lunedì 24 luglio 2023
Aveva 87 anni. Dopo le ricerche sul campo in Africa si è dedicato allo studio dei rituali consumistici nella quotidianità occidentale, mettendo al centro metrò, autogrill, centri commerciali
L’antropologo Marc Augé (1935-2023)

L’antropologo Marc Augé (1935-2023) - WikiCommons

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Alzi la mano chi di fronte a un parcheggio solitario o dentro un centro commerciale nel quale le persone passano anonime una accanto all’altra ha esclamato “questo è un non-luogo”. Consapevole o no, deve questa espressione all’antropologo, scrittore e filosofo francese Marc Augé, scomparso nella nottre tra domenica e lunedì a 87 anni. L'annuncio della scomparsa è stato dato da Romain Huret, presidente dell'École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, dove Augé ha svolto tutta la carriera accademica e che ha diretto dal 1985 al 1995.


Nato a Poitiers, dopo aver contribuito allo sviluppo delle discipline africanistiche ha riportato i frutti teorici elaborati in quell’esperienza dando il via a un’antropologia dei mondi contemporanei attenta alla dimensione rituale del quotidiano e della modernità. Acquisita una grande rinomanza nell’etnologia grazie alle sue ricerche sul campo negli anni ’60 in Costa d’Avorio e nel Togo concernenti la malattia, la morte e i sistemi religiosi, Augé si è orientato successivamente, dalla seconda metà degli anni ’80, verso una “antropologia del quotidiano” - esaminando in particolare Francia, Italia e Spagna - che ha trovato campo privilegiato di analisi negli spazi moderni (autogrill, centri commerciali, alberghi e in senso generale tutti gli spazi topografici in cui si svolgono i riti dell’afflusso e del consumo di massa) dominati dall'assenza di storia, identità, relazioni. In base a ciò, ha elaborato la teoria dei non-luoghi come spazi estranianti e deculturalizzati che giacciono concettualmente all'estremo opposto del “luogo antropologico”. Una svolta che è partita nel 1986 con Un ethnologue dans le métro (tradotto in italiano da Eleuthera). Del 1992 è Non-Lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité, nel quale introduce il fortunato concetto di non-luogo, ma anche quello meno noto di “surmodernità”. Con questa categoria lo studioso intende l’evoluzione della postmodernità nelle società di fine millennio, caratterizzate dal superamento dell’industrialismo e dall’avvento della globalizzazione. Un’epoca segnata in negativo da tre eccessi: del tempo, dello spazio e dell’ego. Il portato di essi è uno straniamento dalla dimensione storica e geografica, che genera una solitudine acuita anche dall’avvento dei social media.

«La maggior parte degli individui ha la sensazione di essere risucchiata dal futuro. O generata da esso (...). Noi abbiamo la convinzione di essere la vittima delle manovre di cui siamo, in effetti, gli autori (...). Bisogna prendere coscienza del fatto che l’uomo in generale, è il solo responsabile del mondo in cui vive», diceva in una lectio sul tema della generatività - anticipata da "Avvenire" - tenuta alla rassegna “Filosofi lungo l’Oglio” nel 2019. Un ricordo particolare arriva dal Festivalfilosofia di Modena, di cui Augé era dal 2009 membro del comitato scientifico e che ha diffuso in Italia la notizia della sua scomparsa. «Con Augé - si legge in un comunicato - se ne va un amico e un maestro che ha dato al Festivalfilosofia e al suo pubblico, come a tanti pubblici sparsi in tutto il mondo, alcuni insegnamenti dai quali non si torna indietro come l'idea che le nostre pratiche culturali siano immerse in sistemi simbolici che è indispensabile studiare con gli strumenti dell'antropologia: una disciplina che Augé, grande specialista del terreno africano, ha praticato anche rivolgendo quel particolare tipo di sguardo alle nostre società, nella convinzione che, per essere intelligibili, i processi culturali implichino che nella loro analisi ci rendiamo “stranieri a noi stessi”».

Innumerevoli i saggi tradotti in italiano. Tra essi, Città, luoghi, interazioni (Bruno Mondadori, 2007); Il mestiere dell’antropologo (Bollati Boringhieri, 2007); Il metrò rivisitato (Raffaello Cortina, 2009); Per un’antropologia della mobilità (Jaca Book, 2010); Straniero a me stesso (Bollati Boringhieri, 2011); Le nuove paure (Bollati Boringhieri, 2013); Etica civile: orizzonti (con Laura Boella, Edizioni Messaggero Padova, 2013); L’antropologo e il mondo globale (Raffaello Cortina, 2014); Il tempo senza età. La vecchiaia non esiste (Raffaello Cortina, 2014); Fiducia in sé, fiducia nell’altro, fiducia nel futuro (La Compagnia della Stampa, 2014); La forza delle immagini (con Umberto Eco e Georges Didi-Huberman, Franco Angeli, 2015); Le tre parole che cambiarono il mondo (Raffaello Cortina, 2016); Un altro mondo è possibile (Codice, 2017); Sulla gratuità. Per il gusto di farlo! (Mimesis, 2018); Chi è dunque l’altro? (Raffaello Cortina, 2019); Condividere la condizione umana. Un vademecum per il nostro presente (Mimesis, 2019).
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