mercoledì 11 dicembre 2013
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Il carteggio Churchill-Mussolini? Non soltanto è certamente esistito, ma esso contiene, o conteneva, la più spregiudicata offerta che lo statista inglese potesse rivolgere al Duce: la richiesta di entrare in guerra, a fianco della Germania, nel giugno del 1940, quando le cose parevano essersi messe molto male per la Gran Bretagna, terrorizzata, dopo il subitaneo crollo della Francia, dalla prospettiva di essere sconfitta da Hitler. Appello che Mussolini raccolse, e che sarebbe stato all’origine della pericolosa collusione di cui l’epistolario segreto costituì la prova più evidente e scandalosa. Questa la sostanza delle clamorose rivelazioni contenute in una testimonianza del colonnello Emilio Bigazzi Capanni, questore addetto alla persona del Duce durante il periodo di Salò, raccolta dallo storico fiorentino Alberto Maria Fortuna. Fortuna, autore del libro Incontro all’arcivescovado, pubblicato da Sansoni nel 1971, ha compiuto un’indagine minuziosa sugli ultimi giorni di Mussolini, basata su una massa imponente di documenti e destinata a essere data alle stampe in tempi ravvicinati. Frutto del suo scavo, durato parecchi decenni, sono anche le memorie del questore Capanni, da lui incontrato in diverse occasioni, nell’ormai lontano 1960. Fortuna per molti anni collaborò anche alle ricerche del giornalista e storico Duilio Susmel, tra i più agguerriti cacciatori di carte mussoliniane, coautore con il padre Edoardo dell’Opera Omnia ducesca. Bigazzi Capanni, toscano, è un personaggio rimasto sostanzialmente ai margini delle ricostruzioni sul periodo della Repubblica sociale italiana, anche se ebbe un ruolo rilevante, in qualità di capo della cosiddetta "squadra presidenziale", la scorta italiana del Duce, che aveva il suo "doppio" nel servizio di sicurezza approntato dai tedeschi attorno alla persona del dittatore. Il questore fu vicino a Mussolini, tra l’inizio di gennaio del ’44 e la fine di ottobre di quello stesso anno. In quei mesi, poté apprendere molti dei segreti più impenetrabili dell’uomo che aveva governato l’Italia, con pugno di ferro, per un ventennio. Scoprì, per esempio, che Claretta Petacci faceva eseguire delle copie fotografiche delle lettere intime che riceveva dal suo amante, documenti che furono sequestrati nel corso di un’animata perquisizione compiuta nella residenza della donna, Villa Fiordaliso di Gardone. Queste lettere mussoliniane, con ogni probabilità, finivano nelle mani dei tedeschi, che spiavano ogni aspetto della vita pubblica e privata del capo del fascismo: nel restaurato regime di Salò, infatti, le sue telefonate erano regolarmente intercettate, forse perfino la sua corrispondenza aperta e impunemente violata.Tutto ciò serve a introdurre il personaggio autore delle rivelazioni, come uomo informato degli arcana del Duce. Bigazzi Capanni dichiarò dunque a Fortuna: «Il carteggio Churchill-Mussolini è certamente esistito. Ma si tratta di documenti anteriori alla Rsi. Il documento più importante consisteva in una definitiva chiarificazione delle ragioni dell’intervento italiano (nel secondo conflitto mondiale, ndr). L’intervento, infatti, dipese da una lettera di Churchill a Mussolini, giunta dopo Dunkerque: in quella lettera Churchill invitava il Duce a entrare in guerra a fianco della Germania, così che l’Inghilterra avesse al tavolo della pace un amico che attenuasse le conseguenze di quella disfatta britannica che sembrava imminente. Questo mi fu comunicato, non ricordo in quale periodo del mio incarico di questore del Duce, o dallo stesso Mussolini o dal suo segretario Dolfin. Non ricordo esattamente da chi dei due».Non è la prima volta che viene avanzata questa ipotesi: che, cioè, la corrispondenza segreta tra i due statisti avrebbe conosciuto il suo apice, proprio nell’immediatezza dell’entrata in guerra dell’Italia, con un Churchill preoccupato di "sfangarla", fino al punto di affidarsi agli uffici del Duce. Nella prima decade di giugno del 1940, dopo la ritirata di Dunkerque, si profilò il definitivo smottamento dello schieramento anglofrancese, e l’assillante preoccupazione del primo ministro britannico, in quei giorni, fu quella di separare le sue sorti da quelle degli alleati ormai sconfitti. Detto in termini brutali: Churchill fece di tutto per evitare di subire le conseguenze rovinose della resa francese, abbandonando gli alleati al loro destino. Per comprendere la natura dirompente di questo retroscena (che, se risultasse confermato, sarebbe destinato a rivoluzionare i libri di storia) va considerato che, tra l’aprile e la prima metà di giugno del 1940, con l’offensiva sferrata da Hitler a Ovest, caddero, come un castello di carte, la Norvegia, la Danimarca, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo e la Francia. In tali condizioni, in Inghilterra cominciò a serpeggiare il terrore della sconfitta, e nelle peggiori condizioni possibili, vale a dire in presenza del crollo del suo sistema di alleanze.Finora si è sempre sostenuto che il leader conservatore, nel perseguire la stabilizzazione del fronte interno, fosse all’affannosa ricerca di un presupposto morale sul quale far leva per organizzare la resistenza al nemico nazista, che pareva in procinto di invadere l’isola britannica. In tutto questo ragionamento, che resta valido, c’è però un "ma". E cioè: come non immaginare che Churchill potesse non concepire una sorta di "piano B", al quale aggrapparsi nel caso in cui la catastrofe annunciata fosse divenuta realtà? Ecco allora l’idea di "agganciare" Mussolini, affidandogli in via preventiva una missione salvifica, quella di preservare l’Inghilterra dall’aggressività hitleriana. Del resto, all’esistenza di una lettera del genere, giuntagli da Oltremanica nell’imminenza dell’entrata in guerra dell’Italia, fece allusione lo stesso Duce, nelle sue comunicazioni telefoniche con Claretta intercettate e trascritte dai germanici a Salò. Nella sua memoria, Bigazzi volle poi aggiungere che il dittatore «aveva stima di Churchill» e offrì all’interlocutore una sua interpretazione delle vicende relative alla divulgazione di presunti spezzoni del carteggio, avvenuta alla metà degli anni Cinquanta, a opera dell’ex tenente della Guardia nazionale repubblicana Enrico De Toma, figura poco limpida di faccendiere coinvolto in speculazioni editoriali. Il settimanale Oggi, nel 1954, pubblicò infatti assaggi di quella che pareva, a prima vista, una genuina corrispondenza tra il Duce e Churchill. Ma era una polpetta avvelenata: analisi successive consentirono di appurare che si trattava di apocrifi fabbricati da abili falsari, e confutati per primo dallo stesso Churchill che ne ricevette copia.Il ragionamento di Bigazzi Capanni, a tale riguardo, è molto raffinato: «Quello che è successo poi, con il De Toma e il presunto carteggio pubblicato poco tempo fa, lo spiegherei così: questo De Toma è evidentemente un uomo di paglia, scelto a caso dall’Intelligence Service, per fargli dire le cose che piacevano a loro [agli inglesi, ndr]». Scopo dell’intera operazione, dunque, sarebbe stato quello di «pubblicare dei documenti evidentemente falsi, allo scopo di far credere, come sembra che siano riusciti, che un carteggio segreto fra i due statisti non fosse mai esistito».
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