domenica 31 luglio 2022
Non il tentativo di sostituirsi al divino, ma una rinnovata alleanza uomo-Dio, purificata da tante sovrastrutture, potrà riservare la scoperta di inedite possibilità di pienezza di vita e di fecondità
La performance “La mente meditante. Art, Science, and an Enlightened Mind” si terrà dal 20 al 24 settembre al Maxxi

La performance “La mente meditante. Art, Science, and an Enlightened Mind” si terrà dal 20 al 24 settembre al Maxxi - Maxxi

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Il termine “uomodio” può aiutare a interpretare come l’uomo ha vissuto la ricerca della sua identità in relazione con Dio e il suo eterno dilemma tra “restare” uomo o “diventare” Dio. Di fatto, secondo la fenomenologia delle religioni, all’origine della percezione che l’essere umano ha di se stesso è infatti postulato un incontro “primordiale”, inafferrabile concettualmente: il sacro.

La storia biblica

Dal punto di vista biblico, questo racconto inizia nel libro di Genesi con la creazione del cosmo. Se nei mitici tempi delle origini Dio e l’uomo vivono nell’armonia del giardino dell’Eden, ben presto la loro amicizia si spezza, trascinando ogni realtà nella confusione e nel caos. A causa di una fatale trasgressione, tutto precipita. Se Dio pone il divieto di mangiare i frutti dell’albero del bene e del male che renderebbe- ro gli essere umani come dèi – pensano i progenitori ingannati dall’insinuante serpente – Dio non può essere buono, in quanto si comporterebbe come un padrone geloso della propria divinità. Così, contravvenendo al comando divino, Adamo ed Eva mangiano del frutto dell’albero ma, invece di diventare dèi autosufficienti come avrebbero sperato, si scoprono fragili, vulnerabili… umani. La relazione con Dio è attraversata da una ferita e il sogno di diventare dèi svanisce. L’uomo non ha avuto fiducia del suo creatore e si trova ora a vagare sulla terra senza meta. Da questo momento, l’essere umano non cesserà d’interrogarsi sul dilemma della propria identità. Chi è l’uomo, chi è Dio? Da questa frattura nasce la ricerca mai compiuta sul mistero di questo “uomodio”, sospeso nel cielo in equilibrio instabile su un filo sottile come un funambolo, pronto a prendere il volo come a schiantarsi al suolo. Di fatto, l’evento dell’incarnazione per cui Dio s’immerge nella storia facendosi uomo in Gesù Cristo, diventa il perno attorno al quale ruota la riflessione della cultura europea. Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio, dicevano i Padri della Chiesa. Anche se l’umanità fatica ad accoglierlo. La vita di quell’uomo, morto tragicamente sulla croce, che annuncia la venuta di un Regno di pace e di comunione, appare infatti folle, sconcertante, scandalosa. Perché il Messia tanto atteso da Israele, muore appeso a un palo come uno schiavo alle porte di Gerusalemme? Quale volto di Dio intendeva rivelare? In realtà, annunciando la buona notizia per cui Dio è l’unico Padre e gli essere umani fratelli, Gesù smaschera le false immagini di onnipotenza che l’uomo ha da sempre proiettato sulla divinità. Dio non è un padrone potente e geloso, come credevano i progenitori. Dio è amore e non ha bisogno di sacrifici per essere placato o per elargire protezioni. Anzi, dona se stesso nel proprio figlio Gesù Cristo, per liberare l’uomo da ogni schiavitù e da ogni idolo. Si prende cura di ciascuno di noi, perché ogni uomo è prezioso ai suoi occhi. In questo modo, Cristo mostra che il luogo del sacro non è l’altare del sacrificio, ma la carità, la misericordia. Il sacro trova il suo più alto compimento nella compassione, nel riconoscimento di Cristo negli ultimi, nei bisognosi. Il bene fatto al fratello è il soccorso rivolto a Dio e Dio è l’altro colto nel bisogno. Il sacro si fa legame vivente degli uomini tra loro e con Dio. Questa è la vita divina, il vero tesoro che Dio voleva gratuitamente offrire all’uomo sin dalla fondazione del mondo. Come ha mostrato la storia dell’Oriente e dell’Occidente europei, in un’alternanza continua tra fedeltà e infedeltà, la fede cristiana ha attraversato i secoli nella convinzione che più l’uomo si avvicina a Dio, più sperimenta gioia e pienezza di senso. Dio è considerato come il fine stesso della vita di ogni essere umano.

La morte di Dio e i tratti incerti dell’uomo di oggi

Col passare dei secoli, questa relazione tra Dio e uomo sarà tuttavia sempre più messa in discussione e percepita con sospetto. La presenza di Dio nel mondo appare soffocante e ingombrante. L’uomo deve potersi sentire libero di auto-determinarsi e di auto-trascendersi. Il Novecento si aprirà con un tragico annuncio. “Dio è morto”, proclama Nietzsche nella Gaia scienza. La fine della cristianità si profila all’orizzonte. Dio esce dal mondo. Se Dio è morto, una domanda emerge tuttavia in maniera angosciosa: “chi sono io”? Tutto appare fluido, privo di certezze. Se Dio era infatti il centro della vita umana, tutto sembra ora frammentato. Le categorie del passato si fanno desuete, obsolete. La vita è condotta etsi Deus non daretur, senza più il bisogno di ricorrere a Dio per spiegare la storia umana e i fenomeni di una realtà ormai secolarizzata. Le conseguenze antropologiche di questa rivoluzione sono senza precedenti. L’uomo si sente ora smarrito, perduto, solo, appare orientato a vivere la ricerca di se stesso e del mondo nella solitudine della propria indagine. Si tratta forse del difficile e sofferto passaggio dall’adolescenza alla maturità della ragione umana? Se nel passato, l’io si confrontava sempre con un altro che, in ultima istanza, era Dio stesso, ora si sente nomade, la sua identità si frammenta in identità plurali, per indagare nuove dimensioni dell’essere. Se Dio è morto, tutto può essere messo in discussione. In una ricerca sempre provvisoria, l’identità del soggetto non è più consegnata come in passato da una comunità sia essa religiosa o civile, ma va affannosamente ricercata, diventa oggetto d’ipotesi, in una continua esplorazione mai appagata di se stessi. Se Dio è morto, la percezione di sé del singolo si fa sempre più fluida. Certo, l’uomo può finalmente diventare autonomo e autosufficiente come un dio greco, può idolatrare se stesso, ma i suoi tratti si fanno incerti, fragili, provvisori. Quando gli dèi si sono allontanati dalla terra, il soffio del vuoto sembra insinuarsi in ogni aspetto della vita umana. In questa ricerca continuamente rivolta verso se stessi, l’uomo vivrebbe un declino da cui non si vedono strade d’uscita. Sarebbe questa l’espressione di un nichilismo ontologico senza appello, del disincanto del mondo, dell’esaurimento del regno dell’invisibile? Nella crisi odierna che tutti noi avvertiamo, quali speranze possiamo avere nel futuro per riconquistare una fiducia che appare svanita nel nulla? Forse, non l’esaltazione di un “homodeus”, ma una rinnovata alleanza uomo-Dio, purificata da tante… sovrastrutture e da tanti malintesi, potrà riservare la scoperta d’inedite possibilità di pienezza di vita e di fecondità.

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