giovedì 23 novembre 2023
Le tante vite dell'ex talento della Lazio anni '90 che alla convocazione di Zoff in prima squadra preferì il seminario. Da sacerdote a missionario laico e ora mental coach al servizio degli altri
Victor Claudio Vallerini, classe 1973, ai tempi in cui era una promessa della Lazio di Dino Zoff

Victor Claudio Vallerini, classe 1973, ai tempi in cui era una promessa della Lazio di Dino Zoff

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Le tante vite di Vallerini: promessa della Lazio primi anni ‘90, convocato da Zoff in prima squadra rinunciò alla carriera per diventare sacerdote Oggi è un mental coach Se il calcio per molti è una fede, per Victor Claudio Vallerini la fede è arrivata anche attraverso il calcio. Una storia di cuoio singolare la sua che andrebbe raccontata nei settori giovanili per comprendere come le vie del pallone incrociano quelle del Signore, in un viaggio di andata e ritorno, proprio come nelle migliori competizioni calcistiche. Dopo un lungo peregrinare per il mondo, Victor è tornato in Italia, a Gavirate, davanti al lago dorato di Varese. E ora che è un 50enne (ha appena tagliato il traguardo il 15 novembre) la sua storia di talento degli anni ’90, che al ritiro della Lazio preferì quello del seminario, da tempo non la racconta quasi più, «semplicemente perché ho capito che quello che conta è il presente, essere connessi con “l’adesso”. E parlare serenamente come in questo momento mentre guardo il Lago mi dona la sensazione che ne è valsa la pena essere arrivati fin qui dopo aver attraversato tanto mondo e tanta vita». Una vita cominciata in Brasile, nelle missioni del Mato Grosso, dove papà Alessandro, originario della Versilia, era andatoper dedicarsi ai lebbrosi e all’educazione dei giovani locali. « Papà è stato la mia guida, anche spirituale, un uomo che fino alla fine (è morto nel 2020) si è dedicato agli altri credendo nella forza della carità e della giustizia. In Brasile ha conosciuto mia madre, Zilda, e quando io avevo tre anni siamo tornati a Camaiore dove è nata mia sorella Laura». Il campo di calcio per destinazione: il prato per giocare era proprio di fronte a casa Vallerini. « In realtà ho scelto il calcio come terapia. A sei anni un’auto mi ha investito frantumandomi tibia e perone. Allora il dottore mi disse: “Devi fare sport se vuoi rimetterti in fretta”. E così scelsi di giocare nel Frati, che non c’entra nulla con il mio destino di futuro seminarista - sorride -, quella era la squadra di una frazione di Camaiore».

La nascita del talento a Camaiore e la Lazio lo paga 160 milioni di vecchie lire

Nel Camaiore poi diventa il talento Vallerini: a 15 anni è convocato nella prima squadra iscritta al campionato di serie D. A 16, giocando da jolly di difesa e centrocampo, era già titolare in Interregionale e lo stopperone storico del Milan, Aldo Bet, che è appena volato via per sempre, lo convoca nella Nazionale Under 18. « E lì cominciò la mia avventura nel calcio professionistico. Ci fu l’asta tra Cagliari, Fiorentina e Juventus per ingaggiarmi e alla fine il Camaiore scelse la migliore offerta che arrivò dalla Lazio: 160 milioni di vecchie lire per portarmi a Roma». Entra nella Primavera della Lazio allenata dal grande rivoluzionario dimen-ticato, Enrico Catuzzi (è morto nel 2006, a 60 anni), il primo da noi ad introdurre la “zona totale” ai tempi in cui allenava il Bari. «Catuzzi era un sergente di ferro, molto bravo, ma austero. Poi ho avuto mister Mimmo Caso, persona mite e comprensiva che mi ha segnalato a Dino Zoff che l’estate del ’91 mi portò in ritiro in Austria inserendomi nella rosa dei 24 della prima squadra».

La convocazione di Zoff. Quel folle di Gazza Gascoigne! Per la stampa romana Victor è il "nuovo Manfredonia"

Nei prati degli alpeggi di Innsbruck, Victor, che per la stampa romana era già “il nuovo Manfredonia”, inseguiva un sogno iniziato da bambino: giocare in Serie A al fianco di campioni come il reuccio del gol Beppe Signori, il campione del mondo a Italia ’90, il tedesco “Kalle” Riedle, il quale si lasciò sfuggire in una intervista: «Vallerini è un ragazzo di sicuro avvenire». Ma il suo primo incontro appena arrivato a Roma nell’albergo che ospitava la Lazio fu con il funambolico “Gazza” Gascoigne. « Ricordo che mi invitò a sedermi al suo tavolo, insieme all’inseparabile amico Jimmy Cinquepance. Dopo pochi minuti cominciarono una gara di “rumori molesti”, fino a quando l’attenzione di Gascoigne venne rapita da un ragazzino che si aggirava per i tavoli del buffet. Gazza si alzò e cominciò a riempire di frutta quel bambino che se ne scappò piangendo con le mani piene di banane, mele, ananas… Tutti ridevano. E come facevi a non ridere quando all’improvviso Gascoigne si presentava in campo completamente nudo? “Mister lei mi ha chiamato e io sono subito uscito dalla doccia come vede…”, disse quella volta a un allibito Zoff che da gran signore abbozzava. Mai conosciuto un uomo più elegante e dignitoso di Dino Zoff, sempre pronto a dare consigli e ad ascoltare i più giovani. Così come non ho mai visto un fuoriclasse come Gascoigne, quando aveva la palla tra i piedi era impossibile levargliela. Purtroppo non riuscì mai a togliersi il vizio del bere e quello gli ha rovinato l’esistenza ancor prima che la carriera».

La chiamata di Dio a Norcia nel ritiro della Primavera di Mimmo Caso

La carriera di Vallerini invece proseguì ancora un po’, sperimentando il bello del calcio professionistico fatto di fama, soldi e successo, ma anche di “tristi pratiche” per essere sempre al top della forma fisica. «Ricordo che ebbi diversi infortuni al ginocchio e ogni tanto mi sottoponevano a strane flebo e iniezioni dalle quali mi smarcai in fretta, grazie anche all’intervento di Riedle che mi disse fraterno: “Fai come me, io non prendo niente”». Victor sopportava il dolore fisico in silenzio, ma quello dell’anima non riuscì più a trattenerlo. Estate 1992, nel ritiro della Primavera della Lazio, a Norcia, dopo una notte insonne prese la decisione: « Al mattino andai da Mimmo Caso e piangendo gli raccontai che avevo visto troppa miseria da quando ero a Roma e che la distanza da Dio mi aveva portato a una vita frammentata, non mia. Perciò dovevo riavvicinarmi a Dio imboccando la strada del seminario e poi della missione per andare incontro al prossimo. Il mister mi ascoltò e poi abbracciandomi mi disse: “Figlio mio, prenditi un po’ di tempo e poi magari torni a giocare, oppure se proprio è questa la tua strada, allora vai…”.».

Sacerdote e poi missionario in Brasile e in Africa. Poi prof. al Liceo Montale di San Paolo

E così è stato. Vallerini divenne il “calciatore seminarista” e la stampa sportiva provò a marcarlo a uomo. «Uscirono articoli sensazionalistici. Il calciatore che si fa prete è roba rara e fa sempre notizia. Io che da sempre sfuggivo ai riflettori mi sono dileguato seguendo la guida spirituale di don Marcello Brunini, uomo semplice e di rara profondità che mi ha trasmesso dei grandi insegnamenti. La disciplina appresa negli anni del calcio in quel periodo la spostai negli studi filosofici e teologici che di fatto non ho mai interrotto. Poi mi sono laureato in Lettere antiche». Il moto perpetuo che dalla difesa al centrocampo lo aveva portato al centro della Chiesa, «sono stato sacerdote a Roma e Castelnuovo Garfagnana», a 25 anni gli fece cambiare ancora ruolo e intraprendere un nuovo cammino. « Ho capito che potevo continuare a servire Dio in un altro modo. Così sono tornato in Brasile ad aiutare mio padre. Ho lavorato nelle missioni brasiliane, poi in Africa e in Kosovo. Infine, sono rientrato a Camaiore e a 29 anni ho avuto un’altra breve parentesi calcistica nell’Eccellenza toscana, ma era più un momentaneo rimettermi in gioco, solo per il piacere di far parte di una squadra come quando ero ragazzino ».

La nuova vita del mental coach che vorrebbe aiutare a crescere i giovani calciatori

Il Victor ormai maturo sente il richiamo della terra materna e va in Brasile dove sposa Cinzia che gli regala le sue «due pupille Ana Clara e Sofia» e resta per quindici anni a San Paolo dove insegna letteratura italiana, religione e filosofia allo storico Associação Educacional Eugenio Montale. «Un esperienza importantissima che mi ha formato come docente, sempre assetato di conoscenza. Infatti poi, quando sono rientrato in Italia per lavorare come mental coach per le aziende, mi sono iscritto a Scienze dell’Educazione. Ora sto seguendo corsi di Psicoanalisi, studio l’intelligenza emotiva al servizio dei gruppi di lavoro e sarebbe bello poter lavorare anche all’interno delle società calcistiche». Degli anni del calcio Victor conserva ancora diverse amicizie. «Zoff anni fa mi ha telefonato e fu una bellissima conversazione. Allo stadio? Sono tornato con le mie figlie per Monza-Lazio e confesso: sono rimasto un aquilotto nel cuore. Nel calcio mi piacerebbe rientrare solo per seguire la formazione e la crescita dei ragazzi, ai quali spesso oggi mancano dei punti di riferimento: entrano troppo presto in un mondo fatto di illusioni e di aspettative altissime che inevitabilmente li disconnette dal mondo reale, e così il pericolo di perdersi è altissimo, con tutti i danni che ne conseguono come abbiamo visto di recente con i casi delle scommesse online ».

Il ricordo del padre in un quaderno: "La mia vera guida spirituale"

Pagine nere del pallone italico, mentre quelle che sta scrivendo Vallerini sono tutte piene di una serenità per cui «dico grazie a Dio, alla mia famiglia, ai miei genitori e in particolare a mio padre che prima di andarsene mi stupì ancora una volta donandomi un quaderno. Lì dentro c’erano tutti i ritagli di giornale che aveva conservato: gli articoli delle mie prime partite fino a quando sono arrivato alla Lazio e anche quelli in cui si parlava della mia nuova vita sacerdotale. Su quel quaderno c’ho scritto, “hic et nunc”: “qui e ora, adesso”: ho capito che se nella vita realizziamo questo, almeno una volta, allora l’Eterno entrerà in noi, e sarà per sempre».

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