mercoledì 25 ottobre 2017
A lungo si è pensato che i libri della dottoressa marxista, fondatrice delle Madri di Plaza de Mayo e poi essa stessa desaparecida, fossero stati bruciati. Invece...
Un'immagine del giovane padre Jorge Mario Bergoglio

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L’amicizia tra il futuro Papa e la dottoressa che parlava di Marx scoppia per caso. Jorge Mario Bergoglio incontra Esther Ballestrino appena dopo il diploma, negli anni ’50. Lui tenta la strada che lo avrebbe potuto portare a una laurea, lei dirige il laboratorio nel quale fa apprendistato il giovane Bergoglio. Esther fu tra le fondatrici delle Madres de Plaza de Mayo e venne fatta sparire dai militari. Ma quando le perquisirono la casa non trovarono i “libri comunisti” che cercavano. Adesso sappiamo a chi venne affidata quella biblioteca e che fine hanno fatto i testi conservati da Esther.


Il mistero della biblioteca marxista di Esther Ballestrino de Careaga è durato quattro decenni. E quasi per caso è stato risolto durante la visita di papa Francesco in Paraguay. Un episodio che la dice lunga sull’approssimazione con cui si sono gettate accuse contro Bergoglio, e che semmai ci dice di più sulla personalità di papa Francesco. E è qui che accade un episodio a lungo rimasto avvolto nel dubbio. Rileggiamo le parole di padre Bergoglio: «Una volta mi chiamò e mi chiese: ehi, puoi venire a casa mia, che mia suocera sta male e voglio che tu le dia l’estrema unzione? Mi sembrò strano – precisò l’arcivescovo gesuita durante un’audizione giudiziaria a Buenos Aires del 2011 – perché non erano credenti, nonostante la suocera lo fosse; era abbastanza devota, però mi sembrò strano. E mi chiese dove potevamo nascondere la biblioteca, perché la tenevano sotto sorveglianza».

È un dettaglio rimasto in sospeso su cui ho indagato per quasi tre anni senza trovare il tassello mancante. Alcuni testimoni dell’epoca ipotizzarono che Bergoglio avesse ragionevolmente distrutto i libri, probabilmente bruciati per far sparire ogni traccia. Un gesto finito addirittura in un frettoloso film italiano sul pontefice. Ma nessuno aveva assistito al rogo: e dunque, mi dicevo, non si può escludere che i libri siano invece stati custoditi in qualche nascondiglio. Se la distruzione di quelle opere sarebbe stata una scelta normale agli occhi di chi ricostruisce quei giorni con lo sguardo dell’oggi, non è detto che sarebbe stato altrettanto logico per chi quell’epoca l’ha vissuta in prima linea. Distruggere i libri, inoltre, rientrava nella simbologia della dittatura. Sul giornale “La Razón” del 29 aprile 1976 si dava notizia che il tenente colonnello Jorge Eduardo Gorleri, di stanza nella città di Córdoba, aveva invitato dei giornalisti a presenziare ad un incenerimento di testi di autori marxisti confiscati nelle librerie delle città, manifestando che si procedeva a «incenerire questa documentazione contraria ai nostri principi spirituali che sono Dio, Patria e Famiglia».

Diversi gesuiti del collegio di San Miguel mentre svolgevo le ricerche mi avevano detto che nella biblioteca del collegio erano stati nascosti dei “libri comunisti”. Che si trattasse dei volumi affidati da Esther a padre Jorge era solo un’ipotesi. Successivamente, alcuni dei più pervicaci critici del Papa mi avevano fatto notare che «di quei libri non si è mai saputo nulla, e dunque Bergoglio deve averli distrutti».

Personalmente, non ci trovavo niente di male. Se in un tempo come quello fosse stato necessario gettare nel camino Il capitale di Marx non sarebbe stato un peccato mortale, specie se avesse potuto mettere in salvo qualche vita. Non si trattava di manoscritti originali, dunque avrebbero potuto essere facilmente reperiti in un momento successivo. E invece….


Anticipiamo qui un passo del volume "Bergoglio e i libri di Esther. L'amicizia tra il futuro Papa e la rivoluzionaria desaparecida" di Nello Scavo, in libreria dal 26 ottobre 2017 per Città Nuova. Nel libro il giornalista di Avvenire ricostruisce una storia che getta nuova luce sul passato e la personalità di papa Francesco.


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