mercoledì 3 gennaio 2024
Procede la pubblicazione dell’Archivio della Nunziatura apostolica in Italia con gli anni 1953-58: il filo è diretto e la sintonia è forte, ma la politica italiana si dimostra autonoma e laica
Villa Giorgina, sede della Nunziatura apostolica in Italia, a Roma

Villa Giorgina, sede della Nunziatura apostolica in Italia, a Roma - Ansa

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La pubblicazione, curata da Giovanni Castaldo, del terzo volume dell’Inventario dell’Archivio della nunziatura apostolica in Italia, concernente gli anni 1953-1958, completa l’opera intrapresa con la pubblicazione dei due volumi precedenti relativi, rispettivamente, agli anni 1929-1939 e 1939-1953. Come nei due volumi precedenti sono molte le informazioni riportate in questa guida preziosa per la consultazione dell’Archivio della Nunziature in Italia nei cruciali anni Cinquanta.

Rispetto ai due volumi precedenti, cambia il principale protagonista: dal 1929 al 1953, infatti, era stato nunzio in Italia monsignor Francesco Borgongini Duca, poi divenuto cardinale. Dal 1953, invece, a ricoprire questa carica è stato monsignor Giuseppe Fietta, già nunzio in Argentina dopo esserlo stato in vari altri Paesi dell’America Centrale. Come il predecessore, anche monsignor Fietta si è trovato al centro di una fitta rete di contatti tra la Santa Sede – a sua volta spesso portatrice di istanze che venivano dalla Chiesa in Italia – e le autorità italiane. Il suo profilo fu diverso da quello di Borgongini Duca che era già nunzio da quasi quindici anni quando crollò il fascismo e i nuovi leader politici italiani cominciarono a muovere i primi passi. Figura nota e autorevole aveva interlocuzioni con personalità come De Gasperi e altri leaders cattolici saliti ad alte cariche di governo.

Il ruolo di monsignor Fietta è stato diverso, i documenti mostrano che egli costituiva soprattutto il tramite delle sollecitazioni che gli venivano da monsignor Tardini o da monsignor Montini e che egli passava agli uffici di ministri o di sottosegretari, comunicando poi alla Segreteria di Stato le risposte ricevute. Ma in alcuni casi, il nunzio aveva un’interlocuzione diretta con i vertici, come nel caso di Andreotti a lungo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Molto spesso queste comunicazioni riguardavano problemi concernenti diocesi, parrocchie o istituti religiosi. Numerose erano inoltre le segnalazioni di questioni particolari - il nunzio interviene anche per impedire che Ambrogio Donini salga sulla cattedra di Storia del cristianesimo che era stata di Ernesto Buonaiuti - e le raccomandazioni per un avanzamento di carriera o per un trasferimento. Ma molte erano anche le richieste di intervento per situazioni di povertà o di grave difficoltà, come quella riguardante l’Istituto San Michele a Roma, che ospitava famiglie poverissime in condizioni gravemente disagiate. In molti di questi casi l’iniziativa veniva da monsignor Montini a cui si devono anche segnalazioni di problemi più generali, come quello riguardante l’incremento demografico nella città di Roma, presumibilmente in riferimento alle condizioni di vita della popolazione più povera nelle periferie. Anche le iniziative di La Pira a favore della Pignone, portate a conoscenza del Santo Padre, vennero segnalate al nunzio e monsignor Fietta assicurò che il ministro dell’Interno e lo stesso presidente del Consiglio si stavano «adoperando con uno zelo che qualcuno considera eccessivo». Tra le pieghe di tali richieste emergono anche aspetti poco noti dell’Italia degli anni Cinquanta, come la presenza, in un piccolo centro in provincia di Lucca, di venticinque famiglie lebbrose di cui si prendevano cura le Suore Dorotee.

Durante la nunziatura Fietta i rapporti tra le due sponde del Tevere furono buoni e intensi. In Vaticano si seguirono con preoccupazione e contrarietà i passi verso l’apertura ai socialisti e il centro-sinistra. Fietta si mosse attivamente su questa linea, intessendo contatti con politici contrari a tale evoluzione. Spesso Tardini faceva sapere al nunzio che le informazioni sulla politica italiana da lui trasmesse erano state «portate alla conoscenza del Sommo Pontefice». Ma non sempre le posizioni coincidevano. È il caso di molte richieste concernenti i comunisti e, soprattutto, i protestanti, riguardo ai quali erano numerose le richieste vaticane di intervenire per impedirne azioni di propaganda e attività proselitistiche. Da parte di uomini della Dc si sottolineava che intervenire in questi casi non era «semplice» perché «la Costituzione è estremamente liberale nel riconoscere a tutte le confessioni libertà di culto, riunione e propaganda» e che, se un comune aveva concesso il permesso di costruire un tempio metodista o un altro luogo di culto, né il ministro dell’Interno né il prefetto avevano potere di intervenire. In alcuni casi c’era anche il rischio di complicazioni internazionali: dagli Stati Uniti si seguivano ad esempio con attenzione i provvedimenti italiani contro la Chiesa di Cristo. Colpisce che anche Fanfani fosse tra quanti si applicarono per il rispetto dei diritti dei protestanti.

Notizie interessanti, come sottolinea Francesco Malgeri nell’Introduzione, riguardano i rapporti tra la S. Sede e l’Unione sovietica, di cui ha parlato Andrea Riccardi in Il Vaticano e Mosca. Monsignor Fietta - tenuto al corrente delle iniziative sovietiche in Italia dal servizio segreto italiano, il Sifar, che gli segnalò anche un incontro tra La Pira e l’ambasciatore Bogomolov – ricevette un’inattesa richiesta di incontro da quest’ultimo nel giugno 1956. Fu il primo segnale di una svolta della diplomazia sovietica nei confronti della S. Sede, che si delineò dopo il rapporto Chrušcëv al XX Congresso sulle colpe di Stalin. Per Tardini tali approcci miravano a influire sull’Italia e su altri Paesi occidentali e le carte della Nunziatura sembrano confermarlo, perché nel mese di luglio di quell’anno il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, venne invitato a visitare l’Urss, ma oppose un rifiuto motivandolo con la contrarietà della Chiesa cattolica.

Malgrado l’assenza di fiducia nei dirigenti sovietici, la S. Sede non lasciò cadere il passo diplomatico di Mosca, gradì la comunicazione che il nuovo ambasciatore le fece arrivare della sua nomina presso lo Stato italiano e accettò che Fietta lo ricevesse. «L’incontro – scrive quest’ultimo – fu prettamente protocollare e piuttosto freddo», ma comunque ci fu e costituì l’inizio di una serie di comunicazioni che l’Urss fece arrivare in Vaticano sul disarmo, sulla questione di Suez e su altri temi di politica internazionale, cercando di far leva sulla preoccupazione per la pace nel mondo espressa da Pio XII e dai suoi collaboratori. Si prefigurò così alla lontana quell’Ostpolitik che la S. Sede avrebbe sviluppato con i Paesi comunisti. La Segreteria di Stato invece trasmise a Fietta le sollecitazioni che venivano dalla Chiesa tedesca a interessarsi di criminali di guerra nazisti rinchiusi in carceri italiane, in particolare Walter Reder, autore della strage di Marzabotto, e Herbert Kappler, responsabile della strage delle Fosse Ardeatine. Ma «il clima politico italiano era tutt’altro che favorevole» a gesti di clemenza e si ha l’impressione che anche i cattolici con responsabilità di governo non lo fossero: è forse il terreno su cui emerge la maggiore distanza tra S. Sede e Dc.

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