domenica 5 settembre 2021
Giovanni Grasso dedica il suo nuovo romanzo a una delle figure più romantiche e dimenticate della prima opposizione alle camicie nere: morì appena trentenne nel 1931
Lauro de Bosis con il suo Klemm L 25 prima della partenza per il volo fatale

Lauro de Bosis con il suo Klemm L 25 prima della partenza per il volo fatale - WikiCommons

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Una sera d’ottobre di novant’anni fa Icaro volò su Roma e poi sparì per sempre. Volò per gridare la sua rabbia contro il regime fascista, per risvegliare le coscienze e per lanciare un appello al re, affinché rispettasse il “patto sacro” tra la corona e gli italiani. Era partito dalla Costa Azzurra su un velivolo da turismo e dopo aver violato la sicurezza area della capitale aveva fatto piovere dal cielo 400mila volantini antifascisti inneggianti alla libertà che suonavano come una dichiarazione di guerra contro Mussolini. Ma lungo la rotta del ritorno il piccolo aeroplano, forse rimasto a corto di carburante, era scomparso in mare senza lasciare traccia del suo pilota. Lauro de Bosis, il “poeta volante”, una delle figure più romantiche e dimenticate del primo antifascismo aveva suggellato con quel volo tragico una lotta clandestina combattuta a colpi di penna, di ideali e di valori. Quello che poteva sembrare un atto d’ingenuo volontarismo era stato in realtà un gesto di grande coraggio, compiuto negli anni in cui venivano promulgate le leggi contro la libertà di espressione e di stampa, e le voci contrarie al regime erano costrette al silenzio. Antifascista fin dalla Marcia su Roma, de Bosis voleva indurre gli italiani a stringersi intorno al re e per questo aveva deciso di gettarsi in un’impresa mortale che evocava richiami letterari, poiché la sua opera poetica più nota s’intitolava, appunto, Icaro. Il suo volo ebbe un enorme risalto sulla stampa internazionale – «finché esisteranno uomini come de Bosis la salvaguardia della libertà è assicurata », scrisse il “Times” – ma in Italia la notizia venne censurata per non irritare il Duce. I giornali italiani evitarono di parlarne e il liberale, conservatore e monarchico Lauro de Bosis è rimasto vittima di un cortocircuito della storia che ha messo a lungo la sordina al suo nome, circoscrivendone il ricordo a pochi circoli letterari. A cercare di sottrarlo definitivamente all’oblio è il giornalista parlamentare e scrittore Giovanni Grasso con Icaro. Il volo su Roma (Rizzoli, pagine 384, euro 19,00), un romanzo che incrociando storia e invenzione ricostruisce la vicenda di un giovane dalla formazione intellettuale alto-borghese fermamente convinto che la monarchia e il papato potessero guidare una rivolta per liberare l’Italia dal fascismo. Una libertà – scrive Grasso – per la quale de Bosis «si sarebbe battuto strenuamente, fino all’ultimo respiro. Com’era accaduto ai tempi del Risorgimento, sarebbero stati la lotta e, se necessario, il sacrificio di un manipolo di giovani patrioti a capo di una rivolta, morale priuomo ma che politica, a trascinare dietro di sé tutto il popolo, abbattendo potenti tiranni e disgregando regimi crudeli». Persino un padre costituente come Piero Calamandrei, commemorando il ventennale di quel volo del 3 ottobre 1951, avrebbe sottolineato l’aspetto “risorgimentale” dell’azione di de Bosis citandolo tra i precursori della Resistenza al pari di Cesare Battisti, di Matteotti, di Amendola, di Gobetti, di Gramsci e dei fratelli Rosselli. Morto ad appena trent’anni, Lauro de Bosis è un personaggio leggendario: fu un letterato, un visionario ma anche un d’azione che comprese prima di tanti altri la deriva alla quale Mussolini stava condannando l’Italia. «Non andremo a caccia di chimere – scrisse la notte prima del volo su Roma nel suo Storia della mia morte – ma andremo a portare un messaggio di libertà a un popolo schiavo di là dal mare». Quando compose Icaro, un dramma in versi che si aggiudicò la medaglia d’argento ai Giochi olimpici di Amsterdam del 1928 – in un’epoca in cui le Olimpiadi includevano anche competizioni artistiche –, era già attivo in un’organizzazione segreta che diffondeva messaggi clandestini di propaganda contro il regime. Insieme ai suoi due principali collaboratori, lo storico Mario Vinciguerra e il giornalista Renzo Rendi, sfidava la polizia fascista scrivendo, ciclostilando e diffondendo opuscoli antifascisti. Dopo essersi trasferito negli Stati Uniti per insegnare lingua e letteratura italiana a Harvard, aveva iniziato un’intensa attività letteraria con la traduzione di opere anglosassoni e di classici come l’Antigone, che aveva trasformato in un simbolo di fiera opposizione al totalitarismo. Il romanzo di Grasso riesce a farlo rivivere con una narrazione corale avvincente che alterna le vicende politiche di quegli anni al racconto dell’intensa relazione che ebbe con l’attrice newyorkese Ruth Draper. Quello tra il giovane Lauro e la matura Ruth – di diciassette anni più vecchia di lui – è stato un amore drammatico e travolgente che ha travalicato le epoche storiche. Dopo aver calcato i palcoscenici di tutto il mondo raggiungendo i vertici della notorietà, la Draper morì venticinque anni dopo De Bosis, nel 1956, esprimendo il desiderio di riunirsi a lui. Pochi giorni dopo il funerale dell’attrice un’imbarcazione calò l’urna con le sue ceneri nel mar Tirreno, nel luogo dove si presume si sia inabissato il piccolo aeroplano del suo amato Icaro.

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