mercoledì 5 dicembre 2007
I libri hanno valore solo se guidano alla vita, se sanno servirla e giovarle. È sprecata ogni ora di lettura se da essa non scaturisce per il lettore una scintilla di energia, un senso di rinnovamento, un alito di nuova freschezza.
Ogni tanto bisogna parlare di libri e di lettura, soprattutto in un panorama così sconfortante com'è quello italiano ove alla bulimia dei libri che vengono pubblicati corrisponde un'anoressia parallela dei lettori. Ha, però, ragione " almeno in parte " anche il famoso e molto letto (persino dai giovani) Hermann Hesse (1877-1962) nella considerazione che sopra ho riportato. Troppi sono, infatti, gli scritti inutili: ho già avuto occasione di ricordare il monito del filosofo inglese Francesco Bacone secondo il quale «alcuni libri vanno assaggiati, altri inghiottiti, pochi masticati e digeriti». Un altro inglese, il critico d'arte John Ruskin, affermava che «i libri si possono dividere in due gruppi: quelli dell'ora e quelli di sempre».
Sono anch'io convinto che molte pagine non valgono i boschi che hanno dato loro la carta sacrificando il verde e l'aria più pulita. Tuttavia senza i grandi libri, a partire dal Libro per eccellenza, la Bibbia, l'umanità non sarebbe diventata tale. Certo, i libri possono essere anche pericolosi e creare guerre e odi; tuttavia ci permettono almeno di capire nel bene e nel male chi siamo, ci rendono coscienti dei segreti delle nostre anime, ci svelano orizzonti che da soli non sapremmo raggiungere e possono darci «una scintilla di energia e un alito di nuova freschezza». Scriveva il francese Daniel Pennac: «Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere» (Come un romanzo, 1992).
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