giovedì 21 novembre 2013
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​A Londra 2012 Niccolò Campriani è stato l’olimpionico azzurro che ha raccolto di più: oro e argento individuali. Quest’anno nella carabina 3 posizioni da 50 metri (a terra, in piedi e in ginocchio) il tiratore toscano ha festeggiato assieme alla fidanzata Petra Zublasing: nello stesso giorno, in estate si sono aggiudicati i Giochi del Mediterraneo, e due domeniche fa anche la Coppa del mondo. Nessun italiano aveva mai sollevato quel trofeo, a Monaco di Baviera se l’è aggiudicato anche il poliziotto siciliano Andrea Amore, nella pistola da 10 metri. Petra nella gara femminile si è imposta con 5 punti di margine sulla serba Arsovic, facendo 3 punti in più di Campriani. «Se ci penso bene – scherza “Nicco” – è come fossi stato argento, dietro di lei. Ora allenarci assieme aiuta, ma per quasi un anno era stata dura perché non ci siamo visti: io stavo facendo un master in Inghilterra, lei studiava in un college americano...». È tutto raccontato nel romanzo-confessione “Ricordati di dimenticare la paura” (edizioni Strade Blu, Mondadori) scritto con il giornalista Marco Mensurati. Campriani aveva iniziato con un’arma presa in prestito e un manuale scritto in cirillico, ma spesso il bersaglio di dove si allenava da ragazzo era occupato dal nido di due passerotti, nel poligono di Cascine, sperduto nella campagna toscana. Nella specialità “in piedi” è un predestinato, il migliore nella storia del tiro a segno. Eppure a Pechino 2008 mentre sta per conquistare l’oro, Campriani scopre un avversario subdolo e in realtà di tanti: l’ultimo colpo. Manca il bersaglio per 3,34 millimetri, cioè lo spessore di due monetine da un centesimo. Precipita in un buco nero che lo svuota e gli fa dubitare di tutte le scelte. Una mattina si sveglia depresso, nella casa di Sesto Fiorentino, la ragazza l’ha lasciato, si era ubriacato: «Qui non troverò le risposte che cerco», scrive. Nicco è in fuga da sé, lascia Sesto Fiorentino e si iscrive a un campus americano. In 4 anni studia intensamente ingegneria, si allena in posti improbabili e si laurea da “cervello in fuga”. Parla con campioni ed ex, lo aiutano a scoprire che fra il mirino e il bersaglio ci sono aria, distanza e paura: di fallire, e anche di deludere se stessi. Sono tre anni di incontri, con la nuova “morosa” Petra, altoatesina, e pure con se stesso. «Tanti atleti stranieri – racconta Campriani – studiano psicologia dello sport, io ho frequentato 6 corsi...». I segreti della mente continuano a catturarlo: «La preparazione mentale è fondamentale, all’Acquacetosa, invece, ricordo che mi avevano proposto un semplice questionario sportivo, a crocette. Alle Olimpiadi non siamo abituati a gestire il circo mediatico, quella è stata una difficoltà in più, ma appunto mi ero preparato. Conta quasi quanto le ore in palestra o al poligono, a selezionare munizioni e carabine: il nostro sport per l’80% è questione di testa...». È anche così che vince la paura dell’ultimo colpo. A 24 anni, a Londra 2012, Campriani rinasce e senza mai rischiare conquista l’oro da 50 metri nella carabina a tre posizioni e l’argento dai 10 metri, ad aria compressa. Viene in mente la canzone degli Europe “The final countdown”. «Il fine è il gesto perfetto, assoluto e puro, da compiere solo in una condizione di distacco, dimenticando ansia e paura di vincere». Esemplare la storia del 32enne americano Matthew Emmons. Nel 2004 ad Atene all’ultimo sparo colpisce il bersaglio. Ma è quello accanto al suo, di un avversario. Emmons perde titolo e podio, divenendo una barzelletta a cinque cerchi. A Pechino 2008 il bis: il colpo decisivo gli parte accidentalmente, mentre prende la mira, e addio titolo. «Ho cercato Emmons per email – racconta Niccolò –, ci siamo allenati assieme e a Londra perlomeno ha raggiunto il podio, entrambi siamo migliorati sul colpo chiave». Difficile azzerare i fantasmi della paura: «Quelli del 2008 per me comparirono anche un anno fa, ma ci convivo in maniera diversa, spostando l’attenzione sulle cose positive, che contano davvero: per il gesto tecnico serve tanto esercizio, nella sua semplicità è complesso». Il titolo olimpico è arrivato dopo un decennio di pratica, mentre questo è stato un anno di scarico. «Alla finale della coppa di cristallo – spiega – sono arrivato grazie a tre secondi posti e a un terzo. Per me è stato come ricominciare a tirare perché ho cambiato carabina, mi allenavo per sviluppare la Pardini, ho portato sul podio la prima carabina italiana, in precedenza ne usavo una tedesca». A luglio Campriani ha concluso un altro master, ha discusso la tesi a Sheffield, in Inghilterra. «È un trattato di fisica sulla meccanica delle vibrazioni, descrive quanto succede nella canna al momento del tiro, l’energia del colpo: una parte rincula e un’altra fa vibrare l’arma, a distanza di 50 metri dal bersaglio, l’effetto è nella dispersione, nel volo, in particolare sul calibro 22 è molto interessante. Mi ha aiutato un medico di fisica scozzese...».Per il momento con gli studi si ferma, ma ha già in mente un altro master: «A Losanna, in management dello sport». Intanto, ha traslocato e raggiunto Petra al suo paese, Appiano, sulla strada del vino, in provincia di Bolzano: «Abbiamo iniziato a convivere, ma ci sposeremo». Lei a Londra è stata 12ª, non è il fidanzato ad allenarla («Non funzionerebbe, sarei troppo coinvolto. Ci scambiamo consigli, però, è ovvio»), ad allenarsi vanno a 50 metri da dove vivono. «In un ambiente climatizzato. I poligoni di solito sono all’aperto, da ottobre a marzo fa troppo freddo per continuare l’attività, qui invece non c’è questo problema». Il futuro sportivo? «Io proseguo sicuramente sino al 2016, sulla scelta incidono mille fattori, valuterò se mi diverto ancora, intanto ringrazio le Fiamme Gialle: per la tranquillità che garantiscono alla mia vita, non solo per i soldi. Ma, poi, penso già alla professione: può essere rischioso iniziare a fare l’ingegnere a 40 anni, con il curriculum vuoto sul piano professionale». È stato papà Giuseppe, 66 anni, aretino del Casentinese, a trasmettergli la passione per ingegneria: «Non avessi tirato, mi sarei perso mille storie. Amo il tennis, comunque gli sport individuali. La squadra è bella, però per il mio carattere gareggio bene da solo: ho scoperto il golf, molto simile al tiro, la competizione è individuale e con un colpo alla volta; i campioni delle mazze ripetono lo swing e gli psicologi lavorano tanto anche con loro». Nel suo salto di qualità balistico incidono anche gli stage a Pechino e pure il mese trascorso laggiù prima della Coppa: «Ho tirato con i cinesi, tengono molto al segreto professionale, mi relaziono con il loro allenatore». Fondamentale è anche il ruolo della ct azzurro, Valentina Turisini, unica a occuparsi di uomini e donne. E non è un programma televisivo. «A Londra ci ha protetto molto, una coppia di fidanzati in Nazionale si presta come storia, invece non ci ha dato in pasto ai giornalisti, escluso nell’ultima settimana». Campriani già inquadra il prossimo obiettivo: «A settembre 2014 in Spagna». Il campionato del mondo metterà in palio le prime carte olimpiche per Rio. Nicco e Petra si presenteranno da favoriti e proseguiranno la battaglia con la paura dell’ultimo colpo. In fondo quella ce l’abbiamo un po’ tutti. E in qualsiasi ambito.
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