sabato 21 novembre 2015
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Numeri, frazioni, frequenze, risonanze, microchip. La musica è un’arte o una scienza? Viene da chiederselo se si pensa a quanto la matematica, la fisica, persino la fisiologia e la psicologia della percezione siano parte integrante del linguaggio universale delle note. Certo, il genio dei compositori, i virtuosismi degli esecutori, l’abilità dei liutai e l’orecchio “inflessibile” dei loggionisti dicono che una partitura è prima di tutto un’opera della creatività e una «meraviglia», come l’ha definita Benedetto XVI. «Il legame fra teoria musicale e conoscenza scientifica si presenta come un affascinante dialogo tra due saperi che nel corso dei secoli si consolidano separatamente ma al tempo stesso si collegano in modo sempre più stretto», sostiene il fisico Gianni Zanarini. Docente di scienza e arte all’Università Bicocca di Milano e autore di numerosi saggi di musicologia, ha dedicato alle affinità elettive fra musica e scienza il suo ultimo libro Invenzioni a due voci( Carocci; pp. 186; euro 14). Un titolo che si ispira alla raccolta di composizioni per clavicembalo di Johann Sebastian Bach e che racconta «incontri e scontri» fra questi due “mondi”. Professore, allora la musica è una scienza? «Direi che è opportuno rispondere in termini storici. Fino al Rinascimento la musica rientra nel quadrivium delle discipline scientifiche insieme con l’aritmetica, la geometrica e l’astronomia. Quindi è scienza a pieno titolo. Oggi ci possiamo chiedere perché sia stata classificata così. Occorre tornare a Pitagora e a quella sua idea – che non ha cessato di essere presente nella cultura occidentale fino ai giorni nostri – secondo cui la struttura del mondo è di per sé matematica. E anche la musica permette di comprenderla. A detta del filosofo greco, due corde suonano bene insieme quando i rapporti di lunghezza sono formati dai primi quattro numeri la cui somma è dieci. Su queste basi sono state create le scale musicali e sono stati costruiti gli strumenti. Rapporti che, per Pitagora, esprimono la bellezza del mondo». E anche del cielo. La musica abbraccia persino l’astronomia. Nell’antica Grecia alcuni strumenti musicali hanno sette corde, quanto gli astri. «Già Platone asserisce che esiste un canto dell’universo. Anche il pensiero cristiano adotta questa visione. San Giovanni Crisostomo sottolinea che la musica è stata inventata in cielo; sant’Agostino scrive che i “numeri sonori” possono diventare un “intreccio gioioso di cifre celesti”. E il filosofo martire san Severino Boezio evidenzia che la musica è una chiave essenziale per interpretare l’armonia segreta di Dio e del mondo. Sarà, poi, Keplero a dirsi convinto che l’armonia celeste abbia realmente una dimensione musicale tanto che, quando ipotizza la “legge armonica” sul moto dei pianeti, si convince della sua verità per ragioni musicali». Lo storico della scienza Stillman Drake ritiene che la scienza moderna è nata dalla musica. Un’affermazione azzardata? «Sono parole che hanno una loro verità. La rivoluzione scientifica è figlia di Galileo Galilei che, con il padre Vincenzo, liutista e teorico musicale, studia le corde vibranti scoprendo che i rapporti pitagorici, fino ad allora ritenuti come manifestazione non ulteriormente sondabile della semplicità matematica del mondo, possano essere riferiti alle frequenze delle corde in “movimento”. Questo approccio dà un significato completamento nuovo e più materiale alla musica che diventa oggetto di osservazioni perché retta dalle leggi della fisica». A proposito di numeri, la musica ci va a nozze. Nel Settecento Leibniz annota che è «un esercizio inconscio di matematica della nostra mente ignara dei propri calcoli». «I numeri hanno un peso rilevantissimo nella musica a partire proprio da Pitagora. Persino nelle composizioni: pensiamo ad alcuni maestri che hanno utilizzano i rapporti della sezione aurea. Dopo la rivoluzione galileiana il legame fra musica e matematica viene integrato da una nuova scienza, l’acustica, che ha per padre il frate minimo francese Marin Mersenne. All’inizio del Seicento il religioso si accorge che i suoni musicali hanno una struttura interna, quella cosiddetta degli armonici, descrivibile matematicamente». Di fatto l’acustica cambia la prospettiva. «Da questa scienza deriva una delle principali invenzioni contemporanee in ambito musicale: l’armonia. Il compositore Jean-Philippe Rameau rivela che essa affonda le sue radici nell’acustica. Ciò porta ad affermare che le scale musicali sono una costruzione culturale ma a partire da un fondamento scientifico». La musica è questione di orecchio. Però anche qui entra in ballo la conoscenza scientifica. «La psicologia della percezione gioco un ruolo di primo piano ed è stata studiata per la prima volta da Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz, scienziato e musicista dell’Ottocento. Grazie a questa branca del sapere viene alla luce che è la mente a riunificare le frequenze che compongono un singolo suono e a elaborare il timbro. Timbro che non è una banale immagine di ciò che c’è nel mondo ma una ricostruzione “umana”, a volte addirittura una creazione. La musica ha utilizzato questa capacità. Già nel Barocco un singolo flauto poteva apparire come uno strumento polifonico. Perciò la musica non è “scritta” solo dal compositore e dall’esecutore, ma anche dall’ascoltatore. Inoltre la neurologia aiuta a spiegare come esista un rapporto fra melodie ed emozioni». Con l’avvento dell’elettronica si può contare su liuterie virtuali e suoni inauditi. «In realtà, già dalla seconda metà dell’Ottocento, Richard Wagner e Claude Debussy rompono gli schemi proponendo nuove frontiere sonore. Poi il compositore austro- statunitense di musica atonale, Arnold Schönberg, teorizzerà che si può scrivere musica anche senza ricorrere alle convenzioni dell’armonia e cioè guardando ai timbri degli strumenti musicali. Una concezione che si tradurrà nel sempre più spinto impiego delle percussioni, gran parte delle quali non hanno un’altezza musicale definita, e che si svilupperà ulteriormente quando la tecnologia permetterà di introdurre nelle partiture suoni artificiali o registrazioni di “rumori”». Di fatto l’evoluzione della scienza e della tecnica ha trasformato la musica. Che cosa c’è da aspettarsi?«Negli ultimi decenni la scienza ha offerto al compositore una libertà che non era mai stata così ampia. E all’ascoltatore ha consentito di sentire brani ovunque e in qualsiasi momento, soprattutto grazie a internet. Ecco perché sarei curioso di sapere se in futuro la musica verrà ancora eseguita nelle sale da concerto o se avremo soltanto i grandi raduni che oggi entusiasmano i giovani. Di sicuro, comunque, questa straordinaria arte resterà». Per i Padri della Chiesa era un «gioioso intreccio di numeri celesti» e Keplero ipotizzava l’esistenza di una «legge armonica» nel cosmo: Leibniz scomodò addirittura l’«inconscio matematico» e l’acustica aprirà nuove frontiere sonore che arrivano fino all’elettronica
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