domenica 2 ottobre 2022
Il capolavoro della basilica dei Frari torna visibile dopo un restauro complessivo durato 4 anni. Manieri Elia: «C'è dentro tutto il Tiziano del futuro». Caputo: «È un grande compendio di mariologia»
Particolare della pala dell'Assunta di Tiziano, conservata nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia, dopo il restauro

Particolare della pala dell'Assunta di Tiziano, conservata nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia, dopo il restauro - Matteo De Fina

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Era stata coperta nel 2018, in occasione dei 500 anni della sua collocazione nella chiesa. Verrà svelata martedì prossimo, in occasione dei 100 anni del ritorno dei francescani nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari dopo l’esilio seguito alle soppressioni napoleoniche. Dopo un complesso restauro durato quattro anni torna visibile l’Assunta di Tiziano, opera simbolo del Rinascimento veneziano. I lavori, finanziati interamente da Save Venice, sono stati eseguiti da Giulio Bono per la parte pittorica e Egidio Arlango per la cornice marmorea sotto la direzione del direttore delle Gallerie dell’Accadamia Giulio Manieri Elia e hanno visto coinvolti la comunità parrocchiale dei Frari guidata da padre Lino Pellanda, il Patriarcato di Venezia e la Soprintendenza lagunare. Tutti gli interventi sono stati eseguiti in situ per non sottoporre l’enorme dipinto, alto poco meno di sette metri e largo oltre tre metri e mezzo, a stress ambientali.

Dipinta tra il 1516 e il 1518, l’Assunta aveva subito un importante restauro attorno al 1816 quando venne portata in Accademia (sarebbe tornata in basilica nel 1919, con una “restituzione” inusuale, innovativa e ancora oggi rara) e poi ancora negli anni 70 del secolo scorso. Durante le due guerre mondiali era stata spostata per evitare che finisse sotto i bombardamenti. Ma, paradossalmente, i danni maggiori sono stati apportati da un monumentale organo Mascioni, costruito negli anni Venti del ’900 ancorato al retro della pala, costituita da venti assi di legno di pioppo bianco. «L’eliminazione dell’organo è stata una scelta impegnativa e dolorosa ma necessaria – spiega Manieri Elia –. Il retro della pala era inaccessibile, la cassa era una fonte di tarli e le potenti vibrazioni dell’organo mettevano in continua sollecitazione il dipinto. Per fortuna però la selezione del pioppo all’origine era stata molto accurata e ha garantito in generale una buona conservazione. Tiziano, che era montanaro, evidentemente sapeva scegliere il legno».

Il restauro ha interamente sanato i sollevamenti della pellicola pittorica e restituito la brillantezza del colore tizianesco, reso opaco dal tempo e dagli interventi. «La riacquisizione dei corretti rapporti cromatici – prosegue il direttore delle Gallerie dell’Accademia – riconsegna la giusta profondità di lettura. In particolare abbiamo recuperato la cromia originaria, che ha una timbrica acuta, specialmente del rosso, studiata da Tiziano per rispondere alla particolare collocazione della pala, in controluce rispetto alle finestre dell’abside». In generale ne risulta una completa leggibilità: «Basti pensare che non molto tempo fa uno studioso importante ha scritto una monografia dicendo che il sarcofago della Vergine non c’è. Invece c’è eccome: reca la firma di Tiziano e san Pietro ci è seduto sopra. Questo per dire come la percezione dell’opera, viste le condizioni conservative, non era ottimale».

La visione ravvicinata della tavola è stata «un’occasione per approcciarsi internamente al fare pittorico di Tiziano, scoprire le pennellate, la velocità e la capacità di controllo. L’impressione è che sia un’opera quasi integralmente autografa, nonostante l’enormità della superficie, a testimonianza di come Tiziano fosse conscio dell’importanza della commissione. Ma ciò che impressiona di più è che nonostante sia espressione di un artista trentenne, praticamente agli esordi, nell’Assunta ci sia già tutto il Tiziano del futuro».

Particolare della pala dell'Assunta di Tiziano, conservata nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia, dopo il restauro

Particolare della pala dell'Assunta di Tiziano, conservata nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia, dopo il restauro - Matteo De Fina

Il restauro ha interessato anche la cornice marmorea, rivelando dettagli sconosciuti come gli angeli ai lati dell’arco, di mano di Tiziano. «È un’esplosione di colore che va oltre la tavola ma investe tutta la macchina dell’altare», spiega don Gianmatteo Caputo, delegato patriarcale per i beni culturali: «Si esce così dal gusto ottocentesco che aveva spento tutto. L’Assunta oggi è una finestra di luce nel presbiterio, celebrazione del mistero di morte e risurrezione che dialoga con le statue e le sepolture che la circondano».

L’immagine di Tiziano, e quindi il suo recupero, ha un significato importante per la Serenissima: «Venezia è una città mariana, basti pensare che la tradizione la vuole fondata il 25 marzo 421, nel giorno dell’Annunciazione. L’Assunta è una summa di mariologia. Nella cappella accanto era già presente un’immagine dell’Immacolata, il cui culto è tipico e persino identitario della storia francescana. I “frari” nella pala di Tiziano hanno messo in rilievo le due definizioni di Maria, divenute poi dogmi. La centralità liturgica dell’immagine e la sua potenza hanno poi fatto sì che si radicasse nella tradizione, rilanciando e rifondando la devozione mariana a Venezia, in quel peculiare intreccio di sacro e civile che caratterizza la città».

La pala dell'Assunta di Tiziano nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia, dopo il restauro

La pala dell'Assunta di Tiziano nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia, dopo il restauro - Matteo De Fina

L’arte da sola infatti non basta per recuperare la storia di Venezia: «Ci si deve confrontare anche con il ruolo rivestito dalle figure di Maria e dei santi. La grande quantità di corpi di santi custoditi dalla città ci riconsegna la memoria della volontà di Venezia di rifondare la propria immagine su una forza cristiana. Allo stesso tempo sono una forma di ponte verso altre tradizioni che a Venezia si incontravano e vivevano. La centralità di Maria era un appiglio per chi apparteneva all’islam mentre è significativa la quantità inusuale di chiese, come San Giobbe o San Moisè, intitolate a santi della tradizione ebraica. È una tradizione aperta, tollerante, dialogante. Questo riferimento al passato e a Maria può essere un modo per guardare al futuro di Venezia».

C’è un lieto fine anche per l’organo Mascioni: «È stato donato a una parrocchia di Jesolo. Grazie ai contributi dell’8xmille spiega don Caputo - la diocesi ha potuto restaurarlo e rimontarlo. Così l’Assunta è stata liberata dal peso e dalle vibrazioni, e insieme è stata restituita vita liturgica allo strumento».

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