venerdì 23 settembre 2022
L’intervento dell’artista nella chiesa del Fopponino, progettata da Gio Ponti, mette a fuoco il problema del rapporto tra arte e fede, superando il piano narrativo o simbolico
Particolare di una vetrata di Leonardo Nava, premiato con il “Premio Speciale Montale Fuori di Casa”

Particolare di una vetrata di Leonardo Nava, premiato con il “Premio Speciale Montale Fuori di Casa” - -

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Anticipiamo una sintesi dell’intervento che Andrea Dall’Asta terrà domani 24 settembre (ore 16.30) nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Milano in occasione della consegna a Leonardo Nava del “Premio Speciale Montale Fuori di Casa”. Saranno presenti anche Serafino Marazzini, Flavio Caroli e Marco Garzonio.

Da molti decenni ormai si parla in ambito ecclesiale italiano del dialogo tra arte e fede, del desiderio di elaborare e di sperimentare nuovi linguaggi e nuovi simboli. Tuttavia, se guardiamo al panorama degli interventi nelle chiese dal Concilio Vaticano II, che cosa è realmente accaduto? In tutti questi anni abbiamo assistito a proclami, esortazioni, invocazioni, dichiarazione d’intenti… Tranne pochi casi isolati, da allora la situazione non sembra molto mutata. Viviamo purtroppo in una sorta di impasse “creativa”, per cui il gesto invocato a creare immagini cultuali appare impacciato, disorientato. Il mondo dell’immagine si presenta svuotato della sua potenza simbolica. Troppo spesso, si dimentica che la riflessione sull’arte sacra contemporanea non è semplicemente un fatto di gusto estetico o un problema stilistico, ma è rivolta a comprendere le modalità con le quali la comunità credente vive l’esperienza di Dio, celebra i propri riti. L’immagine rivela un’esperienza di fede, non si riduce mai a una semplice catechesi, tantomeno esprime solo un contenuto narrativo da decodificare. In questo contesto, la recente realizzazione del ciclo di vetrate dei sei giorni della creazione dal tratte dal racconto biblico della Genesi nella chiesa di San Francesco al Fopponino a Milano a opera di Leonardo Nava appare come uno tra gli esempi meglio riusciti. Artista milanese formatosi all’ISA di Monza e al Politecnico di Milano, crea installazioni ambientali site specific, caratterizzate da una costante attenzione alla materia, al rapporto con l’ambiente. Non sorprende, dunque, che Nava lavori il vetro come una materia della scultura. In questo senso, non dipinge sul vetro, ma realizza vere e proprie sculture colorate. Le vetrate rimandano a un mondo antico, pensiamo solo all’arte gotica. Questi immensi “affreschi di vetro” simulavano i riflessi della luce divina che filtra dalle fronde degli alberi illuminando in questo modo l’interno della chiesa con una festosa luminosità colorata. La vetrata era caratterizzata da una molteplicità di “pezzi”, progettati e poi assemblati in modo da creare un racconto figurato. La chiesa di San Francesco non è uno spazio antico, ma una chiesa moderna progettata dal grande architetto Gio Ponti, in cui Nava cerca di inserirsi in modo coerente, discreto, mettendosi al servizio della luminosità dello spazio. Con tecniche contemporanee che permettono di superare la tradizionale piombatura, Nava riflette su un racconto specifico: i sei giorni della creazione. Oggi, troppo spesso si considera il soggetto da seguire come un limite o un’imposizione. In realtà, l’artista crea una narrazione che trascende i limiti di una facile descrizione, per farci vivere l’esperienza stessa dei sei giorni, partendo dalla trasformazione della materia. In Genesi, la creazione consiste infatti nel passaggio da un magma indistinto e indifferenziato a un’articolazione e a una gerarchizzazione di forme colorate. Partendo da questo assunto biblico, sfruttando le potenzialità espressive della materia, Nava tratta il vetro come un materiale magmatico, chiamato ad accogliere forme e colori come il rosso, l’azzurro il giallo... Anzi, l’approccio artistico dell’artista che affida al mistero insondabile e imprevedibile che si imprime nella fisica della materia intende ispirarsi a quanto “accadde” alle origini stesse della nascita della vita. Senza cadere in una facile descrizione, Nava suggerisce la meraviglia e lo stupore del sorgere della creazione. Come ha scritto Marco Meneguzzo, qui «non si narra la Genesi, ma si vede la Genesi». Non c’è dunque una descrizione narrativa ma il venire alla luce delle forme e dei colori, della vita stessa. Dio affida all’uomo il compito di prolungare con le sue mani la genesi della creazione, affinché questa diventi “Gloria”.

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