Ci lascia lo scrittore Stefano Benni: vedeva l’infinito nelle piccole cose

Scomparso oggi a Bologna all’età di 78 anni dopo lunga malattia, occupava un posto originale nel panorama della letteratura italiana contemporanea
September 8, 2025
Ci lascia lo scrittore Stefano Benni: vedeva l’infinito nelle piccole cose
Realy Easy Star / Toni Spagone / Alamy Stock Photo | Addio allo scrittore Stefano Benni
Stefano Benni, scomparso oggi a Bologna all’età di 78 anni dopo lunga malattia, occupava un posto assolutamente originale, se non si vuole dire unico, nel panorama della letteratura italiana contemporanea. Quello di uno scrittore che nei suoi libri ha optato per una vena comica, ma senza per questo rinunciare a una qualità letteraria sempre molto alta. Non che le due cose - genere comico e valore letterario - siano di per sé incompatibili. Ma è un dato di fatto che nella tradizione italiana il comico ha sempre rappresentato, tra i vari generi, un filone minore e minoritario. Ecco, sotto questo profilo l’opera di Stefano Benni rappresenta una felicissima eccezione.
D’altra parte l’etichetta di “scrittore comico” sarebbe stretta per lui, le cui specifiche tonalità erano soprattutto quelle dell’umorismo. Comicità e umorismo sono soltanto apparentemente sinonimi. Come ci ha insegnato Pirandello, mentre la semplice comicità provoca una risata immediata e irriflessa, l’umorismo presenta e analizza la realtà in modo più sofisticato, spesso rivelandone e denunciandone la tragicità, illuminando e smontando le convenzioni e le credenze che a volte usiamo per indorare la pillola, per renderci la vita meno amara.
Stefano Benni era nato a Bologna il 12 agosto 1947. Fin dall’opera d’esordio, Bar Sport (1976), si è distinto per l’estro creativo e l’impegno satirico: trasfigurava la realtà, facendola quasi esplodere a colpi di esagerazioni fantasmagoriche e intrecci elaborati e divertenti. Diversi sono i generi in cui si è cimentato: dalla poesia (Prima o poi l’amore arriva, 1981) al romanzo di fantascienza (Terra!, 1983), dalla raccolta di racconti (Il bar sotto il mare, 1987) alla prosa fantastica a sfondo ecologico-politico (Spiriti, 2000).
Nel 2012 lo scrittore ha debuttato alla regia teatrale con Le Beatrici, liberamente tratto da un suo testo e presentato al Festival di Spoleto, mentre l’anno successivo ha diretto e interpretato Il poeta e Mary, racconto per musica e parole sul valore sociale dell’arte. Tra le opere più recenti possiamo ricordare Di tutte le ricchezze (2012), Pantera (2014), Cari mostri (2015), La bottiglia magica (2016). E ancora: Prendiluna e Teatro 3 (2017), che ne raccoglie i testi teatrali; il docufilm autobiografico Le avventure del lupo. Storia quasi vera di Stefano Benni (2018); il poema Dancing Paradiso e la favola su Inge Feltrinelli La bambina che parlava ai libri (entrambi del 2019); il romanzo Giura (2020).
La sua satira ha trovato spazio anche nel giornalismo. Nella sua carriera di scrittore, ha collaborato con vari periodici e quotidiani, tra cui “Cuore”, “il manifesto”, “MicroMega”, “Panorama” e “la Repubblica”. È stato anche autore televisivo, tra i primi a scrivere per un giovane Beppe Grillo.
Secondo la migliore tradizione del genere umoristico, le opere di Benni combinano il riso con la riflessione sulle tare della società e della cultura contemporanee. Dietro il sorriso, trapelano infatti una viva inquietudine esistenziale, un acuto disagio per le ingiustizie del mondo, un amore insopprimibile per la libertà. Ma è interessante riflettere anche su un altro meccanismo chiave della comicità di Benni, il quale si diverte a dotare la voce narrante dei suoi libri di uno speciale talento per la similitudine, la metafora e l’invenzione di immagini iperboliche, che fanno sconfinare le vicende e i loro protagonisti nel territorio dell’inverosimile. Si verifica quello che i critici chiamano “sfondamento del realismo”, cioè il passaggio dalla narrazione di eventi possibili a quella di eventi incomprensibili secondo le leggi razionali con cui solitamente interpretiamo la realtà. Così nei suoi libri - più di 20 volumi di romanzi e racconti, tutti pubblicati da Feltrinelli e tradotti in 30 lingue - Benni ha saputo raccontare il nostro Paese con uno sguardo personale, coniugando profondità e leggerezza, impegno e immaginazione.
Enrico Palandri, che lo conobbe a Bologna nella seconda metà degli anni ‘70 quando frequentava il Dams, ne ricorda il carattere: «Da un lato era un tipo malinconico, perché era consapevole dei guai del mondo e non poteva non vederlo in modo critico, però l’ho sempre incontrato in circostanze molto allegre. Quando nel ‘79 uscì Boccalone, il mio primo romanzo, venne a trovarmi nella mia stanza di studente fuori sede in via Begatto per presentarmi Goffredo Fofi. Nella mia stanza c’era solo un letto, e facemmo una lunga chiacchierata tutti e tre seduti su quel letto. Ricordo la sua disponibilità umana e l’attenzione verso i giovani. Il gradimento che i lettori giovani continuano a tributargli è il segno della genuina freschezza della sua ispirazione. Fin che ci saranno scrittori come lui (ci sono ancora, ma sono sempre meno), si potrà ridere del potere. La cosa terribile è quando non si può più ridere di chi è al comando. Il narcisista Trump che trascina in tribunale chi lo critica è il segno del fallimento di una società democratica».
Da critico e storico della letteratura, Marco Antonio Bazzocchi, ordinario di Letteratura italiana contemporanea presso l’Alma Mater, l’ateneo della città di Benni, sottolinea un aspetto peculiare del suo stile: «Benni rappresenta l’ultimo scrittore che coglie l’atmosfera di un mondo e di una città attraverso elementi minimi che diventano enormi grazie alla sua scrittura. Il suo è una sorta di surrealismo che però non si esaurisce nel sogno, ma vede il sogno dentro la realtà. È un surrealismo che a volte diventa visione cosmica sulla cui base Benni si prende gioco del mondo».
Nel post su Facebook con cui ha comunicato la notizia della sua morte, il figlio dello scrittore suggerisce un modo per celebrarlo: «Una cosa che mi aveva detto più volte è che gli sarebbe piaciuto che la gente lo ricordasse leggendo ad alta voce i suoi racconti. Quindi, se volete ricordarlo, vi invito in questi giorni a leggere le sue opere che vi stanno più a cuore a chi vi è vicino. Sono sicuro che, da lassù, vedere un esercito di lettori condividere il loro amore per ciò che ha creato gli strapperebbe una grande risata».

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