mercoledì 29 luglio 2015
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I contenuti dei programmi di candidatura di Almaty e di Pechino sono in larga parte teorici, perché quasi ogni impianto necessario per ospitare Giochi olimpici invernali è ancora da costruire o, se va bene, da riadattare. Per lo sci alpino Almaty propone la stazione sciistica di Cimbulak sui monti Tien Shan, non lontano dalla città (25 km) ma che finora ha accolto un solo evento sciistico internazionale, di secondaria importanza: i Giochi asiatici del 2011. La città kazaka appare meglio attrezzata per lo sci nordico, con i trampolini Gorney Gigant che almeno hanno visto passare, oltre ai Giochi asiatici, un paio di tappe delle Coppe del Mondo di combinata nordica e i Mondiali juniores del 2015; l’anno prossimo si affaccerà qui per la prima volta anche la Coppa del Mondo di salto. Ancora sulla carta invece la pista per il bob, lo slittino e lo skeleton, mentre per gli sport al coperto (dal pattinaggio all’hockey) si adatteranno strutture in città. Pechino, dal canto suo, conta di recuperare diverse strutture costruite per i Giochi estivi del 2008 (la piscina, per esempio, diventerà il palazzetto del curling), ma anche in questo caso ancora nulla di fatto per le piste di bob e di sci alpino che sono previste a Xiaohaituo, a 90 km dalla città. Mancano anche i trampolini, che dovrebbero sorgere a Zhangjiakou: cioè non a Pechino ma in un’altra città da oltre quattro milioni di abitanti, lontana più di duecento chilometri dalla capitale (e 130 da Xiaohaituo). Ma, oltre a quella infrastrutturale, anche la tradizione sportiva nelle discipline invernali è carente.   Nella sua storia la Cina ha ottenuto risultati di rilievo soltanto nel pattinaggio di velocità (soprattutto nello short track) e qualche sporadico piazzamento nel biathlon. Un po’ meglio va con il Kazakistan, che almeno nello sci nordico si è fatto notare con diversi bravi fondisti e un grande campione: Vladimir Smirnov, vincitore di diverse medaglie olimpiche negli anni Novanta. (E.C.)Mangrovie, orchidee e palmeti difficilmente riescono a evocare lo sport della neve e del ghiaccio. Con i suoi silenzi, con il suo gelo, con le sue montagne scoscese e innevate, con le sue foreste di pini e di betulle lungamente avvolte nella bianca coltre che soltanto le strette lamine degli sci riescono a solcare. Eppure venerdì i XXIV Giochi olimpici invernali saranno assegnati dal Comitato olimpico internazionale, riunito nella sua 127ª assemblea, a Kuala Lumpur, nella tropicale Malesia. Eppure – e soprattutto – venerdì i Giochi saranno assegnati a una città che non ha alcuna tradizione negli sport invernali: Almaty – capitale del Kazakistan fino al 1998, quando ancora si chiamava Alma Ata – oppure Pechino, capitale della Cina. Tutte le altre, più credibili concorrenti si sono via via ritirate, dieci piccoli indiani che hanno dovuto chinare il capo di fronte ai rilanci a suon di dollari delle due capitali asiatiche.angrovie, orchidee e palmeti difficilmente riescono a evocare lo sport della neve e del ghiaccio. Con i suoi silenzi, con il suo gelo, con le sue montagne scoscese e innevate, con le sue foreste di pini e di betulle lungamente avvolte nella bianca coltre che soltanto le strette lamine degli sci riescono a solcare. Eppure venerdì i XXIV Giochi olimpici invernali saranno assegnati dal Comitato olimpico internazionale, riunito nella sua 127ª assemblea, a Kuala Lumpur, nella tropicale Malesia. Eppure – e soprattutto – venerdì i Giochi saranno assegnati a una città che non ha alcuna tradizione negli sport invernali: Almaty – capitale del Kazakistan fino al 1998, quando ancora si chiamava Alma Ata – oppure Pechino, capitale della Cina. Tutte le altre, più credibili concorrenti si sono via via ritirate, dieci piccoli indiani che hanno dovuto chinare il capo di fronte ai rilanci a suon di dollari delle due capitali asiatiche.Eppure negli sport invernali, ben più che in quelli estivi, il contesto in cui si svolgono le gare è determinante. Sport di foresta o di montagna, sono sport di tradizione. Per un discesista vincere sulla Streif di Kitzbühel vale almeno quanto vincere un’Olimpiade. Per un saltatore, il trofeo più ambito resta quello dei Quattro trampolini austriaci e bavaresi. Posto davanti all’alternativa tra un titolo iridato e una Stanley Cup, difficilmente un hockeista avrebbe esitazioni. Non che le medaglie a cinque cerchi siano snobbate dagli sportivi invernali, anzi: l’oro olimpico resta il sigillo per una carriera di alto livello. Ma sapendo che il valore tecnico di quelle gare spesso non coincide con il valore simbolico della vittoria. Non è sempre stato così. Le prime edizioni dei Giochi olimpici invernali furono ospitate da località sciistiche di prestigio: Chamonix, Sankt Moritz, Lake Placid, Garmisch-Partenkirchen, Cortina d’Ampezzo... Poi si è passati a scegliere città di medie e grandi dimensioni come sedi ufficiali, ma poste vicino a comprensori sciistici di affermata tradizione (è stato anche il caso della nostra Torino nel 2006, con la maggior parte delle gare svolte nelle vicine Sestriere, Cesana, Pragelato, Bardonecchia). Infine anche per i Giochi invernali si è imposto quel fenomeno che è già da tempo affermato nelle versioni estive – clamoroso il caso delle Olimpiadi del centenario del 1996, assegnate non ad Atene ma ad Atlanta, sede della Coca Cola – in modo eclatante per la scorsa edizione, andata alla russa Soci fino a quel momento nota più come località balneare che come centro per la pratica degli sport invernali. Soci nel 2014, Pyeongchang (in Corea del Sud) nel 2018, Almaty o Pechino nel 2022: il Comitato olimpico internazionale ha scelto di dare deleghe in bianco a località che sul piatto avevano da buttare esclusivamente investimenti faraonici (e si spera puliti, anche se i recenti scandali sull’assegnazione dei Mondiali di calcio non lasciano certo dormire sonni tranquilli). Il presidente russo Vladimir Putin ha sborsato oltre cinquanta miliardi di euro (ufficialmente, ma si vocifera di una spesa almeno doppia) per costruire ex novo ogni cosa, perché a Soci non c’era nulla di ciò che serve per ospitare un’Olimpiade invernale; in cambio, ha avuto a disposizione una ribalta planetaria per mostrare i muscoli della sua Russia, sublimata nelle cerimonie di apertura e di chiusura. Quello che desta scalpore nell’assegnazione di venerdì prossimo è il fatto che non ci siano concorrenti e che la la scelta si sia ridotta a due città che hanno dalla propria esclusivamente questa capacità d’investimento, garantita anche dal fatto di essere espressione di due regimi dittatoriali (di ascendenza comunista in entrambi i casi), perché le altre città che avevano avanzato la propria candidatura, o anche solo l’intenzione di farlo, si sono via via ritirate. Per il 2014 Soci aveva dovuto vedersela con Pyeongchang e con Salisburgo, in linea di principio la meglio attrezzata: le gare, se avesse prevalso la candidatura austriaca, si sarebbe svolte a Flachau e Altenmark (sci alpino, snowboard, sci di fondo), Schönau am Königssee (bob e slittino), Bischofshofen (salto con gli sci): altrettanti templi dello sport invernale. Invece proprio Salisburgo è stata la prima delle tre a essere eliminata. Per il 2018 Pyeongchang è stata preferita ad Annecy e a Monaco di Baviera, città che avevano dalla propria stazioni sciistiche di alto profilo a pochi chilometri di distanza, ma non il peso politico ed economico garantito dalla località coreana che infatti ha stravinto.Ecco così che, per il 2022, la logica evoluzione di questo processo è la rinuncia di ogni altro contendente, perché il continuo rilancio al rialzo degli investimenti proposto da Pechino e Almaty ha finito per tagliare fuori città che pure avrebbero avuto bisogno di investire quantità di denaro ben inferiori per la costruzione degli impianti, in gran parte già presenti. Una dopo l’altra Oslo, Cracovia e Stoccolma hanno alzato bandiera bianca, perché i rispettivi governi – democratici – non sono stati disposti a inseguire i folli investimenti di kazaki e cinesi. E dopo la bruciante sconfitta patita quattro anni fa, questa volta Monaco di Baviera non si è nemmeno presentata, nonostante avesse cullato a lungo l’ambizione di diventare la prima città a ospitare sia i Giochi olimpici estivi (l’ha fatto nel 1972), sia quelli invernali. Ora questo onore potrebbe andare a Pechino, dove l’unico evento “invernale” balzato agli onori delle cronache sono state alcune nevicate. Artificiali.
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