mercoledì 17 agosto 2011
Sotto un larice, all'asciutto, cerchi anche tu un luogo dove accucciarti per meditare sulle stagioni della tua vita e sull'esistenza che corre via con i ricordi che diventano preghiera di ringraziamento per la vita che hai avuto e per i doni che la natura ti elargisce.

Il ferragosto è come una morsa non solo di caldo, ma anche di quiete che ferma il flusso delle azioni solite. O almeno dovrebbe essere un tempo di pace, di riposo, di sosta. Non per tutti è, però, così e le vacanze "forzate" coi loro ritmi impediscono esperienze come quelle che Mario Rigoni Stern (1921-2008) descrive nelle sue Stagioni di Giacomo, una sua opera del 1995, a cui ho attinto questo delizioso paragrafo. Sono righe quasi "visive", capaci cioè di rappresentare il quadretto di una persona accucciata ai piedi di un larice, mentre attorno si stende il manto di un «silenzio verde», per usare un'espressione di Carducci, quello di un bosco. È forse l'altipiano di Asiago ove Rigoni Stern ha condotto la sua vita e dove ora vive un comune mio caro amico, il famoso regista Ermanno Olmi.
Sono autori che con la loro arte ci hanno insegnato a «meditare sulle stagioni della vita», sullo scorrere dell'esistenza, sulla marea dei ricordi che affollano la mente quando si è da soli. Tutto, questo, però essi ci insegnano a farlo diventare «preghiera di ringraziamento» nel tempio cosmico del creato che reca le impronte del Creatore, aperte agli occhi puri, capaci di cogliere i segni della natura. Vorrei lasciare il commento conclusivo alle parole di Rigoni Stern a un grande poeta e artista inglese, William Blake (1757-1827), più di una volta da noi evocato: «Colui che vede l'infinito in ogni singola cosa, vede Dio. Colui che non vede che la loro presenza esteriore per la ragione, non vede che sé stesso».
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