sabato 7 maggio 2005
Con quel nome sulla chiglia/ i liguri padri salpavano/ verso mari dai flutti giganti./ Anch'io lo scrivo a prua/ della fragile barca che è/ la mia vita e ti chiamo/ ti chiamo Santa Maria./ Fioriscono/ sempre il coraggio e la meraviglia.
È il primo sabato di maggio, il giorno e il mese tradizionalmente legati dalla devozione popolare alla figura di Maria. Sono andato a sfogliare una raccolta di poesie intitolata Parole dipinte (Libreria Leoniana 1989), opera di un sacerdote e poeta poco considerato, Giovanni A. Abbo (1911-1994). Egli ci porta idealmente sul litorale ligure, là dove salpavano imbarcazioni spesso col nome di santi e della Vergine. Non per nulla una delle tre caravelle di Cristoforo Colombo portava il titolo di "Santa Maria". La parabola è trasparente. Sulla chiglia della barca della sua vita il poeta ha dipinto proprio quello stesso nome, affidando alla Madre di Gesù la navigazione «verso mari dai flutti giganti». È significativo che uno degli inni mariani più cari alla tradizione popolare cominci proprio così: Ave maris stella. Nell'iconografia cristiana orientale Maria è spesso celebrata come l'Odighitria, cioè colei che indica la via. Talvolta ci troviamo fuori rotta nella nostra storia personale, sotto un cielo buio e senza stelle, con lo scoraggiamento nell'anima. Forse riaffiora in quel momento il ricordo dell'infanzia quando ci si affidava alla Madre del Signore perché ci guidasse verso suo Figlio, «via, verità e vita». Abbo, infatti, ci ammonisce che - quando sulla barca si ha quel nome - «fioriscono sempre il coraggio e la meraviglia». Si ritorna, cioè, a sperare e ad avere fiducia. E si prosegue nella navigazione della vita verso un porto sicuro.
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