mercoledì 17 luglio 2013
Fra le tracce, come non pensare alle fotografie? Come si faceva prima che si imparasse a fotografare il mondo? Come si faceva quando solo la pittura immortalava l'immagine? Le foto più belle, quelle che sono rimaste nella storia, vanno oltre il realismo dell'immagine. Guardate le foto straordinarie prese a Roma alla fine dell'Ottocento dal conte Primoli e guardate gli acquerelli che Roesler Franz ha dipinto spesso non direttamente dalla realtà ma dalle foto che ne aveva prima scattate. Ma la foto è anche documentazione, prova: i nazisti prendevano le foto dei loro misfatti e le mandavano, in begli album rilegati, in dono ad Hitler per il suo compleanno. Jürgen Stroop, il comandante nazista che guidò la distruzione del ghetto di Varsavia, fece documentare dai fotografi dell'esercito ogni momento della battaglia: la famosa fotografia del bambino con le braccia alzate viene dal suo rapporto al Führer. Abbiamo foto delle fosse piene di cadaveri in Polonia e in Russia, e di donne e bambini nudi che aspettano di essere fucilati e buttati sugli altri corpi. Tutto ossessivamente documentato dai carnefici, come se non avessero vergogna a scattare quelle foto. Ma non abbiamo foto della razzia del 16 ottobre a Roma. Mille deportati, nemmeno una fotografia.
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