mercoledì 28 settembre 2011
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L’obiettiva provocazione che la proposta di Benedetto XVI di istituzione di un nuovo cortile dei gentili contiene merita, a mio avviso, un supplemento di riflessione e meditazione, in quanto il numero di atei, di agnostici o più direttamente di persone per le quali la religione è una cosa estranea sta crescendo anche in Paesi tradizionalmente cattolici come l’Italia. Segnali in tale direzione vengono puntualmente registrati da una notevole indagine commissionata dalla rivista “Il Regno” a Paolo Segatti dell’Università di Milano, il cui dato più rilevante è che «i giovani, in particolare quelli nati dopo il 1981, sono tra gli italiani quelli più estranei a un’esperienza religiosa. Vanno decisamente meno in chiesa, credono di meno in Dio, pregano di meno, hanno meno fiducia nella Chiesa, si definiscono meno come cattolici e ritengono che essere italiani non equivalga a essere cattolici». Più in generale, rileva la medesima indagine, il punto da tener presente è che «il futuro dell’Italia religiosa si profila come quello di un Paese che da cattolico diviene genericamente cristiano». E non è un caso, a questo punto, se una delle indagini più lucide e analitiche degli ultimi tempi sul rapporto giovani, spiritualità e religione, quella condotta dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto e pubblicata con il titolo C’è campo?, abbia proposto alla comunità ecclesiale di trovare ispirazione proprio nell’idea del Cortile dei gentili al fine di recuperare terreno sul fronte del suo impegno nella trasmissione della fede alle nuove generazioni. L’ideatore e coordinatore dell’indagine, Alessandro Castegnaro, si esprime così al termine della ricerca: «Quello che probabilmente potrebbe incontrare interesse oggi è la possibilità di incrociate luoghi “neutri”, dove la scoperta e la cura di sé possano interloquire con le domande radicali, senza che vi sia la preoccupazione di giungere a una conclusione prestabilita; luoghi dove gli interessati potrebbero anche esplorare la fede cristiana, ma in un modo diverso da quello già vissuto e senza un risultato prestabilito. Un qualcosa di simile al Cortile dei gentili forse». Molteplici, dunque, le ragioni per una riflessione allargata sul Cortile dei gentili. La prima evidenza che rimbalza dalla riflessione di Benedetto XVI, che porta poi alla proposta dell’istituzione di un odierno Cortile dei gentili, è sicuramente l’acutezza e direi pure il garbo con cui viene colta una reazione possibile da parte degli atei e degli agnostici di fronte all’interessamento ecclesiale nei loro confronti: ed è, dice il Papa a tutto tondo, una reazione di spavento. Spavento di fronte all’idea di nuova evangelizzazione, spavento di cogliersi “oggetto” di missione, spavento di vedersi costretti a rinunciare alla propria libertà di pensiero e di volontà.Già questo primo passaggio impone una seria analisi sul modo con cui la comunità dei credenti di fatto propone se stessa al mondo. Ed è non poco faticoso per noi dover ammettere che a molte persone estranee alla religione, oltre che a moltissimi atei e agnostici, la Chiesa appaia come una sorta di esercito che va all’assalto di coloro che sono da essa lontani e che intende riportarli in una specie di stato minorità mentale, caratterizzata dalla costruzione a rinunciare alla libertà di pensiero e di volontà. Una tale paura della Chiesa, cioè nei confronti della Chiesa, fa pensare. Da una parte essa è riconducibile all’ancora vigente sistema intellettuale illuministico, secondo il quale chi crede non pensa e chi pensa non crede; dall’altra, è pure l’effetto di una corrente di pensiero particolarmente critica nei confronti del sistema ecclesiale (si faccia mente ai rappresentanti del cosiddetto “nuovo ateismo”), che scrive e dice di tutto pur di dipingere il cattolicesimo ai limiti del caricaturale. Tuttavia non possiamo escludere una quota di responsabilità da parte nostra nella costruzione di questa immagine molto diffusa di Chiesa, capace appunto di suscitare spavento. La prima idea che la proposta del Cortile dei gentili suggerisce è, allora, uno sguardo lucido sulla realtà stessa della Chiesa: quale suo aspetto genera, nei non credenti, negli atei, negli agnostici, un possibile sentimento di paura, di terrore, di spavento? Perché a noi credenti è quasi come impedito rivolgere un invito più diretto e immediato all’ascolto del Vangelo e alla proposta della fede di Gesù, che nulla di meno rappresenta del massimo esercizio della libertà e dell’uso della ragione umana? Perché l’idea stessa di una nuova azione evangelizzatrice crea come un freno, un muro, uno scandalo nel rapporto con gli atei, con gli agnostici e con le persone estranee alla religione? Insomma, nella reazione di possibile spavento da parte dei non credenti di fronte a un’esplicita azione di evangelizzazione, si nasconde in filigrana una sorte di spavento della stessa comunità dei credenti: lo spavento del proprio coraggio di continuare, forse riprendere, quel dialogo onesto e profondo con la realtà nella quale le tocca vivere al fine di più opportunamente predisporre la propria testimonianza del Vangelo, che o è annuncio di libertà e di compimento dell’umano o semplicemente non è. Se così stanno le cose, allora la seconda suggestione che ci viene dalla riflessione del Papa sul Cortile dei gentili è quella legata alla priorità che la comunità dei credenti deve esprimere, nella relazione con gli atei, con gli agnostici e con le persone estranee alla religione: la priorità di tenere desta la ricerca di Dio, la preoccupazione che tale ricerca non venga messa da parte. A tal fine, nello spirito che fu del Concilio, non possiamo non chiederci quale profilo assuma una tale ricerca di Dio nel tempo che stiamo vivendo.
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