mercoledì 31 gennaio 2024
Pioggia a Venezia, fine anni ΄60. Su un vaporetto da San Marco a Santa Lucia una bambina con un impermeabile e un foulard sui capelli. Fradicio il foulard, i capelli, e lei, sui nove anni: ma la bambina non se ne accorge, ha gli occhi assorti sul Canal Grande non riesce a staccarsi da quella incredibile città sull’acqua. Il padre, accanto: «Guardami, sorridi», e scatta ancora, ma la bambina è già tornata a fissare Venezia, nella pioggia di aprile. Quasi non credeva a quel che vedeva: possibile che davvero le case stessero fondate sull’acqua? E quei campielli silenziosi, e piazza San Marco come un’immensa sala da ballo, e il riflesso verde della Laguna, e il profumo di salmastro? Per la prima volta suo padre l’aveva portata a Venezia, e ora, tornando, le chiedeva se le era piaciuta; ma lei, sognante, nemmeno rispondeva. E ora che rivedo in una foto in bianco e nero i miei occhi abbagliati da Venezia penso che nulla può cancellare quel giorno di cristallo con mio padre. Perché più forte di ogni cosa è la bellezza, che avvince e innamora alla vita. Una montagna, una città, o anche i fiori che sbocciano in un orto. Mia madre e mio padre mi hanno fatto vedere la bellezza. Il resto, le asprezze, le delusioni, perfino la morte, conta meno dell’eredità trasmessa semplicemente dicendo a tuo figlio: bambino, alza gli occhi, guarda. © riproduzione riservata
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