Un’illustrazione tratta dal volume “La mia casa” di Kateryna Tykhozora e Oleksandr Prodan - edito da Il Castoro
Dopo che la sua casa è stata distrutta da una bomba, un bambino è in fuga con la sua famiglia, verso un altrove sconosciuto. E la domanda è: dove vai e che cosa puoi chiamare ancora casa, se improvvisamente l’hai perduta? Un rifugio, una stazione dove devi lasciare i bagagli e salutare il papà che resta a fare la guerra, la casa di un parente che ti ospita o il ciglio della strada dove qualcuno ti offre un tè caldo? Kateryna Tykhozora e Oleksandr Prodan, entrambi ucraini sfollati dal loro Paese, quelle scene le hanno vissute in prima persona e viste con i loro occhi. E a quelle domande, che contengono l’esperienza straziante di sradicamento di tutti i bambini coinvolti nelle guerre, hanno dato voce in un libro illustrato, La mia casa (Il Castoro) che mentre cerca di dare un senso a ciò che un senso non ha, offre un orizzonte possibile di salvezza, almeno emotiva. Nessuno può distruggere il ricordo di quel che la casa è stata e di chi in quella casa ci ha amato. La memoria è un tetto che protegge e scalda il cuore, la luce che tiene lontano il buio, le radici che legano al proprio Paese e guideranno il ritorno. Raccontare ancora la guerra dunque. E non solo quella in Ucraina, perché tutte le guerre si somigliano, tutte distruggono Paesi, dividono famiglie, seminano paura e mettono in fuga le persone. Non parlarne ai bambini e ai ragazzi è impossibile. Lo dimostrano, oltre che le proposte di un anno con la guerra alle porte dell’Europa, le novità di autori ed editori presenti a Bologna da domani al 9 marzo per la sessantesima edizione di “Bologna Children’s Book Fair”. Impossibile per la letteratura non inoltrarsi in ciò che la cronaca rimanda, non farsi racconto e storie di chi prima aveva una vita normale ed è incappato in quanto di peggio possa succedere a chiunque. Impossibile persino per la poesia: con i versi di Valerio Magrelli e le illustrazioni di Alessandro Sanna, La guerra, la pace (Rizzoli) racconta gli stessi quadri di vita quotidiana – l’estate, la spiaggia, la campagna, un giorno di nebbia e uno di pioggia…– semplicemente mettendoli a confronto in due tempi diversi. Un tempo di pace che rende gioioso ogni giorno e ogni luogo. E un tempo di guerra che rende ogni cosa insopportabile. Sono bambini e bambine messi alla prova da dolori e disastri che nessuno dovrebbe affrontare, in bilico nella propria identità ma capaci di resistere con coraggio i protagonisti dei romanzi che hanno la guerra sullo sfondo. Dalla Siria prende le mosse l’odissea di Sami in fuga dalla guerra (Mondadori), un tredicenne figlio di professionisti benestanti a Damasco, la cui vita scorre in assoluta tranquillità fino a quando la guerra civile non irrompe in città e la famiglia decide di lasciare il Paese. E lo fa affrontando un viaggio oneroso e pericoloso verso l’Inghilterra, affidandosi a trafficanti di persone, rischiando la vita, sopportando le discriminazioni e le umiliazioni di chi bussa da profugo a un altro Paese avendo perso tutto. Incontrando un’umanità talvolta pessima altre volte speciale nell’accoglienza, capace di trasformare in speranza di vita nuova la nostalgia e la rabbia per ciò che si è lasciato. Anche Lia Levi esplora i moti del cuore di una bambina ucraina messa in salvo dai genitori quando sul Paese cominciano a piovere bombe. Ma Iryna, La bambina da oltre confine (Il Battello a Vapore), mandata in Italia e accolta dalla famiglia presso cui la nonna Kateryna lavora da tempo, non si rassegna alla lontananza. Troppo forte la nostalgia. Per Iryna ci vogliono tempo, parole giuste, un amico e magari anche un cane, il suo cane, per capire che nessuna distanza può allentare i legami autentici con il proprio mondo. È una storia vera autobiografica, dura e toccante quella raccontata nel graphic novel Come stelle nel cielo (Il Castoro), ispirata alla vita di Omar Mohamed, cresciuto con il fratellino disabile Hassan in Kenya a Dadaab, in un campo profughi per i somali in fuga dalla guerra civile. Una vita dura di fame e stenti ma anche di scuola e forza di volontà che dopo anni lo porterà negli Stati Uniti, in Pennsylvania, dove ha fondato la ong Refugees Strong che aiuta ragazze e ragazzi nei campi profughi a studiare. Orecchio acerbo pubblica un lavoro degli anni ’50 che conserva una sua fresca attualità, Per caso, lo sguardo di due artisti, il testo di Natalie d’Arbeloff e i disegni di Gian Berto Vanni, sulle guerre che attraversano l’umanità da millenni: la scoperta primordiale, casuale di un bastone con il potere di uccidere che si cerca di nascondere ma casualmente riaffiora per essere inconsapevolmente usato. Finché una bambina riesce a invertire la rotta, piantando quel legno e ottenendo ancora per caso da un’arma un albero fiorito. Una speranza che a giudicare dall’attualità casualmente è continuamente tradita. Perché Il nemico, mandato a uccidere, come rac-conta questo albo di Terre Di mezzo, inferocito dalla propaganda, dai manuali e dai generaloni, a ben guardarlo è solo uno come noi, che sta nell’altra trincea ma avrebbe una gran voglia di tornarsene a casa. In questo anno infine si è fatto strada anche un altro modo di guidare i ragazzi alla comprensione dell’attualità, forse meno praticato in passato. Quello affidato alla voce degli inviati nei territori di guerra, alle loro ricostruzioni e testimonianze dirette fatte di luoghi e persone, vite vere di superstiti, di uomini, donne e bambini trasformati in profughi, sfollati, rifugiati e combattenti. Lo fanno Francesca Mannocchi, autrice di numerosi reportage per tante testate, con Lo sguardo oltre il confine (De Agostini), Stefania Battistini, inviata del Tg1, con Una guerra ingiusta. Racconti e immagini dall’Ucraina sotto le bombe (Piemme) e Domenico Quirico, reporter di guerra per tanti anni per La Stampa con Quando il cielo non fa più paura. Le storie della guerra per raccontare la pace (Mondadori) un racconto attraverso dieci parole chiave dell’insensatezza di tutti i conflitti e della pietà che tutti dovremmo conservare per restare umani.