sabato 30 luglio 2022
Un brano dall’ultimo libro dello scrittore messicano che raccoglie storie legate al concetto di libertà fra cui, con ironia, il singolare vezzo censorio del dittatore
Paco Ignacio Taibo II

Paco Ignacio Taibo II - WikiCommons

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Iosif Vissarionovic Džugašvili sarebbe passato alla storia come Stalin. Lui, o la legione di adulatori e lacchè che costituivano parte dell’apparato sovietico, decise di cambiare la storia e con frequenza si realizzarono strane trasformazioni nelle fotografie che lo ritraevano nel corso degli anni, alcune delle quali sorprendenti. Di tutti questi fotomontaggi quello che mi riesce più attraente è probabilmente il più innocente politicamente: Stalin lascia una casa, un cittadino pare indicargli la strada da seguire. Nella seconda versione della fotografia il cittadino scompare. Non è un personaggio della Rivoluzione, semplicemente era lì, e faceva un gesto 'improprio'. Non stava guardando il leader: nessuno può indicare la strada al leader? Arriva a questo livello il delirio censorio? Nel 1926, durante la XV Conferenza regionale del Partito comunista sovietico a Leningrado, o nel 1925, all’Istituto Smol’nyi - le fonti sono in disaccordo -, Stalin fu ritratto con quattro dei suoi collaboratori più stretti. Erano quindi cinque: Nikolaj Antipov, Stalin, Sergej Kirov, Niloj Švernik e all’estrema destra Nikolaj Komarov.

La versione originale e i primi tagli della foto di cinque

La versione originale e i primi tagli della foto di cinque - WikiCommons

Il primo a sparire dalla foto fu l’uomo a destra, Nikolaj Komarov (originariamente chiamato Fëdor Sobinov), figlio di poveri contadini, operaio industriale, veterano militante che già aveva partecipato alla Rivoluzione del 1905 e che all’epoca era segretario del soviet di Leningrado; ebbe alcuni contrasti con il compagno Iosif e finì fucilato nel 1937. Nikolaj Antipov era un vecchio bolscevico, operaio meccanico, figlio di contadini. Fu presidente della Ceka a Pietrogrado nel 1918. Con il trionfo della Rivoluzione ricoprì tutti gli incarichi di vertice possibili: presidente regionale di Kazan’, segretario del partito a Mosca, alto funzionario sugli Urali, ministro delle Poste e dei telegrafi. Fu giustiziato nelle purghe del 1941. Sergej Kirov, nato nel 1886, era il più giovane dei bolscevichi stalinisti: studente e meccanico, veterano di inizio secolo, fece parte dei soviet armati della Rivoluzione del 1905, trascorse vari anni in carcere. Adottò lo pseudonimo di un re persiano e partecipò alla guerra civile. Appoggiato da Stalin nelle lotte interne, si pensò sempre che sarebbe stato uno dei suoi successori. Più blando di Stalin nelle successive purghe interne, nel dicembre del 1934 fu assassinato in un attentato del quale si incolpò un sostenitore di Grigorij Zinov’ev: il che passò come uno degli ultimi massacri interni del bolscevismo, anche se molti videro nell’assassinio la mano di Stalin. Il penultimo a essere cancellato dalla storia fu Švernik, che si salvò dalle purghe e sopravvisse fino al 1970, però scomparì dalla foto dei cinque, lasciando così soltanto Kirov, che svanì quando il pittore ucraino Isaak Brodskij dipinse il ritratto di Stalin nel 1928.

La versione finale della foto dei cinque, ridotti a due, e il ritratto di Stalin da solo che ne venne tratto

La versione finale della foto dei cinque, ridotti a due, e il ritratto di Stalin da solo che ne venne tratto - WikiCommons

Il desaparecido del canale. Stalin passeggia lungo il canale Mosca- Volga. Nella prima versione, alla sua sinistra, cammina il piccolo (1,45 m) Nikolaj Ežov, capo della polizia segreta sovietica (Nkvd) dal 1936 al 1938, che aveva sostituito Genrich Jagoda (detto l’Avvelenatore), il quale a sua volta sarebbe stato giustiziato per essersi rifiutato di fucilare Nikolaj Bucharin. Ežov, ex operaio metallurgico e bolscevico dal 1917, dopo il successo della Rivoluzione fu dirigente in varie province e a partire dagli anni Trenta responsabile delle purghe e delle esecuzioni all’interno del Partito comunista. Arrestato il 10 aprile del 1939, Ežov, quarantacinquenne, non fu più visto nuovamente in pubblico e probabilmente fu fucilato il 7 febbraio 1940. Forse per questo sarebbe scomparso dalla foto. Forse le più note foto a scomparsa sono quelle della coppia Lenin-Trockij, dove all’inizio della campagna polacca della guerra civile Lenin si rivolge alla folla; alla sua destra, in piedi e in uniforme, Trockij, che sta osservando la folla, sarà eliminato. C’è una seconda foto che esclude Trockij, il quale saluta militarmente al fianco di Lenin. Il ritoccatore ha cancellato di passaggio anche uno spettatore e ha dovuto ricostruire il cappello di un soldato. Ma anche i correttori fotografici di Stalin avrebbero avuto un problema: perché, alla fine, tutto viene alla luce.

(traduzione di Edoardo Castagna)

Quell’«insaziabile curioso» di Taibo II con senso dell’umorismo e della storia

Lucia Capuzzi

La grande Storia dell’umanità può essere divertente. Molto divertente. Parola di Paco Ignacio Taibo II che, per dimostrarlo, inserisce nel suo ultimo lavoro, dedicato a quanti, nel corso del Novecento, si sono battuti per la libertà, quattro o cinque anti-eroi, descritti non per il contributo alla causa ma per puro godimento. E, così, in Libertad. Trece historias para la historia, appena pubblicato da Planeta, accanto a Rodolfo Walsh, padre del giornalismo narrativo, Vasily Blucher, il generale russo che ha cambiato dieci volte nome, Roman Ungern von Sternberg alias 'il Barone pazzo', Herón Proal, soprannominato il Lenin messicano, o Carlos Aponte, l’eterno rivoluzionario, spunta il nome di Stalin. Taibo II non ne ritrae gesta o misfatti, ma si sofferma su un dettaglio: Stalin viene rappresentato come il «re del photoshop» per la sua abilità di «far scomparire» dalle fotografie ufficiali gli amici e i collaboratori caduti in disgrazia. «Mi sono detto: come faccio a lasciare fuori questa vicenda? È troppo divertente. E così l’ho inserita», ha spiegato l’autore. A fare compagnia a Stalin ci sono altri 'cattivi' come la spia della Comune di Parigi, Vaysett o persone bizzarre come Sterling Heyder, attore di Hollywood, contrabbandiere di armi per i guerriglieri di Tito e scrittore. Personaggi su cui Taibo II ha lavorato per oltre dieci anni. La pandemia gli ha dato l’occasione di scriverne. Non è la prima volta che lo scrittore messicano si cimenta con le biografie. Di personaggi reali, come dimostra Senza perdere la tenerezza, appassionata ricostruzione della vita del Che (pubblicato in Italia dal Saggiatore) e insignita del Premio Bancarella, e Un rivoluzionario chiamato Pancho( Marco Tropea). Ma anche figure inventate, come Sandokan e Yañez, alle quali ha dedicato Ritornano le tigri della Malesia. Anche stavolta, pur in ritratti brevi, emerge la capacità di Taibo II di combinare ricerca rigorosa e «malizia letteraria», come egli stesso la definisce, con cui sottolinea il lato ludico e paradossale degli eroi o anti-eroi. Taibo II non nasconde la sua appartenenza alla sinistra. Quando scrive, però, non discrimina. Ad affascinare l’attuale direttore del Fondo per la cultura economica, una delle case editrici pubbliche più importanti del mondo, più che il rigore e la purezza degli ideali dei personaggi, è il loro coraggio di andare controcorrente. I suoi protagonisti preferiti sono gli 'anti-imperialisti eretici', spesso discriminati dalla stessa sinistra per il loro rifiuto delle regole. Del resto, lo stesso Taibo è un eretico, nella politica come nella scrittura. La vicinanza all’attuale presidente López Obrador gli ha provocato l’accusa di populismo di una parte della sinistra messicana. Dal punto di vista letterario, con oltre 70 libri alle spalle, è difficile inquadrarlo in una categoria. Ha cominciato con i romanzi polizieschi e tuttora è considerato il padre del noir latinoamericano. La saga del detective Héctor Belaoscarán gli è valsa riconoscimenti internazionali, tra cui il Dashiell Hammet, e, in autunno, diventerà una serie di Netflix. Il giallo, però, è solo la punta dell’iceberg. Delitto e colpevoli sono il pretesto per raccontare il lato oscuro che si cela in ogni società. Con questa convinzione, Taibo II ha fondato due decenni fa il Festival internazionale Semana Negra, kermesse di letteratura, cinema, fumetto e fotografia noir, che si tiene ogni anno a Gijón, in Spagna, Paese dove è nato 73 anni fa, prima che il padre - Paco Ignacio Taibo I -, anche lui scrittore, andasse in esilio a Città del Messico per sfuggire al franchismo. Con lo stesso slancio del poliziesco, si è dedicato ai romanzi a sfondo storico. Del resto, Taibo II non ama le definizioni. A quella di scrittore preferisce l’etichetta di 'curioso a oltranza'. «La scrittura è una conseguenza. Scrivo per placare la mia insaziabile curiosità».


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