Un banchetto di larve di mosca: la sorprendente dieta dei Neanderthal
Una nuova ricerca svela che la dieta poteva includere anche carne putrefatta: risorse non convenzionali ricche di nutrienti

Al centro di una nuova ipotesi scientifica sembrerebbe che i Neanderthal potrebbero aver consumato carne putrefatta e larve di mosca come parte regolare della loro dieta. Questa ipotesi nasce dall’analisi dei livelli di azoto-15 nei loro resti ossei, sorprendentemente alti, persino superiori a quelli di predatori come i lupi e le iene.
Le larve analizzate (provenienti da carcasse in decomposizione) hanno mostrato valori di azoto molto più alti rispetto alla carne stessa. Lo studio, pubblicato su "Science Advances", spiega che questi valori potrebbero essere ricondotti al consumo di carne contaminata da larve.
Non ci sono prove chiare che i Neanderthal mangiassero regolarmente carne putrefatta e larve, ma l’ipotesi basata sui dati isotopici sembra essere piuttosto solida. Secondo le analisi, la carne in decomposizione, ricca di larve, offriva grassi e nutrienti essenziali, rendendola così un alimento più completo dal punto di vista nutrizionale.
L’ipotesi si basa su dati raccolti al Forensic Anthropology Center dell’Università del Tennessee, dove sono state analizzate le larve cresciute su tessuti umani in decomposizione. I risultati mostrano arricchimenti di azoto eccezionalmente alti, in alcuni casi oltre due livelli trofici rispetto agli erbivori.
Le pratiche di conservazione della carne da parte dei cacciatori preistorici – come l’immagazzinamento in fosse – avrebbero favorito la decomposizione e l’infestazione di vermi. Diverse testimonianze etnografiche riportano che popolazioni artiche e boreali consideravano le carni fermentate e le larve come una risorsa nutriente e addirittura una prelibatezza, pratica che potrebbe risalire a tempi molto più antichi.
Secondo gli autori, l’inclusione regolare di larve di mosca ricche di proteine e grassi nella dieta dei Neanderthal e degli umani del Paleolitico superiore potrebbe spiegare i valori anomali di azoto senza dover ipotizzare un consumo quasi esclusivo di carne di grandi erbivori. Questa prospettiva apre un nuovo capitolo nella ricostruzione delle strategie alimentari preistoriche, suggerendo che l’utilizzo di risorse non convenzionali come insetti possa essere stato più diffuso di quanto si pensasse.
Per decenni, gli scienziati hanno interpretato i valori insolitamente alti di azoto trovati nelle ossa dei Neanderthal come la prova di una dieta ipercarnivora, basata quasi esclusivamente sulla carne di grandi mammiferi come mammut e bisonti. Ma questo nuovo studio apre un capitolo inatteso. Alle latitudini medie e settentrionali, infatti, spiegano gli autori della ricerca, la caccia era imprevedibile e spesso insufficiente a coprire il fabbisogno nutrizionale quotidiano. Per sopravvivere, veniva immagazzinata la carne e consumata settimane o mesi dopo, spesso in uno stato avanzato di decomposizione. In queste condizioni, la presenza di larve sarebbe stata inevitabile, e il loro consumo una risorsa alimentare aggiuntiva.
Il nuovo modello proposto suggerisce quindi un quadro alimentare molto più complesso rispetto all’immagine tradizionale dei Neanderthal come “super-predatori”.
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