“Ulisse”, divulgare da servizio pubblico
martedì 11 aprile 2017
Semplicità e chiarezza nell'esposizione, immagini e ricostruzioni didascaliche comprensibili a tutti, buon ritmo. Alberto Angela è tornato con il suo Ulisse, il piacere della scoperta, il sabato in prima serata su Rai 3, per un ciclo di cinque puntate a cui seguiranno alcune repliche che continueranno in ogni caso a fare buoni ascolti. Del resto Angela arriva dai quattordici milioni di telespettatori che su Rai 1 hanno visto Stanotte a San Pietro. Non succedeva da anni che un programma di divulgazione culturale ottenesse un successo del genere. I numeri attuali di Rai 3 sono ovviamente un po' diversi (un milione e settecentomila telespettatori per la prima puntata), ma ugualmente significativi, considerata anche la forte concorrenza del sabato sera. Debutto, l'8 aprile, con le imprese di Spartaco, il gladiatore del primo secolo avanti Cristo, reso mitico dal cinema e dalla tv più che dai libri di storia. Di lui si sa infatti ben poco, mentre è arrivato nitido il suo messaggio e il suo ideale di libertà. Memorabile il kolossal diretto da Stanley Kubrick nel 1960, Spartacus, tratto dall'omonimo romanzo di Howard Fast, con Kirk Douglas nella parte dello schiavo che sfidò la repubblica romana. Molto più recente la serie televisiva statunitense trasmessa in Italia da Sky. Niente comunque a che vedere con la scelta di Angela che alla spettacolarizzazione preferisce, anche per la natura stessa del programma, la sostanza storica, almeno per quel poco che sappiamo, partendo dall'arena dove Spartaco ha combattuto: l'anfiteatro di Santa Maria Capua a Vetere, in provincia di Caserta, di dimensioni e importanza quasi pari al Colosseo. In una delle prossime puntate Ulisse ci porterà anche nell'abbazia di Subiaco per vedere come si viveva e si vive nei monasteri dove si trovano le grandi biblioteche. Tornando invece al dibattito dei giorni scorsi su cosa sia servizio pubblico, possiamo dire che i prodotti di Alberto Angela lo sono senza dubbio, ancor più di quelli dei tempi del padre Piero, che dipendeva molto da documentari acquistati all'estero e spesso dalle letture ideologiche non sempre condivisibili che si portavano dietro. Alberto viaggia molto più in proprio, non solo con una qualità tecnica superiore dovuta appunto ai tempi cambiati, ma anche con una interpretazione dei fatti più in linea con la nostra tradizione culturale.
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