giovedì 28 febbraio 2013
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Fino a ieri il sogno più inseguito dalla “meglio gioventù” italica (appoggiata dall’ambizione sfrenata dei genitori) era quello di diventare un calciatore professionista e di seguire la scia delle comete luminose e milionarie, Alessandro Del Piero o Francesco Totti.Oggi invece, magari frenata da limiti tecnici e dalla dura realtà dell’«1 su un milione ce la fa» ad arrivare al professionismo, quella “meglio gioventù” insegue un altro miraggio: fare l’agente dei calciatori. Nuovo punto di riferimento così è diventato l’ex pizzaiolo di Amsterdam, l’agentissimo Mino Raiola, il quale secondo la letteratura diffusa del barsport guadagnerebbe «quanto, se non di più» dei suoi assistiti di punta: Ibrahimovic e Balotelli. «A scanso di equivoci e di inutili illusioni, sarà bene spazzare subito via certe leggende metropolitane e spiegare che l’agente dei calciatori è come tutti gli altri mestieri: c’è chi guadagna cifre importanti come Raiola e chi invece fa fatica a stare al passo all’interno di un mercato fortemente concorrenziale come quello del calcio. Perciò agli inizi, per svolgere questa attività, oltre a un investimento di partenza, è bene avere anche un’altra professione alle spalle che faccia da salvagente». È il consiglio spassionato di Jean-Christophe Cataliotti, 41 anni, avvocato, agente Fifa e consulente di calciomercato per molti club italiani e stranieri, che nei suoi corsi, a Reggio Emilia, forma aspiranti agenti di calcio. Con il giornalista Luca Talotta, Cataliotti ha appena dato alle stampe una piccola “bibbia” settoriale: I segreti dell’agente dei calciatori (Mursia), in cui si passano in rassegna tutti gli aspetti di una professione «giovane» che ha avuto i suoi antesignani nei vecchi procuratori Caliendo, Canovi e Branchini, ma che di fatto esiste da appena un decennio.«La regolamentazione da parte della Federcalcio della figura dell’agente, che di fatto ha sostituito quella del procuratore, è avvenuta solo nel 2001, cambiando radicalmente la professione che oggi conta circa 950 iscritti all’albo della Figc». L’Italia ha il primato europeo per numero di agenti, quasi il doppio rispetto all’Inghilterra (497) e a Brasile e Argentina messi assieme che ne registrano rispettivamente 333 e 217. Con la nuova regolamentazione, oltre che nel nostro Paese l’agente opera a livello internazionale sotto l’egida della Fifa. Ma per diventare agente Fifa, non basta più essere degli improvvisatori, ma si deve per forza passare per le forche caudine di un esame che è diventato sempre più ostico da superare.«Si accede con diploma di scuola media superiore e l’esame prevede 20 test a risposta multipla su nozioni di Diritto calcistico - spiega l’avvocato Cataliotti - . Nell’ultima sessione (ce ne sono due l’anno aprile-settembre nel 2013) su una media di 700-800 candidati solo il 4% è riuscito ad ottenere l’abilitazione e in genere il numero dei promossi è di circa il 20%». Ma una volta passato lo scoglio dell’esame e si è diventati agenti di calcio, non è tutto oro quello che luccica nell’eden del pallone. «La precarietà e la crisi ha colpito anche questo mondo, perciò il mestiere dell’agente è uno di quelli che va continuamente reinventato - prosegue l’avvocato Cataliotti - . Per farlo occorre senso etico, estrema professionalità e conoscenza della materia giuridico sportiva. Massima disponibilità con tutti gli addetti ai lavori e uno spirito di sacrificio che vuol dire tenere aperto il proprio ufficio - alias il cellulare - h24 e vivere sempre con la valigia pronta, magari anche il giorno di Natale…». Nel libro di Cataliotti e Talotta, l’agente Federico Pastorello racconta di 108 aerei presi in un anno. «La prima cosa che deve viaggiare però è la mente e la fantasia. Cercare di intuire in anticipo sui tempi le potenzialità di un nuovo mercato lontano o investire in un giacimento di talenti come quello della Croazia, anche se ancora lì si tratta di calciatori extracomunitari, ma si deve lavorare in prospettiva, ragionando sul fatto che in un futuro, neppure troppo distante, quel Paese verrà riconosciuto dalla Ue». Dritte fondamentali, tracciate sulla base di esperienze dirette, mai come in questo caso fatte sul campo, e raccolte dalla voce dei 10 agenti intervistati. Tra questi non figura il “Re” Raiola, «perché è iscritto all’albo degli agenti olandesi», ma spiccano protagonisti di primo piano. «A volte un solo grande giocatore può fare la fortuna dell’agente», sottolinea l’avvocato Cataliotti. Basti pensare a Claudio Vigorelli che cura gli interessi del calciatore più pagato al mondo, Samuel Eto’o (contratto da 20 milioni di euro con l’Anzhi). Davide Lippi ha una sua scuderia con una ventina di giocatori importanti. Ci sono poi gli agenti che fanno della tradizione di famiglia il loro marchio di garanzia, come il saggio Giovanni Branchini e i più giovani Andrea D’Amico e Pastorello. E come esiste il talento in campo, c’è anche tra chi li assiste. «Il più giovane e affermato, in questo momento è il 36enne Patrick Bastianelli che un giorno a Lumezzane ha avuto la fortuna di imbattersi in un 15enne di nome Mario Balotelli e lo ha segnalato all’Inter. Da allora è cominciata la sua rapida ascesa, nella quale ha pesato molto una laurea in Economia. Il monito che si dà ai giovani calciatori, vale anche per i giovani agenti: prima di tutto studiate e imparate più lingue possibili che sono fondamentali per trattare gli interessi di professionisti che arrivano da tutte le parti del mondo». Non si vive di solo calcio e infatti tra i 10 agenti selezionati nel libro figurano solo due ex calciatori: Giuseppe Accardi (che riuscì a piazzare Ciccio Grabbi dalla Ternana agli inglesi del Blackburn per 22 miliardi di vecchie lire) e la bandiera della Lazio Lionello Manfredonia. «Essere stato un calciatore non sempre aiuta. Un agente di successo è quello che riesce a stabilire delle relazioni durature e vantaggiose con le società, ancor prima che con il calciatore che assiste».Intanto si abbassa l’età per chiedere l’assistenza dell’agente. «La norma parla di 16 anni, con mandato in forma di scrittura privata firmato dai genitori del ragazzo, ma spesso ce li affidano anche prima. Le nuove normative internazionali comunque vigilano adeguatamente e la piaga della “tratta del talento” si è quasi del tutto rimarginata».
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