Quanto ci conviene prevenire i conflitti

May 10, 2025
Nel 2024 le spese militari sostenute a livello globale hanno toccato i 2.718 miliardi di dollari, quasi il 10% dell’anno precedente secondo i calcoli diffusi nei giorni scorsi dallo Stockholm International peace research institute, il Sipri. Basta questa cifra, pari a oltre l’intero Prodotto interno lordo dell’Italia di un anno intero, a spiegare ampiamente gli interessi economici che si nascondono dietro alle armi e alle guerre, e che le guerre finiscono per alimentarle. Più difficile calcolare gli interessi, cioè i benefici, portati dalla pace. Che tuttavia sappiamo bene essere decisamente superiori. Un gruppo di ricercatori coordinati dal Fondo monetario internazionale ci è andato vicino, e – procedendo all’inverso – è riuscito a stimare almeno i risparmi a cui può condurre un’efficace politica di prevenzione
dei conflitti. Con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, gli economisti hanno calcolato che ogni dollaro investito nella prevenzione dei conflitti può far risparmiare tra i 26 e i 103 dollari in possibili costi legati alle conseguenze di quegli stessi conflitti, tra mancata crescita economica e interventi umanitari da finanziare. La forchetta è ampia perché dipende dalle aree in cui si svolge l’attività di prevenzione: se si tratta di Paesi martoriati, i benefici saranno maggiori, arrivando a superare i 100 per ogni dollaro investito. Tuttavia, c’è un aspetto chiave: «Poiché i benefici della prevenzione sono maggiori laddove la violenza non è ancora completamente scoppiata - mettono in luce gli economisti - lo sviluppo di sistemi di allerta precoce sarà fondamentale per i responsabili politici». Una specie di invito, questo, a non sottovalutare la situazione degli Stati fragili, dove le tensioni e i rischi sociali possono essere in aumento ma attualmente meno visibili, nascoste dalle difficoltà “ordinarie”. I conflitti possono essere prevenuti in tanti modi su tanti piani, alcuni di impatto più immediato e altri meno.
Dallo studio arrivano anche alcune indicazioni puntuali relativamente agli ingranaggi su cui può essere utile intervenire: partendo dal presupposto che le guerre spesso deflagrano per le condizioni di povertà o emarginazione a cui sono costretti alcuni pezzi di pianeta, uno dei piani su cui è più facile prevenirle è quello economico, promuovendo la stabilità e la crescita, rafforzando le istituzioni e sostenendo lo sviluppo delle comunità locali. La ricerca svela poi che gli sforzi di prevenzione più efficaci in termini di costi/benefici sono di tre tipi. Il primo guarda al problema dei problemi, cioè la sostenibilità dei bilanci pubblici: il rischio di conflitto si riduce quando i governi raccolgono più di quanto spendono e utilizzano denaro extra per fornire servizi migliori e sviluppo economico. Al secondo posto, il lavoro: quando la disoccupazione è alta, la probabilità e l'intensità della violenza aumentano semplicemente per il fatto che quando le persone hanno un lavoro, è meno probabile che imbraccino un fucile. Infine, a fare la differenza può essere la rete di sostegno
economico messo in atto dalle organizzazioni internazionali:
il supporto finanziario del Fondo monetario ai paesi bisognosi, ad esempio, è associato a una riduzione della probabilità di violenza compresa tra l’1,5 e il 4%. In pratica: il sostegno macroeconomico può integrare gli sforzi di costruzione della pace. Niente di sorprendente, forse. Ma un alibi in meno per rinunciare alla prevenzione e un motivo in più per non pensare solo alla guerra. © riproduzione riservata

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