martedì 24 febbraio 2004
L'umiltà è quella virtù che, quando la si ha, si crede di non averla. Non potendo fare di noi degli umili, Dio fa di noi degli umiliati. Ho messo insieme due frasi taglienti che mi ero annotato da tempo. Comincio dalla seconda che è di uno scrittore francese a me molto caro, Julien Green (1900-1998), e che cito dal suo sterminato Diario. Tante volte Dio, vedendo che non c'è alcuna speranza che noi liberamente abbassiamo la cresta della nostra superbia, si preoccupa di metterci in una situazione in cui veniamo umiliati. Per parte mia devo riconoscere che l'aver incontrato nella vita un numero considerevole di persone straordinarie per intelligenza, fede, generosità, creatività è stata la via per rendermi estremamente sospettoso di qualche mia qualità. Questa, però, non è ancora umiltà: ci sono, infatti, persone umiliate che si ergono in cuor loro contro il mondo intero continuando a sfidarlo. E, allora, quando si può dire di essere umili? Forse vale la regola che è contenuta nella prima citazione desunta dalle Lettere da Capri (1953) del nostro scrittore Mario Soldati. Quando si crede sinceramente di non avere umiltà, quando ci si sente troppo incombenti e si cerca di combattere l'esposizione convinti di occupare già uno spazio eccessivo, è in quel momento che l'umiltà si è estesa e ha penetrato il nostro cuore. Riconoscere con purezza di coscienza e non con ipocrisia il proprio orgoglio è il primo segno che stiamo diventando umili, non certo quando si è sottilmente convinti di esserlo. Ma per finire, vorrei lasciare la parola a s. Pietro e a un suo monito severo da meditare: «Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili» (I, 5, 5).
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