giovedì 3 gennaio 2013
Milano, 1981. Un uomo si è barricato in un ufficio in centro e tiene in ostaggio gli impiegati. Minaccia una strage. Sotto al palazzo si va radunando la folla. Nella giornata grigia il lampeggiare intermittente delle volanti colora Milano di un blu surreale. Sirene, in lontananza. In un angolo, un crocchio di cronisti, il taccuino in mano. Non oso avvicinarli: oggi è la prima volta che dalla redazione mi mandano su un fatto di cronaca nera.La folla continua ad aumentare. Poi dall'alto, secco, uno sparo. Il folle ha ucciso un ostaggio. Lo fermeranno? La gente, sotto, attende, cupa, e sale la tensione.Finalmente la polizia blocca l'uomo. Eccolo, ammanettato, che esce dal portone. In quel momento un'onda percorre la folla. Scoppia, improvvisa, una rabbia furiosa; chi grida «ammazzatelo!», chi agita i pugni e spinge, e nella calca ti trascina. Solo grazie agli agenti lo sconosciuto scampa al linciaggio.Guardo sbalordita l'assembramento di milanesi in loden, con il Corriere sottobraccio, o in tuta da lavoro. Brava gente. Cosa in un attimo li ha contagiati e travolti? Che cosa alberga in noi, silenzioso, e, eccitato dalla violenza e dall'essere in tanti, viene alla superficie? Come un'antica violenza, un male profondo, radicale. Ma di questo male oscuro nessun giornale parlerà, domani.
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