giovedì 23 giugno 2016
Mi ritorna in mente con insistenza, da mesi, un piccolo paese di una valle del nord del Piemonte, dove forse quindici anni fa andai per Avvenire perché era allora un esempio di Italia invecchiata, con tanti anziani e pochi figli.Mi ricordo che uscii dall'autostrada, percorsi una strada statale, poi vie sempre più strette e erte, che si arrampicavano a tornanti fra i boschi di castagni. Continuai a lungo, senza incrociare un'auto, con la sensazione di stare andando fuori dal mondo. A un certo punto costeggiai un piccolo lago, non so se artificiale o naturale, di cui mi sbalordì l'acqua: era straordinariamente pura, trasparente, tanto che la si sarebbe detta un pezzo di cielo caduto in terra. Era così incredibile il colore di quell'acqua che fui costretta a accostare e a fermarmi, e a scendere: e a toccarla, a carezzarla con una mano. Era gelida: mi parve di sfiorare un cristallo.Il paese, in cima alla salita, era poche case di pietra, per lo più con le imposte chiuse. Gli abitanti erano emigrati lontano, e tornavano solo per l'estate. Bussai alla canonica e mi aprì un sacerdote molto anziano. Dentro, una stufa accesa borbottava, nella stagione ancora fredda. Mi colpì la mitezza di quel prete, che ricordava ad uno ad uno quelli che aveva battezzato, e che erano partiti. Mi colpì anche la libertà con cui parlò della morte: «Se è per questa notte – mi disse, con pacata dolcezza – io non ho paura».Poi, un sacrestano mi fece visitare la chiesa e la sacrestia, che scoprii colma di tesori: antichi messali, ostensori d'oro, paramenti ricamati, uno scrigno di meraviglie nascoste tra quelle modeste mura. Pensai: questa gente un tempo così povera voleva, per la sua chiesa, le cose più belle e preziose. Uscendo, osservai meglio le mura di pietra nuda delle case, e mi chiesi quanto freddo doveva fare d'inverno lassù, e che fame, in quella terra dura. Capivo bene perché la gente da quella povertà fosse fuggita – chi in Francia, chi in Germania, chi in America. E tuttavia, quindici anni dopo quel piccolo paese mi torna in mente, insistente come un sogno. L'acqua del lago pura come un diamante, il sacerdote che mi guardava e diceva, sorridendo mitemente: «Se è per questa notte, io non ho paura», e il tesoro antico nella sacrestia.C'era tutto, mi dico, in quel paesino da niente: c'era un'acqua di sorgente intatta, c'era la fede di roccia di un uomo, c'era un tesoro di devozione antica. E mi ripeto che devo tornarci, in quel paese così piccolo di cui non ricordo il nome, che devo ritrovarlo. Senza aver paura del silenzio e delle imposte chiuse: non importa, quelle venti case solitarie custodivano ancora, tra le loro pietre, l'essenziale. Vorrei essere capace un giorno io di dire, come quel vecchio sacerdote: «Se è per questa notte, io non ho paura» – e dirlo mitemente, con la stessa arresa tenerezza.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI