mercoledì 18 gennaio 2017
A 10 anni dalla morte del fondatore della comunità di Emmaus, la sua biografia intellettuale affascina. L'intreccio con i tanti grandi del Novecento, da Schuman a Maritain e Câmara
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Ha attraversato il Secolo breve. Ha girato il mondo (uno dei suoi sogni era fare il marinaio, oltre al brigante e al santo: «Sono riuscito a diventare un po’ di tutto questo», confidò) in nome dei poveri, seguendo il motto: «Servire per primo il più sofferente». Ha incrociato moltissimi tra i potenti e i famosi della nostra epoca, lui che (nel suo Testamento, Piemme) ebbe a scrivere: «Se volete augurare una disgrazia ad un nemico, augurategli di diventare famoso!». Del resto dal 1989 al 2003 per 17 volte venne riconosciuto il personaggio più amato dai francesi, secondo il “Journal du Dimanche”. A dieci anni dalla morte (22 gennaio 2007) dell’abbé Pierre (al secolo Henri Grouès) si potrebbero dire molte cose. Vale la pena ripercorrerne la vita attraverso le tantissime personalità (tra le più diverse) che hanno avuto a che fare con questo frate cappuccino diventato paladino contro ogni ingiustizia e miseria. Il quale sapeva anche essere pugnace in alcune sue polemiche. Gli “amici”, dunque, dell’Abbé.

Quelli della prima ora, da deputato all’Assemblea nazionale. Di Robert Schuman, padre dell’Europa unita, il fondatore di Emmaus aveva una devozione unica: «È arrivato in Parlamento quand’era un giovane avvocato. In quarant’anni di vita politica, non si è arricchito di un centesimo. La sua unica ricchezza era un’eccezionale biblioteca franco-tedesca». Di vera e propria amicizia si può parlare con Christophe Lebreton, uno dei monaci martiri di Tibhirine, in Algeria. In gioventù era stato membro di Emmaus. Mentre è alla ricerca della sua definitiva vocazione, nel 1981 va dall’abbé Pierre a Esteville per «meglio impostare – scriverà – il mio cammino di preghiera dalla parte dei deboli e dalla parte dell’Emanuele». Un’altra amicizia, un altro legame (e che legame!) coinvolge l’abbé e Tibhirine. È quello con l’attore Lambert Wilson, che interpreta il frate di Emmaus nel celebre film Inverno 1954 (la rievocazione dell’“insurrezione della bontà” a Parigi per affrontare quel gelido inverno e aiutare i senza casa).


«Tra il prete e l’attore nascerà una forte amicizia. Poco a poco per Wilson si delinea un cammino di fede. L’attore passa “dalle nebbie del dubbio e dell’angoscia a questa meravigliosa sensazione chiamata Gioia”», scrive Denis Lefèvre nella biografia Tutte le sfide dell’abbé Pierre.Vita del fondatore di Emmaus( Emi). Infatti sarà proprio l’abbé a battezzare («con un pezzo di latta, è stato straordinario ») l’attore che impersonerà poi il priore di Tibhirine, Christian de Chergé, nel film Uomini di Dio di Xavier Beauvois. Un altro rapporto che segnerà l’esistenza dell’abbé Pierre sarà quella con l’arcivescovo di Recife, Hélder Câmara, una delle voci più significative della Chiesa latino-americana del Novecento. Quando quest’ultimo era ancora ausiliare a Rio de Janeiro nel 1959, per il loro primo incontro l’abbé dormì all’aperto, sotto la statua del Cristo del Corcovado, pur di non far tardi a quel faccia a faccia che considerava preziosissimo. E da lì nacque un sodalizio che portò Emmaus a impiantarsi in Brasile.


Anche Oltremanica l’abbé poteva contare su fidati confidenti. Nel 1955 visita gli Stati Uniti su invito dell’amico filosofo Jacques Maritain. In quella sede compie diversi incontri con Dorothy Day, la pasionaria cattolica di New York attenta ai problemi sociali. Nel 1959 ha il suo primo incontro con Madre Teresa a Calcutta. E il suo racconto lascia trasparire tutta la sua ammirazione per la “matita di Dio”: «Da quando sono in questa casa della morte, le suore di Madre Teresa hanno salvato metà di coloro che erano già dati per spacciati, li hanno guariti, li hanno rimessi in vita». Ci sono poi i 'vip' della cultura e della società con i quali l’abbé ha avuto a che fare. Oppure che si sono occupati di lui. Come il contatto con il giovane Paul Virilio, in seguito celebre filosofo della tecnica, che a 20 anni incrocia il giovane abbé dopo la guerra.


È anche il caso di Roland Barthes, noto critico letterario, che vergò alcune osservazioni ficcanti sulla “mediaticità” del frate di Emmaus nelle sue Mythologies: «Non si porta la barba a caso, tra i preti; la barba è caratteristica soprattutto del missionario, del cappuccino, può significare solo apostolato e povertà; distingue un po’ chi la porta dal clero secolare; i preti glabri sono ritenuti più temporali, i barbuti più evangelici; l’orribile Frollo [di Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, ndr] era rasato, il padre de Foucald barbuto». E ancora: l’ex giocatore di calcio Eric Cantona si presterà a fare il volontario per Emmaus; il caricaturista Cabu, una delle vittime della strage di “Charlie Hebdo”, era un ritrattista incallito dell’abbé, lo considerava «una delizia sul piano grafico, il sogno di ogni vignettista ». Al prete degli straccivendoli si “inchinò” perfino Charlie Chaplin quando – a seguito del suo famoso appello radiofonico nell’inverno del ’54 – consegnerà un milione di franchi (la metà del premio per la Pace): «Non li regalo, li restituisco. Appartengono al vagabondo che sono stato e che ho incarnato». Proprio di quell’appello alla radio parlarono in maniera entusiastica gli scrittori François Mauriac e Gilbert Cesbron.

Il filosofo marxista Pierre Bourdieu – con il quale fu in tv il 19 aprile 1993 – non gli lesina i complimenti: «Ha una vera forza morale ». L’attore comico Coluche (fondatore dei Restos du Coeur, una sorta di banco alimentare) cerca di collaborare con lui all’insegna di un motto preciso: «Non erano della stessa sponda, ma cercavano lo stesso porto». Un’amicizia tutta particolare (perfino pericolosa) fu quella dell’abbé con il filosofo marxista Roger Garaudy, sostenitore anche di tesi negazioniste. Inizialmente l’abbé Pierre lo difese dalle violentissime critiche che gli piovvero addosso per il libro I miti fondatori della politica israeliana. In seguito il cappuccino dei poveri seppe ammettere pubblicamente di essersi sbagliato in nome di un’amicizia vera. E infine. Non mancarono le personalità con cui l’abbé non trovò sintonia o con cui polemizzò. Ad esempio, con padre Joseph Wresinski (fondatore dell’associazione Atd Quarto Mondo). Annota Lefèvre: «Ci sono state delle incomprensioni e i due non si sono mai veramente incontrati». Con Albert Camus il padre ebbe un rapporto ambiguo: il filosofo lo loda in un pezzo sul suo “Combat” quando afferma, parlando di lui: «Ne abbiamo abbastanza di essere i sostenitori di cause più piccole della dimensione dell’universo». Ma per l’abbé Pierre l’autore de La peste merita il giudizio (un po’ più sfumato) che riserva a Jean-Paul Sartre: «Non ha mai scoperto la speranza. Perciò è rimasto come Sartre, in maniera diversa, certo, ma come lui, uno che risveglia l’assurdo». Invece è per il filosofo della Nausea e per Simone de Beauvoir il giudizio più tagliente: «Sono stati maestri della disperazione».

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