Visitando un cimitero digitale e apprezzandone la discrezione
venerdì 1 novembre 2019
Un'amica non solo digitale, giovane storica della Chiesa, mi segnala che il profilo Facebook di padre Eugenio Melandri, morto il 27 ottobre (vedi Marco Roncalli qui su "Avvenire" bit.ly/2JC35E8 ), è rimasto attivo. In effetti c'è un post molto sobrio, uscito il giorno del funerale e forte finora di 1.102 reazioni, 206 commenti e 198 condivisioni. Dove una mano anonima (immagino sia di un confratello saveriano) ha inserito «un estratto del suo testamento, letto oggi in chiesa», precisando che scrive con la sua autorizzazione e che pubblicherà a seguire «alcune cose che Eugenio voleva condividere» e, forse, alcune altre informazioni, per concludere: «Dopo di questi non credo che scriverò ancora. So bene che i miei post non sono all'altezza di Eugenio. Abbiate pazienza». Apprezzo questo modo di gestire un profilo Facebook dopo la morte del suo titolare, secondo la volontà dello scomparso e promettendo di non andare oltre poche altre cose. Lo apprezzo forte anche di quanto di inquietante ho appreso su «l'elaborazione del lutto nell'era della sopravvivenza digitale» da un volume dello psicologo Antonio Loperfido, che uscirà prossimamente presso Edb e del quale ho potuto vedere le bozze. Sempre più spesso i profili Facebook rimangono aperti dopo la morte del loro titolare, o per la (comprensibile) resistenza dei familiari a chiuderlo, o per l'impossibilità a farlo ignorando la password di accesso. Così, spontaneamente, essi si trasformano in piccoli "cimiteri digitali". Nelle impostazioni del social network è prevista da qualche tempo anche l'opzione «decidi cosa dovrà succedere del tuo account dopo la tua scomparsa», ma le soluzioni che il business funerario-informatico sta attrezzando per sfruttare questa tendenza vanno ben oltre: dalle lapidi e urne digitali per monitorare il cordoglio dei visitatori, fino ai "chatbot" prodotti elaborando i dati di un defunto appresi online, e con i quali continuare a dialogare. Tutte forme, sostiene Loperfido, che non aiutano affatto a elaborare lutto ma, al contrario, a perpetuarlo.
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