martedì 8 maggio 2007
La nostra vita si consuma nella cura di troppi particolari" È necessario semplificare, semplificare. L'uomo comprende tutto, salvo ciò che è perfettamente semplice. Non ricordo più chi, ma tempo fa una persona mi ha detto che per lui uno dei libri più decisivi per la sua formazione era stato Walden o la vita nei boschi che l'americano Henry David Thoreau pubblicò nel 1854. Ho provato anch'io a leggere questo scritto che sta a metà tra un saggio e il diario di un'esperienza vissuta dall'autore per due anni sulle rive del lago Walden nel Massachusetts, alla ricerca di un rinnovamento spirituale nella semplicità assoluta di una capanna immersa nella natura. E una delle lezioni è proprio nella prima frase che da quel libro oggi ho estratto. È vero: la nostra vita, soprattutto quella contemporanea, ha un eccesso di esigenze, di pretese, di particolari che sembrano strangolare il respiro libero dell'anima, della meditazione serena, della pace interiore. Una semplificazione, allora, s'impone. Anche noi qualche volta, entrando in uno degli odierni supermarket sterminati, dovremmo saper ripetere la reazione di Socrate nel mercato ateniese: «Sono venuto per vedere tutte le cose di cui non ho bisogno e che non mi sono necessarie». E a questo punto, ecco la seconda battuta che oggi ho accostato a quella di Thoreau. L'ha scritta l'austriaco Hugo von Hofmannsthal nel suo Libro degli amici (1922): la semplicità autentica - che non è la banalità o l'ovvietà - è spesso disprezzata. Si cerca di essere sofisticati nell'atteggiarsi e nell'esprimersi, credendo in tal modo di mostrare chissà quale superiorità. E invece è proprio nella limpidità del pensiero e dell'azione, del tratto e dello stile che si nasconde la profondità, la verità, la serietà.
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