martedì 10 marzo 2020
Esce il diario inedito del cardinale che fu al fianco di Pio XI, Pio XII e Giovanni XIII. Tanti i retroscena delle encicliche contro nazifascismo e l'azione di Pio XII per Roma
Il cardinale Domenico Tardini nel 1958 con papa Pio XII

Il cardinale Domenico Tardini nel 1958 con papa Pio XII

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A lungo ricercato dagli studiosi è "riapparso" tre anni fa sotto gli occhi dell’attuale prefetto dell’Archivio apostolico vaticano, il vescovo barnabita Sergio Pagano, che poi ne ha curato un’edizione annotata con rigore e acribia. Stava dentro una busta nel fondo di un porporato, costituito da due fascicoli di carte, chiusi dentro camicie intestate "S. Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari'. Da oggi è in libreria con il titolo Diario di un cardinale. La Chiesa negli anni delle ideologie nazifascista e comunista per i tipi della San Paolo (pagine 246, euro 20).

Stiamo parlando del "diario", parecchio inseguito dagli storici, di un ecclesiastico che per anni è stato al centro della diplomazia della Santa Sede e dei meandri della politica italiana e mondiale: Domenico Tardini. Centocinquantotto fogli pieni di ricordi vergati a distanza dai fatti, talora integrati da note trascritte da altri documenti, da glosse in margine a resoconti di udienze, dossiers delicati, carte poi sparse in vari archivi. Insomma, più che agende annotate quotidianamente, un memoriale redatto a distanza: «un diario ideale, mai concretamente organizzato e forse destinato nelle sue intenzioni a rimanere manoscritto, ma non nascosto», scrive monsignor Pagano che vede in questa raccolta di episodi, analisi, resoconti, colloqui, riflessioni - non senza giudizi sferzanti e sarcastici - «una forte coscienza della Chiesa immersa nella storia».

Più precisamente, si tratta qui delle "memorie" custodite da un collega devotissimo di Tardini e riguardanti un preciso arco cronologico. Quelle che il cardinale Antonio Samoré aveva trattenuto confidando di promuoverne una pubblicazione e relative agli anni 1936-1944, essendo già state pubblicate da Carlo Felice Casula quelle concernenti gli anni 1933-1936, mentre di successive pagine diaristiche (sopravvissute alla distruzione di chi le aveva scritte sino alla morte nel 1961), si conoscono stralci nei pochi profili biografici usciti (il primo fu scritto da monsignor Giulio Nicolini quarant’anni fa dalle Edizioni Messaggero di Padova), o in saggi più recenti di diversi autori (Angelo Martini Lucia Ceci, Pierre Blet, Emma Fattorini, Giovanni Sale, Paolo Valvo ecc.).

Preceduti da una ricca introduzione dove il curatore si concede anche osservazioni personali e sottolineature di brani quasi profetici, questi «appunti di storia vissuta» - distinti da quelli tecnici, propri del lavoro d’ufficio (da Tardini sempre considerato "ministero sacerdotale, di tanto valore", come quello più pastorale che non si fece mancare nel secondo dopoguerra fondando Villa Nazareth per aiutare giovani bisognosi) - si rivelano di grande interesse. Infatti, ben oltre il carattere aneddotico palesato, anche dietro le battute mordaci che costellano i testi, aiutano a capire insieme al metodo di lavoro di questo curiale "irregolare", i principali tratti, umani e spirituali, del suo servizio alla Chiesa durante due pontificati, quelli di Pio XI e Pio XII, dei quali fu fedele e instancabile collaboratore.

Come sottosegretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, dal 1929 al 1935, poi come sostituto della Segreteria di Stato, sino alla nomina a pro-segretario di Stato nel 1944 (insieme a Giovanni Battista Montini). Dunque anni burrascosi quanto a trattative continue col regime mussoliniano in Italia, quello hitleriano in Germania, quanto ai drammi della persecuzione razziale e dei lager, all’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia, della Repubblica spagnola e della guerra civile, in tante delicate situazioni riguardanti diocesi in Italia e fuori, nonché i loro presuli, molti dei quali alla conclusione della Seconda guerra mondiale, si sentivano minacciati dal pericolo comunista. Non dimenticando in ogni caso - anche se i periodi non riguardano questo diario - l’importante servizio di Tardini, già minutante in Segreteria negli ultimi sei mesi del pontificato di Benedetto XV, nei tre accanto a Giovanni XXIII (del quale era stato superiore per decenni) che lo nominò Segretario di Stato la sera stessa dell’elezione, il 28 ottobre 1958 e che si sentì confortato dal suo assenso dopo la confidenza fattagli di voler indire il Concilio.

Ma vediamo sinteticamente i temi più rilevanti che emergono dal libro venato da quei «molti apprezzamenti del cardinal Tardini», «giustissimi nella sostanza», ma «troppo crudi nelle parole » che nel ’67 ne aveva sconsigliato la pubblicazione facendo concludere a monsignor Ambrogio Marchioni «È ancora presto darli in pasto a tutti», «occorre attendere per lo meno 50 anni ». Si trovano qui specialmente gli ultimi anni di Pio XI, i retroscena delle encicliche contro il nazismo ( Mit brennender Sorge) e contro il comunismo (Divini Redemptoris) alle quali Tardini fu tutt’altro che estraneo; le speranze e le delusioni di Achille Ratti nel confronto col Duce «villano e fedifrago», le reazioni preoccupate di Pio XI per le conseguenze delle leggi razziali, compresa la questione «matrimoni tra ariani e non ariani», oggetto anche dell’ultima udienza a Castel Gandolfo il 29 ottobre 1938; i primi anni del pontificato pacelliano e quelli della Seconda guerra mondiale vista dagli avamposti della diplomazia vaticana e dai Sacri Palazzi, ma anche vissuta nell’Urbe sotto i bombardamenti e nella Roma "città aperta" sino alla Liberazione.

Ecco così Tardini invocare senza sosta «ragioni superiori di umanità e carità»; dire a Pio XI «da parecchie parti si attende e si spera una parola del papa su quella che è la peste dell’epoca moderna: il nazionalismo»; raccoglierne le confidenze a proposito di Pacelli: «Il Santo Padre mi spiegava che lo scopo dei molti viaggi che egli faceva fare al suo Segretario di Stato (Buenos Aires, Lourdes, Stati Uniti) era quello di prepararlo bene ... al papato»; seguire la malattia del papa andando «all’udienza con un senso di amarezza e di trepidazione», sapendo di «trovare il papa indebolito, depresso fino all’avvilimento o irritato e eccitabile fino al parossismo».

Eccolo riflettere su quello che capisce e non nelle prima settimane di guerra. E che a inizio settembre 1939 interrogandosi sulle future scelte del Duce scrive: «80 probabilità su 100 che Mussolini entri in guerra; 80 probabilità su 100 che Mussolini entri in guerra a fianco di Hitler». Si troverà il 10 giugno 1944 a fare un bilancio dell’azione della Santa Sede in favore di Roma dividendola in due capitoli «gli sforzi per impedire che Roma venisse bombardata» e «le insistenze per impedire che Roma divenisse campo di battaglia». Soffermandosi sull’operato tutto terreno degli uomini, ma pure rammentando il «mirabile intervento della Provvidenza».

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