giovedì 21 dicembre 2023
Nel 1943 il rettore Francesco Bertoglio nascose ebrei, ufficiali italiani e antifascisti. Il 21 dicembre i criminali fascisti, poliziotti e le SS irruppero nonostante fosse area extraterritoriale
La cosiddetta banda Koch, ufficialmente “Reparto Speciale di Polizia Repubblicana”

La cosiddetta banda Koch, ufficialmente “Reparto Speciale di Polizia Repubblicana”

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Nei pressi della basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma, ha sede il Seminario Lombardo che ancora oggi accoglie sacerdoti che studiano provenienti per lo più dalle diocesi lombarde. Nel 1943, l’allora rettore, monsignor Francesco Bertoglio (Magenta, 15 febbraio 1900 – Milano, 6 luglio 1977; Giusto tra le Nazioni), venne autorizzato da papa Pio XII a dare rifugio a famiglie di ebrei, ufficiali italiani, studenti e sindacalisti antifascisti così da salvarli e sottrarli alla deportazione in Germania. Così, in questo collegio, trovò ospitalità una nutrita comunità che si aggirava intorno a centodieci persone. Per poterle nascondere, venne loro concesso di indossare la talare nera e rispettare un apposito regolamento, che vietava loro di andare in cortile e di allontanarsi senza autorizzazione, così come l’obbligo di rispettare gli orari stabiliti, di tenere le stanze in ordine e di evitare la presenza di oggetti o di comportamenti che potessero tradirne la laicità. Inoltre, vennero istituiti un apparato di vigilanza, che aveva la funzione di fare la ronda e segnalare qualsiasi minaccia, e un sistema di regole locali che avrebbe dovuto favorire la fuga in caso di incursioni. Per potersi salvare in caso di pericolo, qualche ebreo imparò l’Ave Maria e il Padre Nostro; alcuni degli “ospiti”, soprattutto quelli di origine ebraica, furono iscritti fra gli alunni del Seminario e all’Università Gregoriana. Venne escogitato un efficace stratagemma per garantire una certa sicurezza a tutti i rifugiati attraverso un impianto elettrico. Alla sera il campanello della strada veniva messo in comunicazione con il terzo e quarto piano. Così ognuno che suonava dalla strada dava subito l’allarme. In tre minuti tutti potevano già essere in rifugio.

Va tenuto presente che nel corso dei mesi dell’occupazione tedesca a Roma, l’accoglienza all’interno di varie istituzioni religiose dove vigeva il diritto di extraterritorialità, non conobbe riserve: numerosi ordini religiosi, sprezzanti del pericolo che correvano, si distinsero in questa opera di ospitalità a beneficio di quanti erano in cerca d’aiuto per sfuggire agli efferati rastrellamenti perpetrati dai nazifascisti. Bisogna tener conto che per chiunque nascondeva o prestava aiuto agli ebrei e agli antifascisti era prevista la pena di morte. Ciò nonostante, oltre ai Palazzi Apostolici, chiese, conventi, collegi e istituti ecclesiastici d’ogni genere, si prodigarono per offrire riparo a quegli sventurati che correvano il rischio di essere catturati dalle SS e spediti nei vari campi di concentramento. Proprio per scongiurare questo pericolo, il 25 ottobre 1943 la Segreteria di Stato della Santa Sede, mediante un’apposita circolare, trasmise a tutti i superiori un avviso, scritto in italiano e tedesco, firmato dal governatore militare di Roma, Rainer Stahel, da affiggere nell’atrio soltanto in caso di emergenza, in cui si dichiarava il fatto che l’edificio serviva a scopi religiosi ed era alle dirette dipendenze dello Stato della Città del Vaticano. Pertanto, erano interdette qualsiasi perquisizione e requisizione. Di conseguenza nessuna autorità si sognava di violare un luogo sacro per non compromettere ulteriormente i rapporti con la gerarchia vaticana e con la popolazione romana, nella quale già serpeggiava un certo malcontento soprattutto dopo gli spietati rastrellamenti del ghetto ebraico. L’extraterritorialità del Seminario Lombardo venne violata alla vigilia del Natale 1943, quando nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 1943, intorno alle 22, la banda guidata dal giovane Pietro Koch, insieme ai poliziotti italiani, fece irruzione improvvisamente all’interno degli edifici del Seminario Lombardo, del Pontificio Istituto di Studi Orientali e del Collegio Russicum, in prossimità della basilica di Santa Maria Maggiore.

Alle ore 21.50 un tedesco bussò e venne ad aprirgli un religioso che riuscì a fare opposizione e un po’ di chiasso e così che fu possibile dare l’allarme nella casa. Il famigerato Koch, il "genio" nero di tutte le rappresaglie repubblichine, volle entrare e rovistare da cima a fondo. Il rettore gli ricordò che il Seminario era proprietà della Santa Sede e mostrò loro il documento firmato dal generale Stahel in cui era severamente proibito l’accesso al Seminario ai tedeschi. Nel frattempo era già scattato l’allarme e, come concordato in casi d’emergenza, la maggior parte degli ebrei ospitati nelle camere del quarto piano, aveva precipitosamente raggiunto le cantine dove era stato allestito un rifugio segreto, rimanendovi nascosti fino alle 7 del mattino successivo, quando finalmente la banda di Koch e le SS lasciarono il Seminario Lombardo. Venne perlustrato da cima a fondo tutto l’edificio mostrando di sapere perfettamente dove si annidavano le persone che c’erano. Difatti appena giunti al terzo piano, entrarono nella stanza dove erano sicuri di trovare i sedicenti don Pietro Nardelli, alias dottor Paolo Navone, impiegato del Ministero scambi e valute e don Macchi, in realtà il professor Giuseppe Mira, maggiore dell’esercito. Questi riuscì prima a nascondersi sotto il grande tavolo del refettorio e poi nella cappella delle suore, che ascoltavano la Messa nascondendosi dietro l’altare.

Nel frattempo anche un sacerdote, senza farsi notare si introdusse nello studio del rettore per contattare la Segreteria di Stato e riferire al sostituto Montini le scene strazianti che si stavano verificando nel Seminario Lombardo. Appena appresa la notizia dell’irruzione dei nazifascisti al comando di Pietro Koch, il mattino seguente la Santa Sede protestò con il comando tedesco. Così, anche il rettore del Seminario Lombardo, nel giro di poche ore fu rilasciato.

Alla fine il bilancio di quest’operazione si rivelò comunque drammatico e pesante: furono tratti in arresto 16 persone, tra cui figuravano anche alcuni ebrei, i quali furono deportati prima nel campo di Fossoli e poi nel lager di Auschwitz. Soltanto quando giunsero in questura, Koch e i suoi uomini tuttavia si accorsero che mancavano proprio i due esponenti dell’esercito: il maggiore Mira e il colonnello Carlo Maraschi. Tornarono indietro ma l’auto si ruppe nel tragitto e i due militari antifascisti riuscirono a salvarsi.

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