Zemmour e i francesi sperduti fra patria, cultura e reazione
venerdì 24 febbraio 2017
Esce dall'editore Damiani Il suicidio francese, un imponente volume di scritti pubblicati da Éric Zemmour dal 1970 al 2007, uscito in Francia nel 2014. L'autore, opinionista di "Le Figaro", ebreo francese di origini algerine, nel risvolto di copertina viene definito «patriota» (probabilmente un'autodefinizione), il cui motto è: «La reazione è oggi sovversiva». La Francia ultimamente sta un po' perdendo la testa. I suoi intellettuali (tradizionalmente di sinistra) hanno riscoperto di essere più francesi che universalisti e cosmopoliti. Inoltre, il crollo culturale del loro assoluto prestigio e della loro enfatica autorità internazionale li ha terribilmente innervositi. Abituati a procedere a zig-zag, andando ogni volta "fino in fondo" per deduzioni razionalistiche non di rado caricaturali, oggi sembrano ossessionati dalla perdita di centralità del loro Paese. Non hanno più star letterarie e filosofiche da mettere in scena e da fotografare in posa e ce l'hanno molto con la lingua inglese e col trionfo dell'anglofilia intellettuale che ha invaso il mondo. Non hanno tutti i torti. Ma l'isteria con cui sostengono le ragioni dell'autodifesa nazionale è dovuta al decadere repentino e tardivo delle loro troppo longeve illusioni egemoniche. Si accorgono a Duemila avanzato che il Novecento è stato il secolo degli Stati Uniti, cosa che tedeschi, italiani, slavi e spagnoli avevano capito da più di mezzo secolo. Di questo nervosismo francese Zemmour è una perfetta incarnazione. La raccolta dei suoi brillanti articoli offre un quadro documentato di come e perché la cultura francese si sia, secondo l'autore, suicidata. Il libro è così gremito di frasi secche e affermazioni provocanti che si fa presto a capire stile e carattere dell'autore. Il suo motto ne dà un esempio contundente e preoccupante: se «la reazione è sovversiva» c'è poco da stare tranquilli. Il sovversivismo reazionario ha partorito nel secolo scorso regimi politici e culture ideologiche atroci. Non è una novità da cui ci si possa aspettare qualcosa di positivo. Cito a caso, a cominciare dalla frase che apre il libro: «La Francia è il malato d'Europa» (protagonisti anche nella malattia?). «L'egualitarismo aveva sparso il suo veleno e il culturalismo assoluto aveva contribuito. Dal momento che le donne non erano riuscite a diventare uomini, bisognava che gli uomini diventassero donne». «La destra ha abbandonato lo Stato in nome del liberismo; la sinistra lo ha abbandonato in nome dell'universalismo»… e via di seguito. Beh, buona lettura. In ogni pagina c'è di che innervosirsi.
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