martedì 31 marzo 2020
«Noi i primi a dire stop, il 21 febbraio. E siamo l’unica Lega che ha stimato i danni per il 2020-2021. Non so quando torneremo in campo ma studiamo le soluzioni per farlo al meglio»
Il presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli

Il presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli - archivio

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«Il calcio ha il dovere di essere in sintonia con il Paese, restare in ascolto e, in alcuni casi, perfino in silenzio... La Lega Pro vuole essere vicina alle persone, presente sul territorio, a fianco del Paese e delle istituzioni. Questo spirito di vicinanza al territorio e accoglimento dei suoi bisogni è nel nostro dna... In quanto Lega dei giovani e dei pulmini che viaggiano per tutta l’Italia». È il quadro nazionale e al contempo il monito che il presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli, lancia dalla sua abitazione romana, dove in attesa di uscire, tutti, dal tunnel del Coronavirus, passa da una videoconferenza all’altra per rassicurare, in primis, il popolo della Serie C. «Una popolazione di 17 milioni di persone. Sono le città rappresentate dai nostri 60 club». I primi, da noi, a restare senza calcio, perché anche a rischio di passare per impopolare, il n.1 della Lega Pro aveva stoppato il campionato già dal 21 febbraio. «Ai primissimi segnali di allarme Covid-19 quel giorno non facemmo disputare Piacenza-Sanbenedettese e nella notte del 22 febbraio con una serie di telefonate mi assunsi la responsabilità di bloccare tutte le partite del campionato in programma nelle regioni del Veneto e della Lombardia per il giorno successivo». Forse la Serie A poteva seguire il “modello C”, ma invece ha continuato (a porte chiuse) a scendere in campo fino alla domenica 8 marzo e l’Atalanta ha disputato il ritorno degli ottavi di Champions, a Valencia, il martedì 10. Possibile Presidente che ora i tanti casi di morte della bergamasca dipendano anche dal “contagio da stadio”, vedi l’andata di Atalanta-Valencia, a San Siro, del 19 marzo? Essendo stati i primi a chiudere gli stadi questa è una domanda a cui io non posso rispondere... Io so soltanto che l’AlbinoLeffe è un club che si trova in quell’area drammatica della provincia di Bergamo. E poi ci sono gli altri club lombardi, quelli veneti e del Piemonte che stanno particolarmente soffrendo. Nei giorni scorsi mi ha telefonato il presidente della Pergolettese che mi raccontava di suo nipote, ex presidente della società, stroncato dal Coronavirus a 37 anni. E mentre mi parlava gli comunicavano che era deceduto anche il loro medico sportivo. Uno strazio... Ma dobbiamo reagire, purtroppo passando dal campo di calcio agli ospedali da campo.

Voi cosa state facendo in concreto?

Oltre 90 sono le iniziative che sono state subito messe in atto dalle società e dai calciatori. Monza e AlbinoLeffe le prime che hanno lanciato una raccolta fondi sulla piattaforma “GoFundMe” garantendo la consegna di fondi all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per l’acquisto di ventilatori e dispositivi medici.

Continua dunque anche nell’emergenza la vostra mission «“C” come Cuore e Coraggio».

In un anno la Lega Pro ha dato vita a 500 iniziative a carattere solidale: in campo, sugli spalti, negli ospedali. Un progetto per tutti? Beh forse quello che avrebbe reinserito i detenuti in messa alla prova che si apprestavano a lavorare allo stadio Liberati di Terni. Una lezione importante: lo stadio come percorso di recupero e di cultura della legalità per chi ha violato la legge.

Progetti e realtà ora ferme, immaginiamo con ripercussioni economiche assai preoccupanti sul breve e lungo periodo.

Abbiamo stimato un impatto economico fino a circa il 30% di contrazione sul fatturato medio annuo delle squadre. Si tratta di un impegno da parte del sistema della serie C non sostenibile con una concreta possibilità di default dei club già in forti difficoltà di bilancio prima della emergenza del Coronavirus. L’impatto potenziale, per la stagione corrente e per la prossima, va da un minimo di 20 milioni di euro ad un massimo di circa 84 milioni.

Può spiegarci nel dettaglio?

Siamo stati l’unica Lega che ha stimato i danni, quelli più pesanti, per la stagione 2020-2021. La stima dell’impatto è stata calcolata sulla base del verificarsi di tre differenti scenari che ovviamente dipendono del protrarsi nel tempo della pandemia. Il primo: campionato che riprende a “porte aperte“, nel quale si prevede la conclusione della stagione in corso e la disputa dei play-off e dei play-out. Il secondo scenario è quello a “porte chiuse”, con conclusione della stagione in corso. Infine il terzo, la peggiore delle ipotesi: “stop al campionato”, termine anticipato del campionato in corso e ripresa delle partite, a porte chiuse, per i primi due mesi della prossima stagione.

Tre orizzonti differenti ma legati all’incertezza e al precariato.

Per ciascuno di questi scenari è stato stimato un impatto economico derivante da eventi diretti certi, come ad esempio il mancato incasso da botteghino, ed eventi probabili tipo la “fuga” delle proprietà. Ogni presidente dei nostri club ha una società madre che gli serve per finanziare quella di calcio. Trovandosi a un bivio, è ovvio che di necessità dovrà fare virtù e salverà la prima, l’utile, quella che da risorse alla propria famiglia, ai dipendenti, agli operai, lasciando andare la squadra del cuore, il dilettevole.

Il presidente della Figc Gabriele Gravina, da ex presidente di una squadra di Lega Pro dice che un campionato a tre gironi come quello attuale «non va più bene: bisogna tornare a un’eccellenza di Serie C di 20 squadre e poi 40 squadre in un’altra serie». È d’accordo?

Il presidente Gravina fa bene a sollecitare le riforme. I miei tempi sono questi: il 3 aprile ho convocato l’assemblea per discutere le misure, esogene ed endogene, che occorre prendere per governare la fase d’emergenza e provare a mettere la “nave Lega Pro” in linea di galleggiamento. Il merito della riforma, in ogni caso sarà decisa insieme, cercando di non trovarci poi dinanzi a uno scenario apocalittico.

Siamo al si salvi chi può? Dobbiamo essere coscienti che a rischio c’è l’intera piattaforma sportiva e sociale. La Lega Pro ha un valore importante: 580 milioni di euro. Per ogni euro investito se ne generano tre, con un vero e proprio effetto moltiplicatore. Le nostre 60 squadre alimentano attraverso le attività giovanili, i centri sportivi, la crescita dei talenti, la quarta categoria e altre centinaia di iniziative sociali sul territorio. Noi togliamo i giovani dai pericoli della strada e lo facciamo con energia e passione, e tutto questo ora rischia di venire a mancare. Ma la priorità nostra è la stessa che vive il Paese intero, ora io penso solo ai danni e al dolore della collettività.

Siamo tutti in piena Zona Cesarini, ma non può venire a mancare il gol vincente.

Potremmo realizzarlo, ma se comprendiamo davvero che questo è «l’anno zero ». Un resettamento fisiologico che deve aprire la via a un nuovo modo di pensare di chi si affaccerà su un altro pianeta, anche calcistico, in cui con regole rinnovate va riscritta un’altra gerarchia dei valori. Siamo dinanzi a una rivoluzione epocale che comporterà un approccio totalmente diverso, risposte, a diritti e doveri, che fino ad ora spesso sono rimaste inevase.

Primi segnali di questo cambiamento?

È ancora presto per vederli. Di nuovo c’è già un certo tipo di vocabolario di uso comune al tempo della grande crisi, ma oltre alle parole e agli slogan dei buoni propositi ora bisogna accelerare con le azioni per preparare l’impianto sociale che verrà. Per questo abbiamo consegnato in fretta al presidente Gravina, che coordina il lavoro con il Governo, lo studio “PwC TLS” che descrive i tre scenari e l’impatto derivante. Io al momento non posso dire quando si tornerà a giocare, ma so però che quando accadrà in quel documento ci sono le soluzioni per farlo al meglio.

Per ripartire al meglio forse servono anche più patron alla Berlusconi (vedi il Monza del Cavaliere).

Abbiamo 10 società che usano la Lega Pro come transito per andare in A e tra queste ovviamente c’è il Monza di Berlusconi. Proprietà come la sua che ben vengano, a patto che ci ripaghino in attrattività, in spettacolo e in incassi. Nella stagione in corso, grazie anche alle grandi piazze, specie del Sud, Bari, Catania... avevamo registrato 600mila spettatori in più allo stadio. Ma la C è fatta di un’altra decina di club che sono le “favole”, Gozzano, Giana Erminio, Pianese, Picerno... e queste e il resto delle realtà di provincia devono fare la mission dei giovani e diventare il substrato patrimoniale della C.

Un patrimonio da tutelare e recuperare, insieme ai sogni congelati. Qual è il suo sogno più grande presidente Ghirelli?

Tornare a vedere ragazzi in campo che si scambiano la mano e che si abbracciano dopo un gol. Il virus ha fatto capire come il mondo sia interconnesso e che tutte le storie dei fili spinati che l’avrebbero fermato si è rivelata la peggiore delle fakenews. Il mondo è una palla che deve tornare a rimbalzare, per ricostruire.

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