Con l’IA che ci trasforma stiamo andando verso l’oltreuomo?

La rivoluzione digitale sta ridisegnando l’essere umano: tra tecnica, potere e perdita di senso, quale sarà il destino della persona?
August 1, 2025
Con l’IA che ci trasforma stiamo andando verso l’oltreuomo?
Alamy | “The Questor Tapes”, film del 1974 di Richard Colla
Un acuto sbalordimento si sta sempre più impadronendo di ciascuno di noi: ci rendiamo conto solo ora e con fatica che la rivoluzione digitale e l’IA, in atto da decenni, fanno passi da gigante, e non sappiamo come orientarci. Bisogna intervenire subito, ma come? Avendo una cognizione inadeguata e confusa di quali siano i motori fondamentali del processo, non siamo in grado di rispondere a domande quali: la rivoluzione digitale sta cambiando la natura intrinseca delle cose e della realtà? Qual è il ruolo della volontà di potenza che si manifesta ubiquamente, e che spinge in avanti senza requie la Tecnica? Dobbiamo andare molto più in profondità di quanto è stato fatto finora. Forse la grande paura del XXI secolo scaturisce dalla tecnica e dall’IA. Il massimo profeta della volontà di potenza si concentra nella figura di Nietzsche: «Un’entità vivente vuole soprattutto scatenare la sua forza, la vita stessa è volontà di potenza». Da tempo questa volontà celebra le liturgie del disruptive (dirompente e disgregativo) capitalism e delle disruptivetechnologies; ossia la corsa verso l’innovazione e il cambiamento senza soste come fine in sé. Dobbiamo guardare alla volontà di potenza secondo due prospettive. Quella secondo cui essa si pone come un fine in sé che si autoalimenta nell’inesauribile cammino verso un perpetuo di più di potenza, verso un dominio sempre maggiore sugli altri e su se stessi, verso uno sperato superamento dell’uomo in un oltreuomo o superuomo. E in secondo luogo valutare gli effetti gravemente distorsivi prodotti dalla volontà di potenza tecnica sulla vita politica e sociale: accentramento di potere in poche mani, crescente irresponsabilità dei produttori, manipolazione dell’informazione, controllo sociale asfissiante, interventi manipolatori sulla persona. La prima questione, pur essendo preminente rispetto all’altra, è purtroppo stata lasciata in uno stato di pericolosa ambiguità. La vita del soggetto umano si riduce a volontà di potenza? Non si potranno compiere approfondimenti significativi senza uno sguardo adeguato sulla persona umana e sulle sue inclinazioni primarie: impossibile elaborare un’accettabile filosofia della Tecnica e dell’IA senza tale approccio, per ora raro. Esse sono una creazione umana e bisognerà pur sapere qualcosa su chi le inventa e le usa. Non basta avanzare generici inviti alla prudenza senza volgersi a un’indagine di profondità sull’essere umano. «La verità che dobbiamo all’uomo è soprattutto la verità sull’uomo», Giovanni Paolo II. Il neoilluminismo non sembra in grado di offrire una risposta soddisfacente per la sua frequente «cecità o superficialità antropologica». Nietzsche, lasciando da parte la ragione e puntando tutto sulla volontà, dichiara che sono io a stabilire che cosa è bene e che cosa è male; che non esiste niente che sia bene o male in sé. La forza primordiale della volontà di potenza esige invece una valutazione etica; è essa un’inclinazione positiva o invece un vizio capitale? Nella dottrina teologica classica il vizio che appare più prossimo alla volontà di potenza sembrerebbe la superbia. Occorrerebbe ripensare proprio su questo punto la questione e la denominazione dei vizi capitali, e non trascurarli nell’Insegnamento Sociale della Chiesa (naturalmente insieme al quadro delle virtù): non vediamo agire largamente l’avarizia ovvero la bramosia eccessiva di beni materiali, l’attaccamento ossessivo e ostentato al denaro? Un altro nucleo da non dimenticare mai è che quasi ogni avanzamento tecnologico è aperto sui contrari, ossia può essere impiegato per curare e sostenere l’uomo, come anche per umiliarlo e distruggerlo (si pensi all’energia nucleare che può illuminare una città o annientarla). Da 80 anni sono enormemente aumentati i mezzi di autodistruzione. L’impiego delle tecnologie non dipende dalla scienza-tecnica ma dall’orientamento della volontà umana. Poniamo la questione capitale: la volontà di potenza dell’uomo può tutto, compresa la possibilità di cambiare l’essenza umana? In Il principio responsabilità. Un’etica per la società tecnologica (1979) Hans Jonas ha alluso alla questione, sottomettendo a critica l’antiessenzialismo dominante che sottomette tutto all’evoluzionismo. Da decenni mi sono posto numerose volte la domanda ed ho risposto che la più scatenata volontà di potenza non può cambiare l’essenza umana, che appartiene all’ambito del necessario. I creatori di nuove tecnologie, in genere digiuni di sapienza antropologica, dovrebbero porsi con molto maggiore vigore la questione, perché se l’essenza umana non può essere mutata, i tentativi consapevoli o inconsci di farlo condurranno a enormi disastri. La questione sollevata è filosofica (ontologica, metafisica, etica), non tecnico-scientifica. I venture capitalists della distruzione creatrice e i tecno-ottimisti spesso hanno già deciso a priori che la tecnica può tutto e si muovono di conseguenza, ma andranno incontro alla disfatta: il guaio è che in questo tentativo senza esito saranno i singoli e la vita sociale a dover sopportare pericolose sfide e acuti danni, perché si tenteranno percorsi senza uscita (postumano, transumano, cambio dell’essenza umana), che graveranno su singoli e comunità. Veniamo all’IA: qui cresce la consapevolezza che essa non pensa. Domandiamo: che cosa significa pensare? La questione è molto esigente e non è sufficiente rispondere con numerosi filosofi moderni che pensare è giudicare. Pensare significa invece concepire un concetto e formulareun giudizio, L’elemento primario del pensare risiede nel primo momento, quello della simplex apprehensio o della formazione del concetto, escluso per la macchina. Detto altrimenti, le macchine elaborano dati, che sono ricevuti artificialmente dal di fuori, ma non si scontrano con i fatti. Insuperabile rimane la differenza tra dati e fatti, tra dati e vissuti. Inoltre, la macchina non solo non vuole, ma non è neppure un essere vivente, bensì soltanto materiale senza vita. Aristotele, un osservatore instancabile e formidabile, ha mostrato che per essere considerati viventi occorre possedere almeno uno dei cinque sensi, e che quello più universale che ogni vivente necessariamente possiede è il tatto. I viventi, che volta a volta possono mancare di vista, di odorato, di udito, mai sono privi del tatto. L’IA che non ha neppure il tatto, è macchina senza vita. Solo gli ingenui possono ritenere che l’IA fissi a se stessa i fini da perseguire. L’IA non nutre nessuna volontà di potenza, funziona e basta; funziona secondo il progetto stabilito dall’uomo. Essa esiste in quanto voluta dall’uomo e il suo impiego – ottimo o pessimo – dipende dall’uomo. Ma proprio perché l’IA è una creazione umana dobbiamo vigilare, in quanto l’essere umano è dinamicamente volto al bene e al male, e più al male che al bene quando la volontà di potenza, di dominio e di distruzione si scatena in lui. 2) Il secondo nucleo portante consiste nel considerare gli influssi culturali, sociali politici ed economici della rivoluzione dell’IA e i loro riflessi sulle liberaldemocrazie. Qui forse l’attenzione è maggiore e diverse domande sono già state elevate: quale governance globale è adatta alla società digitale? Come operare sul piano etico-giuridico per regolamentare e in specie per proteggere il valore della persona umana e l’ambiente naturale (si tenga conto che i data centre assorbono una percentuale crescente dell’elettricità mondiale)? Esiste ancora il diritto alla privacy? Che ne è della giustizia sociale dal momento che l’IA associata alla finanza produce disparità sociali inimmaginabili? L’oligarchia digitale non è democratica e comporta il problema gravissimo di una alleanza più o meno occulta tra potere politico, potere digitale e potere economico dove volta a volta capitali immensi dominano e orientano la politica, o viceversa un potere politico spregiudicato può servirsi della tecnologia per controllare politica e società. In ogni caso la ricerca parossistica del potere e del profitto colpiscono a morte l’idea stessa di bene comune. Sta emergendo che il potere digitale, forse meno visibile di altri, incide in maniera occulta e incontrollata su di noi più altri poteri, quale quello del ricorso plateale alla forza. I tecnocrati della Silicon Valley, almeno quelli che cercano potenza, profitti e l’innovazione fine a se stessa, sono più o meno consapevolmente gli scolari di Nietzsche che amano la dismisura. Che senso ha investire cifre astronomiche per andare su Marte (6 mesi di viaggio per arrivarci!), quando sussistono qui sulla Terra immensi bisogni che non possono essere ignorati? Un punto in particolare reclama la nostra attenzione. In Occidente e altrove siamo già dentro una seconda rivoluzione che oltrepassa la prima grande svolta “anglosassone” del 1979 e 1980. La vittoria elettorale di Thatcher e di Reagan, l’idea nefasta della Thatcher secondo cui esistono solo gli individui, portarono verso un capitalismo e un fondamentalismo di mercato e del profitto. Iniziò la globalizzazione che si affermò come completa libertà di movimento per il capitale, e generò acutissime diseguaglianze sociali. Non era - come si volle dire allora – neoliberalismo, ma una torsione violenta del liberalismo classico in senso radicale e centrato sulla libertà senza restrizione del singolo. Quale che sia lo stato attuale della liberaldemocrazia americana (assai grave a mio parere), vi sono molti elementi che persuadono a ritenere che il trumpismo voglia affermarsi a livello planetario come potenza mercantile e tecnologica suprema, capace di piegare ai suoi interessi il resto del mondo. E i suoi interessi non sono conformi ai criteri della Carta atlantica del 1941: divieto di espansioni e conquiste territoriali, autodeterminazione dei popoli, disarmo e un sistema di sicurezza generale. E più in profondità la libertà da: libertà dalla tirannia, dal bisogno, dall’ignoranza, dalla malattia. Né il trumpismo si preoccupa della crisi climatica; anzi esalta il volto predatorio di un capitalismo rivolto a nuove risorse da sfruttare e a nuovi profitti da intascare. Drill, baby, drill è il suo motto. La sola regola è di non avere regole. Il fatto è che la Silicon Valley sembra aver perso il legame con la filosofia e le scienze umane, e questo da almeno 30 anni, ossia da quando i venture capitalists hanno guardato molto più a Wall Street e ai profitti che ad altro. L’imperativo è «Muoviti veloce e distruggi le cose»; dalla distruzione sorgerà qualcosa di potente e di profittevole. Ad esempio il capitalismo della sorveglianza: ottenere il massimo numero di informazioni su ciascuno mentre si tiene d’occhio l’andamento di Wall Street. Sul piano filosofico la rivoluzione della volontà di potenza e dell’IA sta distruggendo l’idea di autorità a favore di quella del potere, che si impone con la forza. Il ’68 è stato dal punto di vista filosofico l’esecuzione capitale dell’autorità e la vittoria del potere e della forza. L’autorità si esercita con il dialogo, la comprensione, la fecondazione spirituale e pedagogica; il potere si esercita nella lotta continua in cui volta a volta emerge il più forte. Un altro tema, tra i più insidiosi e pericolosi dell’IA, è la capacità di sistematica deformazione della realtà. La creazione di immagini virtuali in cui una certa realtà, ad esempio un campo di battaglia con morti e immani distruzioni (Gaza) viene totalmente contraffatto in una riviera abitata da persone felici e ricolme di beni. La sistematica contraffazione della realtà a scopi di inganno e di potere, è uno dei massimi esiti negativi dell’IA, impiegata per manipolare, ingannare, asservire. I problemi e le sfide evocate interpellano frontalmente l’Insegnamento Sociale della Chiesa. Papa Francesco ha elevato una critica acuta e chiaroveggente sul progetto tecnocratico (vedi Laudato Si’, nn. 102-110). Il 28 gennaio di quest’anno è stato pubblicato il documento Antiqua et Nova. Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, a cura del Dicastero per la dottrina della fede e del Dicastero per la cultura e l’educazione che, dopo un’introduzione di approfondimento, esplora nove ambiti specifici tra cui il lavoro, la sanità, l’educazione, l’economia, la disinformazione sistematica, la protezione della casa comune, la guerra. Per fattori contingenti la Nota è passata quasi inosservata, e forse questo elemento potrebbe suggerirne una ripresa allargata in un documento del Magistero sociale della Chiesa.

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