domenica 10 aprile 2022
A 100 anni dalla nascita un anno di iniziative aperto a Firenze da un convegno con Lojudice, Betori, Mancuso e Veltroni. Obiezione di coscienza, ecologia, accoglienza: il suo pensiero fu anticipatore
Padre Ernesto Balducci (1922-1992)

Padre Ernesto Balducci (1922-1992) - Ansa

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«Se vuoi la pace prepara la pace». In una delle sue frasi più emblematiche Ernesto Balducci arrivò a stravolgere l’antico detto romano Si vis pacem, para bellum, indicando la cancellazione della categoria del "nemico" come primo passo verso la creazione di una vera cultura della pace. Pace tra gli esseri umani ma anche pace con il pianeta: Balducci fu anche tra i primi a cogliere sia l’urgenza che il valore spirituale dell’ecologia. Mai come in queste ultime settimane le riflessioni e gli scritti teologici e filosofici del padre scolopio di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita e il trentesimo anniversario della morte appaiono di un’attualità sconcertante, se non addirittura profetica.

L’"anno Balducciano" è stato inaugurato ufficialmente ieri mattina a Firenze, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, con un incontro su 'Accoglienza e cittadinanza' al quale hanno partecipato, tra gli altri, l’arcivescovo di Siena Paolo Lojudice e di Firenze Giuseppe Betori, il teologo Vito Mancuso e il politico Walter Veltroni. L’iniziativa ha dato il via a una serie di celebrazioni ed eventi che si terranno in tutta Italia per riscoprire i temi cari a Balducci, che fu una delle personalità di maggior spicco nella cultura cattolica postconciliare.

Nell’immensa sala fiorentina decorata dagli affreschi di Michelangelo e Leonardo da Vinci si sono date appuntamento ieri centinaia di persone. «Siamo qua in tanti perché Balducci ci manca – ha detto il cardinale Lojudice – e anche perché siamo convinti che una figura profetica come lui possa dare un contributo serio ed efficace al nostro tempo senza assumere i contorni dell’icona». Molti dei presenti, i meno giovani, ricordavano con nostalgia le indimenticabili omelie di Balducci alla Badia Fiesolana, alle quali hanno assistito migliaia di persone, affascinate dalla sua oratoria e da un messaggio innovatore capace di annunciare le grandi contraddizioni del Terzo millennio. Prima che un banale incidente d’auto lo portasse via il 25 aprile 1992, il suo 'esilio' alla Badia Fiesolana - un convento alle porte di Firenze, appartenente alla diocesi di Fiesole - era diventato uno straordinario luogo di ritrovo e riflessione per una comunità che univa cattolici e non cattolici, credenti e non credenti. Padre Balducci, coscienza inquieta e rivoluzionaria della Chiesa, era stato confinato lì nel 1965, dopo aver subito l’ultimo grande processo intentato dal Sant’Uffizio prima della riforma voluta da Paolo VI. Era stato punito con l’allontanamento da Firenze per la sua apertura considerata eccessiva e per la sua vicinanza alle lotte della classe operaia, com’era accaduto anche a David Maria Turoldo. «Per entrambi e per tante altre grandi figure della Chiesa dell’epoca vivere il Vangelo significava contaminarsi e superare la stagione del cristianesimo intimista», ha spiegato il cardinale Lojudice.

Nato poverissimo in Maremma, a Santa Fiora, figlio di un minatore, fin dai primi anni di sacerdozio Ernesto Balducci fu mosso da un intenso desiderio di riforma della Chiesa e assunse spesso posizioni contrarie al pensiero dominante all’interno del mondo cattolico. Fu ad esempio grazie a lui che l’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio assunse per la prima volta in Italia una risonanza pubblica. Nel 1963 rilasciò un’intervista in cui sostenne con argomentazioni teologiche il diritto dei cattolici alla disobbedienza. Gli costò una denuncia alla magistratura e al Sant’Uffizio per incitamento alla disobbedienza civile e alla diserzione militare. In appello venne condannato a otto mesi di carcere con la condizionale per apologia di reato, una sentenza resa poi definitiva dalla Cassazione. All’epoca gran parte della gerarchia ecclesiastica gli fu apertamente ostile ma il suo "strappo" scavò una breccia che di lì a poco sarebbe stata percorsa con altrettanto clamore anche da don Lorenzo Milani, con la famosa Lettera ai cappellani militari.

In tanti non compresero Balducci anche perché il suo messaggio di fratellanza, convivenza, integrazione e accoglienza precorreva i tempi: non a caso ieri, nel suo intervento, Veltroni l’ha definito «un rabdomante», capace di «sentire» le cose e di anticipare i temi diventati urgenti nella nostra attualità. Come la questione ecologica, l’arma atomica, le migrazioni. E proprio ricollegandosi alle parole di Balducci ieri il cardinale Lojudice è tornato a parlare dell’odierno dramma dei migranti del Mediterraneo, «il cui esodo è oggi oscurato anche dalla guerra in Ucraina », ribadendo che l’incapacità dell’Unione Europea di adottare politiche comuni li condanna spesso a subire gravi violazioni dei diritti umani.

Nel suo lungo percorso pastorale e profetico Balducci non mancò di ribadire l’urgenza di dare voce ai poveri e di far conoscere le istanze di giustizia degli "ultimi", degli emarginati, dei migranti. Nell’introdurre il convegno fiorentino il presidente della Fondazione Ernesto Balducci, Andrea Cecconi, ha spiegato che il principale obiettivo di questo centenario sarà proprio quello di diffondere le parole di padre Balducci, «affinché tornino a fare rumore e a scuotere le coscienze». D’altra parte, ormai da tempo il suo messaggio non è più considerato 'eretico'. Al contrario, «ci indica una chiara strada da seguire», ha sottolineato Mancuso, secondo il quale «coloro che in passato criticavano e osteggiavano figure come lui, come don Milani o come Carlo Maria Martini sono oggi gli stessi che si mettono contro papa Francesco». Ed è bene ricordare che, nonostante tutto, Balducci rimase sempre fedele alla Chiesa, mantenendo rapporti amichevoli con molti vescovi e con papa Paolo VI.

«Il suo percorso umano, religioso e intellettuale – ha chiosato il cardinale Betori – ha contribuito a rendere la Chiesa sempre più esperta di umanità e sempre più attenta nello scrutare i segni dei tempi». Di fronte a un’Europa tornata drammaticamente in guerra, anche nel corso dell’incontro di Firenze è stato inevitabile ricordare che già a partire dagli anni ’60, ai tempi del conflitto in Vietnam, Balducci divenne un instancabile animatore del movimento per la pace, il disarmo e i diritti umani. Nel 1985 Balducci dette alle stampe il suo libro più famoso, L’uomo planetario, in cui riassumeva il suo pensiero sull’inarrestabile cammino della specie umana sul pianeta e sulla possibilità dell’uomo di annientare la civiltà e la vita stessa, ricorrendo all’arma nucleare. Un contrasto che secondo Mancuso si ripropone oggi, di fronte a due figure opposte come Kirill, il patriarca di Mosca, e papa Francesco: «L’uno incarna il ritorno al passato, l’altro l’apertura verso il futuro e, appunto, l’uomo planetario. Al momento non sappiamo ancora chi vincerà, né sul piano politico, né su quello ecclesiale».

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