venerdì 16 dicembre 2022
Potrebbe essere proiettato in Turchia per la Giornata della Memoria l’inedito doc di Vincenzo Pergolizzi sul futuro Papa che da delegato apostolico salvò migliaia di vite
Una immagine di Angelo Giuseppe Roncalli quando era cardinale, poi diventato Papa Giovanni XXIII

Una immagine di Angelo Giuseppe Roncalli quando era cardinale, poi diventato Papa Giovanni XXIII

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Prima di diventare “il Papa buono”, Angelo Giuseppe Roncalli è stato, da delegato apostolico, negli anni terribili e oscuri della seconda guerra mondiale, “l’Angelo di Istanbul” come lo definisce ancora oggi il Gran Rabbino di Turchia Ishak Haleva nel documentario del regista e produttore Vincenzo Pergolizzi L’ultimo degli U.boot e l’Angelo di Istanbul. Una preziosa ricostruzione ricca di testimonianze e rivelazioni, quella terminata da Pergolizzi lo scorso agosto e in procinto di essere proiettata a Istanbul per la prossima Giornata della Memoria su iniziativa dell’ambasciatore italiano in Turchia insieme all’omologo austriaco, alla possibile presenza di tutte le maggiori autorità diplomatiche e del patriarca ortodosso Bartolomeo I. Un auspicio che potrebbe diventare realtà, così come realtà certa sarà la proiezione organizzata sempre l’anno prossimo dalla Fondazione Giovanni XXIII in un auditorium da oltre mille posti a Bergamo, futura capitale della cultura europea. La figura di Roncalli anche come profetico collante culturale e simbolo di comunione interreligiosa. E se per il mondo cattolico è stato il “Papa buono”, per tutti prim’ancora di salire sul soglio di Pietro è stato il salvatore di decine di migliaia di ebrei, molti dei quali bambini, da Vienna alla Bulgaria alla Grecia. Si dipana così attraverso il racconto di Fritz Rubin Britmann (oltre che di una decina di altre testimonianze) il documentario di Pergolizzi (realizzato con la sua Gàlata Produzioni) che dalle parole di questo dottore ebreo nato in una cantina di Vienna nel 1944 ricostruisce la persecuzione del popolo ebraico da parte di Hitler e delle SS.

A Vienna, ricorda, suo padre venne sottratto alla Gestapo grazie alla sorella Lanka Kanza che, sposata in seconde nozze a un ebreo turco, a Istanbul aveva incontrato Roncalli che aveva fama presso la comunità ebraica di essere uno zaddiq (un giusto). «Grazie a Roncalli - racconta Britmann nel docufilm - mia zia riuscì anche a fare arrivare cibo e beni di prima necessità ai miei genitori, pacchi che giungevano con una rete clandestina che da Belgrado arrivava al nunzio apostolico di Vienna attraverso una organizzazione di soccorsi messa in piedi da Roncalli». Naturalmente per il delegato apostolico bergamasco le operazioni di aiuto e salvataggio non erano prive di rischi. Ma qui entrava in gioco la sua straordinaria capacità di intessere rapporti di amicizia e fiducia persino con “il nemico” o presunto tale. Nella fattispecie una delle più strategiche “alleanze” Roncalli l’aveva stabilita con l’ambasciatore tedesco a Istanbul Franz von Papen. Gli fu in questo modo possibile agire su diversi fronti, al punto da riuscire anche a far firmare più di ventimila certificati di espatrio per ebrei di passaggio in Turchia dall’Est europeo per arrivare in Terrasanta figurando come pellegrini tedeschi. Eppure riguardo a von Papen il futuro papa Giovanni XXIII era stato messo in guardia dal fidarsi e dall’avere troppi rapporti persino dalla Santa Sede. Ma l’amicizia tra i due era diventata granitica. Von Papen andava regolarmente alla Messa celebrata da Roncalli e insieme parlavano del modo migliore per garantire neutralità alla Turchia. Proprio su questo legame ci sono ancora documenti da ritrovare.

«Storici e ricercatori non sono ancora riuscisotto ti a rinvenire alcuni documenti fondamentali - svela Pergolizzi - come, per esempio, la relazione che Roncalli mandò da nunzio apostolico in Francia al processo di Norimberga su sollecitazione di von Papen, che rischiava di essere giustiziato o condannato. Roncalli inviò la sua relazione su Von Papen tramite la segreteria di Stato e alla fine al processo Von Papen fu uno dei tre nazisti non condannati. Con estrema probabilità si deve ritenere proprio grazie a questo documento che però, tra le migliaia di pagine del processo di Norimberga, non si trova. Potrebbe forse essere negli archivi vaticani». Prima di esercitare la sua missione apostolica a Istanbul Roncalli fu nunzio in Bulgaria dove era in ottimi rapporti con re Boris, tanto che grazie al sovrano riuscì a far bloccare dei treni di ebrei arrivati in Bulgaria dall’Ungheria destinati alla deportazione in Germania. La permanenza di monsignor Roncalli in Oriente, in quel crogiuolo di culture, etnie, religioni che era più che mai allora Istanbul, fu per lui una sorta di umano laboratorio di pluralismo e multicultarilità. «Le radici stesse del Concilio Vaticano II indetto da papa Roncalli - ipotizza Pergolizzi, che a Istanbul ha insegnato lettere per sedici anni - secondo me oltre nascono nel decennio da lui trascorso in Bulgaria dove doveva fare i conti con la grande maggioranza ortodossa e poi si sviluppano a Istanbul dove per i primi anni era delegato apostolico anche per la Grecia. Quando un giovane seminarista ortodosso chiese a Roncalli di diventare cattolico, lui gli disse che era bene che continuasse i suoi studi rimanendo pure ortodosso. Ecco la sua grande visione ecumenica».

Quella “medicina della misericordia”, per dirla con il futuro Papa, che gli consentiva si entrare in empatia profonda con il prossimo senza guardare altro. Così le migliaia di ebrei, bambini anzitutto, erano il suo stesso sangue. Come fece anche in Grecia firmando falsi documenti e falsi certificati di battesimo per far risultare cattolici migliaia di ebrei, grazie alla complicità di due consoli italiani (Castruccio e Zamboni) in virtù del fatto che la zona di Atene occupata dalle forze dell’Asse erano il controllo italiano. Ed è così venne organizzato il famoso “treno della salvezza”. «Quando ero bambino - ricorda Pergolizzi - vidi piangere soltanto una volta mia nonna, donna di forte carattere. Fu quando arrivò la notizia della morte di papa Giovanni XXIII. Forse è da allora che mi porto dentro una sorta di venerazione per lui. Da quell’istante in cui, tra le braccia di mia nonna, percepii anch’io qualcosa di straordinario che non ho mai dimenticato e forse è scolpito in questa mia personale passione per la figura di Roncalli. E tra le oltre seimila pagine che lui ha scritto viene fuori la spiritualità di una persona che è stata davvero un uomo di Dio, che sviluppa ancora oggi una luce ». Come dice il Gran Rabbino di Turchia Ishak Haleva che lo conobbe da bambino: «La sua immagine mi passa ancora davanti come quando lo vedevo con la sua borsa e io ero uno scolaro. Nel vederlo, non so, percepivo come una luce. Era un Angelo contro il diavolo che dominava il mondo. E a Istanbul la sua luce splende ancora».

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