giovedì 3 febbraio 2005
Non ho mai pensato di cambiare il mondo. Ho solo cercato di essere una goccia di acqua pulita. Se anche tu diventerai una goccia d'acqua pulita, saremo già in due. E se lo sarà anche tua moglie o tuo marito, saremo in tre e poi in quattro, dieci, cento" Rispose così madre Teresa di Calcutta, durante la conferenza stampa a Oslo per la consegna del Nobel della pace nel 1979, a un giornalista che banalmente le chiedeva se fosse sua intenzione cambiare il mondo. Spesso, infatti, c'è un comodo alibi che accampiamo di fronte al male del mondo: anche se io dovessi rinunciare a un po' del mio cibo, non potrei mai liberare il mondo dalla fame; anche se dovessi cancellare una piccola ingiustizia, non per questo la società diverrebbe diversa e più giusta e così via. Con questo ragionamento, delegando le soluzioni degli scandali immani che avvolgono il nostro pianeta agli Stati, alle politiche, ai grandi organismi internazionali, ci ritroviamo sempre al punto di partenza, con un mondo ingiusto, egoista, malato, inquinato. Ecco allora quella semplice eppur efficace via della «goccia d'acqua pulita». È dal piccolo che ci si deve muovere, proprio come ha fatto Cristo che ha scelto il seme minimo della senapa e il piccolo gregge. C'è, infatti, una forza segreta nella goccia che si unisce ad altre trasformandosi in un fiume limpido e poi in un lago, in attesa " come cantava il profeta Ezechiele " di fecondare anche il mar Morto della storia (c. 47). Dobbiamo, allora, ritrovare la fiducia nelle piccole scelte di bene, senza scoraggiamenti e senza retorica. Anche gli antichi latini erano convinti che gutta cavat lapidem, cioè che la goccia riesce a perforare anche la pietra.
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