giovedì 11 dicembre 2014
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Terra, acqua, aria e fuoco: sono i quattro elementi il tema conduttore della quinta edizione di “Mangiastorie”, il festival di letteratura per bambini e ragazzi diretto dalla scrittrice Cosetta Zanotti. Da domani fino al 21 dicembre, la rassegna si svolge nel Bresciano, tra i Comuni di Gussago, Castegnato, Ome e Rodengo Saiano: in calendario 70 eventi destinati alle scuole del territorio e una ventina di incontri aperti al pubblico, con la partecipazione di autori come Fuad Aziz, Nicola Brunialti, Aldo Ferraris, Paolo Di Paolo, Satoe Tone (nella foto) e Saverio Simonelli, che insieme al direttore del “Giornale di Brescia”, Giacomo Scanzi, presenterà il suo Berlino, in fuga dal Muro (Effatà). Da segnalare, inoltre, lo spettacolo multimediale Io sono un ladro di bestiame felice, ideato e realizzato da Gek Tessaro. Per ulteriori informazioni sulla manifestazione – che ha ottenuto quest’anno il patrocinio dell’Unesco e che annovera l’emittente Tv2000 tra gli sponsor – è possibile consultare il sito www.festivalmangiastorie.it.

Il Brutto Anatroccolo, in confronto, era il primo della classe. Volare non vola, nuotare non nuota, cantare non canta... Insomma, il povero uccellino è il più imbranato della nidiata. Ambizioni zero, fino a quando non si rende conto che c’è una cosa, una sola, che gli viene benissimo. Riguarda la pazienza, si consuma nell’attesa e no, non lo renderà uguale agli altri. Lo renderà unico.  «È stata la mia storia», ammette Satoe Tone, illustratrice giapponese non ancora trentenne che grazie alla favola lieve di Questo posso farlo è riuscita a coronare un suo grande desiderio. Anzi, due: dedicarsi completamente alle sue storie disegnate e stabilirsi in Italia. Vincitrice nel 2013 del premio internazionale di Illustrazione alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna, Satoe Tone sarà nei prossimi giorni una delle protagoniste di “Mangiastorie”, il festival diffuso che coinvolge diversi Comuni della provincia di Brescia. Porterà con sé i suoi colori, la sua fantasia e i suoi libri, tutti pubblicati da Kite, la casa editrice di Padova che nel 2011 l’ha fatta esordire con il fortunatissimo Questo posso farlo. Il titolo più recente è La Terra vista da qui (pagine 32, euro 15) e descrive le surreali peripezie di un branco di pinguini che vaga di qua e di là alla ricerca di un territorio incontaminato. Finiranno sulla Luna e si stupiranno di come la Terra, “vista da lì”, sembri ancora tanto bella. Particolare importante: i pinguini sono 84, tanti quanti i Paesi che nel 1997 hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto. Nei suoi libri gli animali non mancano mai: perché? «All’inizio di tutto c’è sempre un particolare stato d’animo – spiega l’autrice, che in poco tempo è giunta a padroneggiare un ottimo italiano –. Parto da quello, poi cerco un animale che rappresenti bene la sensazione, il sentimento che voglio descrivere. La storia sta già nascendo, devo solo trovare il modo di svilupparla». Come mai ha lasciato il Giappone? «Era un Paese in cui stavo un po’ stretta, una società che mi sembrava troppo chiusa in se stessa, troppo attenta al rispetto formale delle regole. È il mio punto di vista, sia chiaro, non un giudizio assoluto. Ho trascorso un periodo in Gran Bretagna per motivi di studio e nel frattempo ho conosciuto l’Italia, che mi è piaciuta subito per il suo stile di vita. Gli italiani sono molto più comunicativi dei giapponesi. Il mio desiderio di vivere qui è associato al clima di libertà che ho respirato fin dal mio primo viaggio in Italia». E poi c’è stata la Fiera di Bologna. «Che mi ha cambiato la vita, esatto. Per me è il posto in cui mi sono messa davvero alla prova, presentando i miei progetti, cercando di farmi conoscere. Alla Fiera di Bologna ho incontrato il mio editore e ho capito che potevo farcela anch’io, come l’uccellino dalle mia storia». A chi si rivolgono i suoi libri? «A tutti, non solo i bambini. Quando parliamo di libri disegnati, l’età non ha più alcuna importanza. Quello che racconto deriva sempre dalla mia esperienza, ma non credo che abbia nulla di speciale. Al contrario, è qualcosa in cui ciascuno può riconoscersi. Sono storie che si riferiscono alla famiglia, agli amici, al rapporto con gli altri. Realtà con le quali ci misuriamo a partire dall’infanzia e che ci accompagnano per tutta la vita. L’illustrazione, per me, è un’arte del racconto e la mia speranza è che ogni lettore possa rispecchiarsi nelle mie storie». Si ispira a un modello, a un maestro? «Sinceramente no. Per me il disegno è un’attività molto personale, molto intima. È il motivo per cui, finora, non ho illustrato storie scritte da altri: ho l’impressione che non riuscirei a capirle del tutto, né a esprimerne il senso in modo adeguato. Confesso che anche la distinzione tra Oriente e Occidente non significa granché, almeno nel mio caso. Per raccontare, e per disegnare, guardo dentro me stessa». È il consiglio che darebbe a un aspirante illustratore? «Direi di sì. Partire da sé, dalle proprie esperienze. E non pensare solo al disegno. Viaggiare, leggere, lavorare. Da tutto si impara, tutto può diventare lo spunto per una storia».

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