli anni» (Cleaning Windows).
Moltissimi sono, inoltre, gli accenni alla trascendenza, sia pagana che cristiana: Tir Na Nog, canzone dedicata ai Campi Elisi celtici; In the Garden, in cui si parla della «presenza di Cristo» e della Trinità («Solo io e te e la natura / e il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo / nel giardino umido di pioggia»); Whenever God Shines His Light, nella quale il raggio divino perfora «la notte più buia» e salva dalla confusione e dalla disperazione. Di questa linea mistica dell’opera di Morrison forse il brano più bello (e filosofico) è These Are the Days: appare nuovamente Gesù come taumaturgo capace di convertire e donare gioia piena. «Questi sono i giorni di un’estate senza fine... / Questi sono i giorni, il tempo è ora. / Non c’è il passato, c’è solo il futuro. / C’è solo il qui, c’è solo l’adesso. // Oh, il tuo volto sorridente, la tua presenza gentile... / I fuochi di primavera si accendono luminosi. / Oh, il cuore radioso e il canto di gloria, / libertà che grida nella notte. // Questi sono i giorni in riva al fiume scintillante, / la sua grazia tempestiva e la nostra preziosa scoperta... / Questo è l’amore dell’unico mago / che trasformò l’acqua in vino». La filigrana intertestuale dei pezzi di Morrison non agisce soltanto sul binario della letteratura, ma anche e soprattutto (quasi con piglio postmoderno) sulla grande tradizione del blues e del rock’n’roll. Jelly Roll Morton, Leadbelly, Little Richard, Muddy Waters, Jackie Wilson e tanti altri: citati per direttissima – si pensi a Jackie Wilson Said (I’m in Heaven When You Smile) – o soltanto nascosti nelle pieghe dei versi. Ed è sorprendente trovare intatti in Lit Up Inside & Keep ’Er Lit i tic stilistici dell’R&B stampati come parte integrante delle lyrics: yeah, mmmm, oh yes, let’s go.
Il 14 settembre al Waterfront Hall di Belfast è prevista la presentazione di lancio del volume, con Muldoon tra gli ospiti che certamente perorerà la causa dell’identità o contiguità tra poesia e canzone. Nel frattempo, ci godiamo l’ultimo album di Van Morrison uscito il 13 giugno, Remembering Now. Down to Joy (ancora Belfast, ancora lo splendore della letizia) e Cutting Corners (l’amore tagliente che torna) sono ottimi esempi della positività, dell’ethos intrinseco del soul, perfettamente in grado di indicare la via maestra della musica odierna e prossima.
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