venerdì 5 aprile 2019
Si apre oggi l’Edizione nazionale digitale dell’epistolario di Alcide De Gasperi. Sono già in rete 1.300 documenti, quasi tutti inediti, sia in trascrizione che in versione originale
Alcide De Gasperi il 24 agosto 1948 al Passo di Campolungo, in Trentino

Alcide De Gasperi il 24 agosto 1948 al Passo di Campolungo, in Trentino

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Oggi ci è restituita una parte importante della figura di Alcide De Gasperi. Al Quirinale, davanti al presidente Sergio Mattarella, sarà aperta la Edizione nazionale digitale dell’epistolario di Alcide De Gasperi. Si tratta di una impresa editoriale unica nel suo genere, che ci restituisce non soltanto il volto di un grande politico, ma anche in una certa misura l’autobiografia dell’Italia del XX secolo.

L’idea è nata nel 2016 per iniziativa della Fondazione trentina Alcide De Gasperi che ha coinvolto la Fondazione Bruno Kessler e l’Istituto Sturzo di Roma. Il Mibac l’ha riconosciuta e finanziata. L’impegno sarà duro, perché si tratta di cercare le lettere di e a De Gasperi negli archivi pubblici e privati di tutto il mondo, ma già 1.300 documenti, quasi tutti inediti, sono ora in una piattaforma digitale di moderna concezione.

Non soltanto trascrizioni, come in un libro stampato, ma anche la riproduzione degli originali, in un’edizione aperta, di libera consultazione, che consente navigazioni altrimenti impossibili. Lavorano all’edizione trenta ricercatori e sono stati finora consultati più di cento fondi archivistici in nove Paesi diversi. Le istituzioni culturali coinvolte sono già trenta.

L’Edizione nazionale delle lettere ci restituirà un De Gasperi diverso e anche nuovo, lontano dalla retorica. Ma oltre ai dati materiali vi è un significato civile evidente in questa impresa: ridare vita alla memoria storica. La distanza, si dice, rende tutto più lontano e appannato, ma non è la distanza degli anni che rovina la memoria, ma l’assenza di documenti e di storie da raccontare. Non è lo scorrere del tempo che ci separa da chi ci ha preceduto, ma lo spegnersi della passione per la conoscenza. Anzi, la giusta distanza aiuta perché crea la prospettiva e ci rende liberi. Alla coscienza storica bisogna essere educati, e la memoria collettiva è un impegno educativo.

Il significato politico dell’epoca degasperiana è ancora da studiare. Molti cattolici pensano a De Gasperi con nostalgia. È un sentimento politico legittimo ma sulla nostalgia non si costruisce. Se il pensiero va ai fasti della Democrazia cristiana la consapevolezza storica ci dice che quella stagione si è conclusa e che se l’impegno civile dei cattolici si riaccende dovrà essere per qualche cosa di diverso, forse ancora più impegnativo.

La secolarizzazione non è stata un processo solo distruttivo, ma ha portato ad una migliore comprensione della complessità sociale e spirituale del mondo. Semmai è rimasta una secolarizzazione “incompiuta” che chiama i credenti a compiere fino in fondo il sacrificio delle proprie sicurezze per accogliere il messaggio evangelico.

In questa prospettiva l’esempio di De Gasperi resta importante: egli ha contribuito a costruire per la fede una scena più alta di quella di un’identità chiusa, dottrinale e provinciale. Non voleva fare il mondo “come una chiesa”: aveva il senso delle proporzioni. Voleva invece costruire un’Italia aperta e solidale. Aveva capito perfettamente che, in una Europa divisa dalla Cortina di ferro, per una potenza sconfitta l’unica scelta era quella di lavorare dentro la prospettiva disegnata dagli americani, offrendo loro però una dimensione europeista, dunque lavorando all’interno della tradizione europea per far crescere il peso dei suoi valori giuridici e spirituali, ben sapendo che nel mondo allora nessuno avrebbe voluto più una Europa forte intorno alla Germania.

In un celebre discorso programmatico del 1948, su Le basi morali della democrazia, De Gasperi tracciò con grande forza l’evoluzione necessaria del personalismo cattolico: recuperare i valori delle grandi rivoluzioni politiche moderne - libertà, uguaglianza, giustizia - togliendo ad esse il veleno della violenza e dell’odio, alla ricerca di una convivenza civile costruita sui dati di realtà ma anche sull’amore. In questo modo, la Chiesa e i cattolici potevano uscire dalla condizioni di subalternità in cui erano stati messi dalla storia.

De Gasperi ha avviato la seconda grande stagione dell’umanesimo cattolico del Novecento. Dalla fine di uno Stato pontifico e del temporalismo della Chiesa si era passati al grande progetto della "Nuova cristianità" di Benedetto XI e di Pio XII chiamata a ricostruire una egemonia cattolica sulla società, ma la crisi della Seconda guerra mondiale rivelò che si trattava di una prospettiva irrealizzabile, perché se da un lato chiamava i credenti ad operare nella società non dava loro le responsabilità e le libertà che l’agire politico richiedeva.

Dopo l’esperimento di partiti nuovi, come quello coraggioso del Partito popolare italiano di don Luigi Sturzo o quello sfortunato del Zentrum in Germania, con De Gasperi, e Adenauer, prese l’avvio la stagione di partiti di Democratici cristiani chiamati a governare in prima persona. Il Concilio Vaticano II - insieme ai primi turbamenti della globalizzazione e della società dei consumi - ha però ancora una volta sfidato antiche sicurezze e vizi consolidati e ha posto più avanti la soglia dell’impegno civile dei credenti. Aldo Moro - che fu il più degasperiano dei non degasperiani - lo aveva capito ed aveva iniziato a parlare di una nuova fase della democrazia italiana. A partire dagli anni Settanta è stato chiaro che nessuno poteva più pensare al governo come affermazione di un progetto chiuso e che la propria azione andava costruita sull’analisi dei bisogni di tutti piuttosto che sulla difesa dei propri interessi, seppur nobili.

L’Edizione nazionale delle sue lettere ci mostra che il flusso della corrispondenza degasperiana era molto più vasto di quello della corrispondenza di Stato. L’epistolario che prende il via abbraccia tutta la vita di De Gasperi, dalle prime prove nella provincia italiana di un Impero asburgico in crisi, alla prigione fascista e all’esilio nella biblioteca vaticana, da dove immaginava di non uscire più e dove, come scriveva a Sturzo, pativa come una croce l’impossibilità di fare politica.

Le lettere restituiscono un volto ad una moltitudine di protagonisti, potenti o semplici cittadini, impegnati a disegnare i destini del mondo o a sopravvivere con le loro famiglie. Sotto la penna di De Gasperi sono testimoni di quell’umanesimo che è alla base di ogni sana democrazia.

Le lettere difficilmente mentono a chi sa leggerle. Con questa Edizione nazionale l’Italia fa bella figura a livello internazionale. Ritorna in prima linea negli studi storici e politici, perché De Gasperi sarà lo statista più aperto alla ricerca storica tra tutti i grandi dell’Europa. I suoi Scritti e discorsi, già editi, saranno presto anch’essi digitalizzati e la scelta digitale è vincente perché l’intelligenza artificiale ci consente di costruire mappe concettuali simili a quelli che il nostro cervello elabora ogni giorno. Ogni nuova lettera, ogni nuovo commento potranno essere inseriti senza distruggere nulla, in una costruzione sempre aperta ma ordinata, come è stata la vita di De Gasperi.

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