mercoledì 4 settembre 2013
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Il 4 settembre di cinquanta anni fa si spegneva nella sua casa di Scy-Chazelles, sulle colline che attorniano Metz (Mosella, Francia) Robert Schuman, il politico cristiano a cui si deve l’idea dell’Europa unita. Veniva meno un uomo che aveva fatto della politica un cammino di santità e uno strumento per unire popoli da secoli contrapposti da guerre fratricide. Gli anziani che hanno vissuto gli orrori della seconda guerra mondiale e ne ricordano le atrocità, rievocano con malinconia e rimpianto i sogni nati dalla "Dichiarazione" che Robert Schuman, allora ministro francese degli affari esteri, rivolse, il 9 maggio 1950, alla stampa di tutto il mondo. Attraverso la radio, donne e uomini di un’Europa ancora sconvolta udirono l’annuncio di un evento memorabile: la Francia e la Germania (gli storici nemici che avevano provocato la guerra franco-prussiana e due guerre mondiali) erano decisi nel "mettere in comune" il ferro e il carbone, materie prime il cui possesso era stato causa delle tre guerre. Nasceva così la prima comunità europea: la Ceca (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). L’idea di Schuman era ardita: importante sul piano economico, ma ancor più su quello politico, dovendo costituire il primo embrione di una federazione europea. La gestione di questo organismo sarebbe stata affidata a un’Alta Autorità sovrannazionale e indipendente, a cui avrebbero potuto aderire altri Paesi. Con tale gesto di perdono verso l’ex nemico tedesco, Schuman intendeva riconciliarsi, lui cittadino di un Paese vincitore, con il Paese vinto: un atto prettamente cristiano perché con la gratuità del perdono, egli riaccendeva la relazione spezzata dal male e dava fiducia al nemico di un tempo. All’appello del 9 maggio aderì subito il cancelliere tedesco Adenauer, a cui si unirono l’Italia di Alcide de Gasperi e il Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo). Riconciliazione franco-tedesca e federazione europea costituiscono le facce della medesima medaglia. Con questo «atto concreto», Schuman esprimeva la volontà di far vivere assieme, per «salvaguardare la pace», Paesi diversi ma uniti dal proposito di creare una «solidarietà di fatto». Riconciliazione, sovrannazionalità, solidarietà, pace erano le pietre angolari su cui costruire la comune casa europea. Schuman era nato a Lussemburgo il 29 giugno 1886 da padre nato in Lorena (Francia). Quando, in seguito al Trattato di Francoforte (1871) l’Alsazia e la Lorena furono annesse all’impero germanico, il padre perse la nazionalità francese per divenire cittadino tedesco e preferì trasferirsi nel Granducato di Lussemburgo. Sposa nel 1884 una lussemburghese e due anni dopo nascerà Robert, unico figlio. In famiglia, egli riceve una profonda educazione religiosa. Frequenta gli studi universitari a Bonn, Monaco, Berlino e Strasburgo. Nel 1910 si laurea in giurisprudenza e due anni dopo apre uno studio legale a Metz. Nel novembre 1919 il giovane e dinamico avvocato di Metz è eletto deputato all’Assemblea Nazionale. Si prodiga instancabilmente in Commissione, in aula, attraverso la stampa, alla delicata missione dell’assegnazione giuridica dell’Alsazia e della Mosella alla Repubblica. Si distingue come uno dei principali fautori della reintroduzione del Codice Civile nei dipartimenti ritornati francesi, difende il bilinguismo scolastico, sostiene attivamente il mantenimento del concordato con la Chiesa. Quando il regime nazista occupa nuovamente l’Alsazia e la Lorena (1940) Schuman è incarcerato dalla Gestapo, ma riesce a fuggire e a raggiungere la Francia non occupata. Dopo la liberazione di Metz, Schuman riprende la sua attività professionale, ma i suoi concittadini premono perché si presenti alle elezioni per la prima Assemblea Nazionale della Francia libera. Viene nuovamente eletto e incomincia un’eccezionale vita governativa. Come ministro delle finanze (1946) deve affrontare l’inflazione e le difficoltà per accordare le grandi spese con le poche entrate. La gestione delle finanze non è per lui una questione puramente tecnica, perciò conta sul civismo dei suoi concittadini: partecipazione, sobrietà, educazione. L’anno successivo viene designato presidente del Consiglio: il suo compito è quello di salvare la Repubblica e con essa difendere la libertà di fronte ai disordini che si espandono in tutta la Francia. Dalla fine di luglio 1948 fino al 1952 è ministro degli affari esteri. Tutta la sua politica estera è orientata dall’immagine segreta che porta in cuore: un’Europa unita attorno al nucleo centrale formato da Francia e Germania. Aveva già conosciuto Adenauer, incomincia a frequentare Alcide de Gasperi. Fra i tre stabilisce un’amicizia nutrita dalla stessa fede cattolica che si fa "dono" profetico. Di questo grande europeo si è conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione che ora è all’esame della Congregazione dei Santi.
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