martedì 20 gennaio 2004
Per sapere se un pensiero è nuovo, non c'è che un mezzo: esprimerlo con la massima semplicità. "Chiarità è carità", ripeteva un mio maestro di esegesi biblica, Luis Alonso Schökel (1920-1998) ed egli lo testimoniava coi suoi scritti sempre intensi, acuti, creativi ma anche nitidi e godibili. Mi viene in mente questa figura perché sto leggendo una raccolta di saggi in sua memoria a cui pure io ho collaborato e mi ricordo che fu lui a farmi conoscere - a causa di una sua citazione - uno scrittore francese, Luc de Clapiers marchese di Vauvernargues (1715-1747), autore di varie raccolte di riflessioni e massime, dal quale attingo oggi questo invito che estendo a tutti, anche a quelli che non scrivono. Sì, perché pensare è il compito di ogni persona e comunicare agli altri i propri pensieri è spontaneo e spesso necessario per non isolarsi in una solitudine senza comunicazione. Ma per vagliare la sostanza, la verità, la novità del proprio pensiero, è indispensabile la liberazione dalle scorie del vaniloquio, delle complicazioni inutili, della pomposa supponenza o della confusione. È solo con la limpidità, con la semplicità, che non sia però banalità, che l'idea si fa comprensibile e rivela la sua forza. Il terrorismo ideologico di chi vuole mostrare sontuosamente la sua superiorità e l'abisso di ignoranza dell'altro non è autentica intelligenza e sapienza (caso mai è erudizione). Quando Gesù terminò il Discorso della Montagna, un testo di straordinaria novità, chiarezza e incisività, le folle rimasero affascinate: «Egli insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi» (Matteo 7, 29). Un'autorità che nasce dalla semplicità, non dall'arroganza intellettuale.
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