sabato 3 aprile 2010
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Cento anni di gratitudine ad Helenio Herrera. Il grande “Mago” della panchina è nato il 10 aprile del 1910. Da 13 anni non c’è più, ma a tenere sempre viva la sua memoria ci pensa l’eclettica “Donna” Fiora Gandolfi che giovane andò in sposa ad Herrera. Nella “casa atelier” veneziana, sempre affollata di musicisti e artisti come lei, non passa giorno che la figura del grande allenatore dell’Inter, «più forte di tutti i tempi» (quella dal 1960 al ’68), non venga approfondita in dei simposi estemporanei che coinvolgono scrittori, poeti e perfino filosofi come l’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che non può non riconoscere la «maieutica» di H.H. Oggi il tema a “Donna” Fiora lo proponiamo noi: Josè Mourinho è davvero l’Helenio Herrera del terzo millennio?«Mourinho lo conosco dalla tv e per via del telefono… - dice la vedova di Herrera - . Tramite un amico gli avevo fatto recapitare una copia del mio libro su Helenio, Taca la bala. Dopo un po’ di tempo, ero a Parigi e nel cuore della notte mi arriva una telefonata. Sento dall’altra parte della cornetta una voce strana, che mi dice: “Signora Fiora, volevo ringraziarla per il libro. È stupendo, suo marito era davvero un genio...”. Era Mourinho in persona, anche un po’ emozionato adesso che ci ripenso». La Gandolfi fa parte di quel 50% del Paese che ammira lo “Special One”. «È un uomo intelligente, molto affascinante e sicuramente ha orizzonti più vasti rispetto agli allenatori italiani che per natura sono molto limitati, anche se c’è una stampa che li fa passare per geniali. E poi vogliamo parlare di quelle tribune televisive dedicate al calcio? Sembra di assistere al “Grande Fratello” più che a programmi sportivi. Inguardabili. Ecco un altro suo punto di forza: Mourinho non si mischia mai con le comunelle degli addetti ai lavori dell’informazione, anzi li rifugge e in questo è molto vicino a mio marito. Entrambi sfidano il provincialismo alla Nereo Rocco: quelle tavolate con la pletora dei giornalisti lusinghieri seduti a ingozzarsi di pane e salame e a bere vino». Però questa distanza a volte passa per spocchia. E nel caso di Mourinho sembra una forma di presunzione che lo rende molto antipatico agli occhi dell’altra metà dell’Italia pallonara. «Beh se è per questo, Helenio era molto più presuntuoso di lui. Però rispetto a Mourinho lo faceva pesare di meno. Il fatto è che aveva ereditato il nobile spirito spagnolo del don de gentes, il dono di saper stare tra la gente e di risultare sempre gradevole. Mourinho è un portoghese: si porta dentro quel profondo senso di tristezza tipico dei lusitani che hanno il difetto di essere parecchio rancorosi. Helenio invece diceva: “Perdona un nemico, ma non dimenticare il suo nome”. Come avrebbe agito con Balotelli? Si sarebbe comportato da psicanalista e gli avrebbe tirato fuori tutto a questo ragazzo. Lo chiamavano “Habla-Habla”, parla-parla, ma in realtà parlava poco e ascoltava tantissimo». Un punto di contatto forte tra H.H. e Mou sta «nella stessa fiducia nell’onestà» e nell’«arte del parafulmine», sottolinea. In quest’ultima, Mourinho potrebbe anche aver superato il maestro. «Dubito - continua Donna Fiora - perché fino ad oggi non l’ho mai visto in una situazione delicata come quella che capitò a Helenio quando allenava il Barcellona... Vinsero 5-0 in trasferta e i tifosi della squadra di casa non li volevano fare più uscire dagli spogliatoi. Allora Helenio risoluto disse: “dateme la gabardina”, il suo impermeabile bianco, e uscì fuori tra la folla inferocita… - si ferma e sorride al ricordo - . Fece 4-5 giri di campo, con la gente che dagli spalti gli urlava e gli tirava di tutto: monete, scarpe, perfino le pietre. Questa scenetta andò avanti per un quarto d’ora, poi rientrò negli spogliatoi e intimò alla squadra: Vamos los he dejado roncos, e cioè “andiamo, li ho lasciati rauchi...”. Quando si dice che Helenio era un Mago non è una leggenda metropolitana. Lui ha vissuto per 15 anni a stretto contatto con il popolo del Maghreb e lì si era reso conto che la magia bianca poteva anche guarire. E quel potere di guardare dentro alle persone e cercare di scoprire se avessero qualcosa di magico, l’ha trasmesso a tutti noi che gli abbiamo vissuto a fianco, ma soprattutto alle sue squadre, ai suoi ragazzi». Il più magico per H.H. era Mariolino Corso seguito da Luisito Suarez. «Ma trovava magico anche Omar Sivori». Con quella sua magia stregò il presidente dell’Inter Angelo Moratti, così come Mourinho sta facendo con il figlio Massimo. «I Moratti, padre e figlio, sono due uomini molto diversi. Massimo è una persona buona, forse fin troppo generosa, ispira tenerezza. Angelo era un uomo deciso, dotato di quelle intuizioni che ben si sposavano con la personalità forte di Helenio. Si faceva strapagare da Moratti senior? Vero, ma diceva: “Io lavoro tanto, quindi è giusto che guadagni anche molto più degli altri”. Non mi meraviglia che Mourinho all’Inter sia l’allenatore più pagato al mondo». Uno che ha sempre pagato più degli altri, prima dell’arrivo di Moratti jr, era Berlusconi. Chissà se Herrera avrebbe mai firmato per il Milan? «Impossibile, perché a lui piaceva guadagnare, ma era un uomo profondamente onesto e rispettoso della sua professione. Berlusconi appena è venuto fuori, Helenio l’ha annusato a distanza e ha capito che aveva uno stile che non gli piaceva per niente… Oltre all’amore per l’onestà, c’erano tre cose che per lui venivano prima di tutte: la madre, la donna e la Madonna. Aveva una statua della Madonna di Guadalupe e la custodiva gelosamente. Ogni anno, quando tornavamo dalle vacanze nella nostra casa in Andalusia, voleva sempre fare una sosta a Lourdes. Era rapito dal fiume che scorre vicino alla grotta, si fermava a fissarlo e mi diceva: “Guarda Fiora come è veloce l’acqua, non senti che energia potente che emana?”. La sua anima era felice nel contatto con la natura. A Huelva aveva voluto quella casa sulla spiaggia, perché lì venivano a posarsi gli uccelli e Helenio si sentiva uno spirito libero e in grado di volare, proprio come loro». Un uomo libero che ha fatto la fortuna di un’intera categoria, quella degli allenatori, ma che forse oggi non si troverebbe più a suo agio in questo sistema. «Se Helenio fosse qui ora, si metterebbe tutte e due le mani tra i capelli e non direbbe una parola davanti al calcio che è diventato. Poi però, siccome quello africano, che lui tanto amava, ha fatto dei passi da gigante - come aveva previsto tanto tempo fa - forse prenderebbe una valigia e con la sua straordinaria curiosità e quella voglia di conoscenza senza limiti, andrebbe fino in Sudafrica a godersi questo primo Mondiale nel continente che lo ha visto crescere e che lo ha reso l’unico allenatore davvero speciale».
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