venerdì 8 luglio 2011
Vecchie suore nere / con che fede in quelle sere / avete dato a noi / il senso del peccato e dell'espiazione!

Sono certo che non se la prenderanno le suore per questi strani versi che dedico non solo a loro. Non si offenderanno perché il contenuto è ben più luminoso di quel colore che viene loro assegnato, il nero. Non si sentiranno colpite perché mi conoscono e mi leggono e tante volte ho parlato, predicato, insegnato a loro. Non si infastidiranno perché dietro a quei versi c'è un ricordo di molti di noi, quello della suora della scuola materna e del catechismo: anch'io ne ho avuto una, indimenticata, che mi ha seguito fino al mio sacerdozio e oltre. Ma diciamo subito di chi è quel testo: sono alcune battute di una canzone di Francesco Guccini, nato a Modena nel 1940 e cantore della sua terra ove religione e ateismo s'incrociavano, si scontravano ma si rispettavano.
Veniamo, però, al contenuto che ritengo significativo. Meno male che ci sono state quelle «vecchie suore nere» che ci hanno insegnato il senso del peccato e il dovere dell'espiazione, cioè della correzione e del riscatto. Si vede bene ai nostri giorni quanto triste sia una società senza canoni morali, a partire da chi regge la cosa pubblica, giù giù fino alla gente semplice e alle scelte quotidiane. Come si avrebbe ancora bisogno di quel rimorso che ci istillavano le «suore nere», unendolo però al perdono della colpa nella confessione. Certo, si poteva allora esagerare in questa purificazione, ma lasciare tutto all'istinto, all'amoralità e all'indifferenza è ben peggio. Grazie, dunque, alle suore della nostra infanzia, più spesso vestite di bianco che di nero, ma sempre immerse nella luce della fede («con che fede avete dato a noi…»).
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